Attentati terroristici: perché viene colpita la Germania

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Perché gli attentati terroristici stanno colpendo la Germania? L’attacco al mercatino di Natale di Berlino del 19 dicembre e i quattro episodi di luglio rendono inevitabile l’interrogativo. Eppure dare una spiegazione razionale non è semplice: non tutti gli attacchi sono stati opera dell’Isis, il quale ne esce rafforzato anche quando estraneo: i terroristi islamici rischiano di essere emulati anche da vittime di bullismo che con Allah niente hanno a che vedere. Uccidendo nemici occidentali senza che i capoccia dello Stato Islamico abbiano mosso un dito né si siano preoccupati dell’addestramento e del lavaggio del cervello. Facendo comunque il loro gioco di seminare terrore.
Germania sotto attacco, dunque. Martedì 19 luglio: un 17enne afghano ferisce cinque persone a colpi d’ascia e coltello su un treno diretto in Baviera, a Würzburg. Mentre colpiva urlava “Allah Akbar”, il grido di guerra dei fanatici islamici. L’Isis rivendica (e festeggia): “L’autore dell’accoltellamento in Germania era uno dei combattenti dello Stato islamico”. Venerdì 22 luglio. Presi d’assalto un centro commerciale e un Mc Donald’s a Monaco di Baviera. Nove i morti. Il primo pensiero corre, come sempre ormai, allo Stato Islamico, che stavolta non c’entra niente (ma festeggia lo stesso). L’attentatore, un tedesco-iraniano di soli 18 anni, soffriva di depressione, turbe psichiche e probabilmente era in cerca di vendetta in quanto vittima di bullismo. Domenica 24 luglio. In serata un kamikaze si fa saltare in aria in un locale nel centro di Ansbach, vicino Norimberga. All’interno un concerto musicale. La mente corre subito al Bataclan e all’Isis. Per fortuna il bilancio è di soli 12 feriti. Si scopre che l’attentatore era un profugo siriano a cui era stato negato l’asilo. Più che un combattente dell’Isis, probabilmente era un poveraccio che scappava dall’Isis, si è pensato subito: e invece la matrice islamica è molto probabile visto che aveva giurato fedeltà al Califfato. Sempre domenica 24 luglio, a Reutlingen, nel sud della Germania, un altro rifugiato richiedente asilo, con precedenti per violenza, uccide una donna armato di machete. Dopo mesi di relativa calma, in cui le forze di sicurezza non abbassano mai la guardia, il terrore torna nel periodo di Natale. Il 19 dicembre un camion si schianta sulla folla vicino a un mercatino di Natale a Berlino, uccidendo 12 persone. Tir killer come a Nizza, in Francia. L’attentato di Berlino arriva a pochi giorni dalla notizia del ragazzino di 12 anni pronto a farsi esplodere tra le bancarelle di Natale di Ludwigshafen, cittadina sul Reno nella Germania sud-occidentale. Proveniente da una famiglia di origine irachena, era pronto a immolarsi alla causa dell’Islam con uno zaino-bomba in spalla, dopo essere stato “fortemente radicalizzato” e istigato da un “membro dell’Isis”.

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Vendetta per i raid in Siria
Tutti questi attentati gettano nel panico i tedeschi e fanno cresce l’allarme sicurezza. La Germania, come dimostra l’attentato sul treno a colpi di machete, non è immune dal rischio terrorismo islamico. Ma questo non è una novità. Innanzitutto perché è un Paese occidentale, e come la maggior parte di essi è nella lista nera dei combattenti islamici. I tedeschi sono infatti scesi più volte in campo nella coalizione internazionale nelle guerre in Medio Oriente (come in Afghanistan). L’ultima “colpa” è la partecipazione ai raid aerei in Siria, contro lo Stato Islamico. Accanto alla Francia, l’altro Paese colpito dal terrorismo. La prima vendetta fu messa in atto a gennaio in Turchia, a Sultanahmet, dove un kamikaze fece strage di dodici turisti tedeschi. Insomma, se la Germania bombarda l’Isis in Siria, lo Stato Islamico risponde inviando combattenti che, prima o poi, possono colpire.

Germania terra di transito di terroristi
La Germania è terra di transito per i terroristi, spesso spacciati per rifugiati Molti dei quali poi entrano in contatto con le reti di altri Paesi come Francia e Belgio. Non dimentichiamo cosa ha detto, a marzo, il capo della Polizia tedesca Holger Muench: “Abbiamo constatato che l’islamismo è presente anche qui. Oggi più che mai dobbiamo essere molto attenti. Dobbiamo riconoscere che il pericolo attentati è molto concreto. L’Europa e per questo anche la Germania sono tra gli obiettivi del terrorismo islamico. In Germania crediamo che il rischio sia particolarmente alto”. Holger ha poi confessato che in Germania sono stati sventati undici attacchi negli ultimi quindici anni: “Siamo una terra di transito per alcuni terroristi. Nel nostro Paese abbiamo 470 persone sotto controllo perché ritenute potenziali terroristi capaci di entrare in azione. Il numero è salito incredibilmente negli ultimi anni”.

Destabilizzare la Germania per destabilizzare l’Europa
Un altro particolare da non sottovalutare è che il terrorismo, colpendo la Germania, punta a destabilizzare tutto il continente. “Destabilizzare la Germania vuol dire infliggere un colpo mortale all’Europa”, ha rivelato un diplomatico in forma anonima a La stampa. Sia che colpisca l’Isis, sia che lo faccia il profugo siriano a cui l’asilo sia stato negato, si alimentano ad esempio razzismo e islamofobia. Che rafforzano partiti di estrema destra. Che indeboliscono la Merkel e la forza della Germania.

Effetto emulazione: Isis più forte
Per concludere, ribadiamo un concetto espresso all’inizio: l’Isis con gli ultimi attentati in Germania, uno o due episodi a parte, non c’entra niente. Salvo colpi di scena futuri nelle indagini. Ma lo Stato Islamico ne esce comunque rinforzato. E se si moltiplicasse l’effetto emulazione? Prendete Ali Sonboly, il giovane killer di Monaco. Vittima di bullismo, malato psichico e arrabbiato con la Germania. In cerca di vendetta, disposto a uccidere, a morire e a essere ricordato come i terroristi dell’Isis. I quali possono così esercitare il loro potere, il terrore, anche attraverso lupi solitari che con l’Islam non c’entrano niente. Senza doverli plagiare con il Corano distorto dal fanatismo, senza doverli addestrare in Siria o mettere in mezzo le loro cellule sparse per l’Europa.

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