Assemblea PD, Renzi si scusa e rilancia: ‘Abbiamo stra-perso, al voto con il Mattarellum’

Assemblea nazionale del Partito Democratico

L’assemblea PD apre la resa dei conti definitiva tra Matteo Renzi, la maggioranza e la minoranza dem. Dopo la sconfitta al referendum costituzionale e una direzione che ha solo aperto le ostilità, lo scontro è diretto. Dall’hotel Ergife di Roma, il segretario dem si prende la responsabilità della vittoria del no (“Abbiamo stra-perso“), indica i punti di debolezza di una campagna e di una comunicazione politica che non ha funziona (Il Sud, i giovani e le “falsità del web”), conferma che rimarrà segretario senza anticipare il congresso e chiede il voto il prima possibile, andando alle urne con il Mattarellum. ll clima è incandescente. Massimo D’Alema è andato giù pesantissimo contro Renzi. “Delle riforme di Renzi non rimarrà nemmeno la puzza“, ha dichiarato a proposito del probabile prossimo referendum sul Job Acts, definendo il governo Gentiloni “un finto governo”. Roberto Speranza si è candidato alla segreteria PD contro “un uomo solo al comando, come Davide contro Golia”.

All’assemblea PD sono presenti tutti i dirigenti del partito e i volti delle istituzioni, a partire dal premier Paolo Gentiloni ai ministri Giuliano Poletti, Claudio De Vincenti, Andrea Orlando e Maurizio Martina, ma non mancano i nomi della minoranza, con Speranza, Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo, Davide Zoggia, Enrico Rossi e Guglielmo Epifani. La relazione del segretario passa con 481 favorevoli, 2 contrari e 10 astenuti, tracciando così la linea del partito.

Sono tanti gli elementi che hanno infiammato il dibattito, con toni durissimi che hanno raggiunto l’apice con l’intervento di Roberto Ghiachetti. “Hai la faccia come il cu**”, dirà proprio a Speranza.

A prendere la parola per primo è Renzi che, a distanza di due settimane, analizza la sconfitta al referendum. Che la resa dei conti sia arrivata è chiaro fin dalle prime battute: dopo l’inno di Mameli, il segretario chiede di far partire “La prima Repubblica”, canzone di Cecco Zalone. “Non l’abbiamo scelta a caso”, dirà nell’aprire la sua relazione.

Il primo punto riguarda il congresso che, secondo molti, sarebbe stato anticipato in una sorta di “conta” pro o contro di lui. “Il leader è quello che quando perde lo ammette e dice che vuole ripartire. La sconfitta fa parte della vita. Senza inseguire vendette e ritorsioni”, chiarisce Renzi che si toglie qualche sassolino dalle scarpe. “Dire che con me si rischia la deriva autoritaria, mentre ci sono partiti azienda e partiti dove gli amministratori locali devono sottoscrivere contratti e penali…”, dice in riferimento alla vicenda M5S e specialmente alla vicenda romana. “Vedere persone di questo partito festeggiare dopo gli exit poll, ha ferito il senso di appartenenza a questa comunità“, ricorda, come già fatto in direzione. “Ho accettato il consiglio di chi mi ha detto di non fare del congresso il luogo dello scontro. Ho accettato l’idea di rispettare la tempistica e le regole. Rispetteremo le scadenze statutarie, sui contenuti, non regoleremo i conti“, chiarisce.

Renzi prende tempo dunque, lascia la tabella di marcia del partito come prevista, con il congresso in autunno, perché ha già in mente le elezioni: come già detto a ridosso del referendum, è pronto ad andare al voto il prima possibile e per farlo, rilancia il Mattarellum come legge elettorale per Camera e Senato.

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“Chiediamo a tutte le forze politiche di non fare melina sull’Italicum. Stiamo andando al voto. Non sappiamo quando è non è importante parlarne adesso. Non siamo noi quelli che hanno paura. Dicono che vogliono andare a votare, ma ne hanno una paura matta. La proposta sulla legge elettorale c’è. È la proposta che ha visto la stagione dell’Ulivo ed è la proposta che prende il nome del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il PD c’è, gli altri partiti la accettano?”, dichiara, lanciando formalmente la proposta a tutti gli altri partiti. “Se ci sarà melina e si andrà a votare con il Consultellum, e io vorrò candidarmi al Senato. E in prospettiva al Cnel”.

La sconfitta al referendum

Il punto più atteso è però l’analisi della sconfitta al referendum costituzionale. “Abbiamo stra-perso, anche il 41% al referendum è una sconfitta netta. Sognavo 13 milioni, ne abbiamo presi 13 e mezzo, non è bastato”, ammette. Il passaggio successivo passa a elencare i motivi della sconfitta.

“Dove abbiamo perso. Al Sud: il nostro approccio non è stato di disinteresse, ho visitato i luoghi più difficili. Ma abbiamo sbagliato pensando fosse sufficiente una politica di investimenti e patti per il Sud senza il coinvolgimento vero di quella parte di Sud che doveva essere portata con noi in una sfida etica prima che economica. Il primo errore. Poi, abbiamo messo tanti soldi per il Mezzogiorno, saranno utili, gli amministratori locali li utilizzeranno bene e il governo controllerà bene. Ma dico che mettere queste risorse senza coinvolgere le persone è stato un errore. Bisogna ricostruire un ponte con queste persone. E solo noi possiamo farlo”.

Dopo il Sud è la volta dei giovani. “Abbiamo perso sui 30 e 40enni, abbiamo perso in casa. Fa male, perché la nostra generazione che perde nella sua fascia di riferimento fa pensare. Perché? Rabbia? Non è una generazione arrabbiata ma disincantata, da Presidenti del Consiglio indagati, presi a monetine, cresciuta col mito sella semplificazione e talvolta del semplicismo. Non siamo riusciti a prenderla sul referendum”, confessa. “È un luogo da cui ripartire, non fisico. Una generazione globale, ma la globalizzazione tecnologica fa pendant con sfide che mettono quella generazione a rischio”. Non ci sarà un “tour del Paese con i camper” perché “è finito il tempo in cui riempivamo i teatri”. Voglio lavorare in modo meno organizzato, arrivare all’improvviso, fare l’allenatore e il talent scout di giovani. Verrò a cercarvi uno per uno, voglio stanarvi e chiedervi di darci una mano per farci del PD più forte.

Infine il web, punto nevralgico della comunicazione renziana che, nonostante le slide, il #matteorisponde e i 400mila euro pagati al Jim Messina (il guru della comunicazione già consulente di Barack Obama) è rimasto in mano degli avversari, M5S in testa. “Abbiamo perso sul web. Lo abbiamo lasciato a chi in queste ore è sotto gli occhi internazionali, a cominciare dal New York Times, in quanto diffusore di falsità”, dice con il chiaro riferimento al movimento di Beppe Grillo. “Questo è un tema cruciale. Potremmo proporre al M5A la stessa cosa che un candidato democratico disse ai repubblicani: voi la smettete di dire le bugie sul nostro conto e noi la smettiamo di dire la verità sul vostro. Ma il punto è che abbiamo perduto la sfida del web”.

La sconfitta è stata dura ma non ha abbattuto Renzi che anzi rilancia la sua azione politica. “I signori del No non sottovalutino che c’è un 41% su cui fare i conti. Noi rifletteremo per ripartire. Il No non è una proposta politica omogenea e le prossime politiche si giocheranno su proposte. Il 41% è una sconfitta, ma questo popolo ha bisogno di trovare luoghi da cui ripartire. E noi siamo il luogo più importante”.

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