Another Family, il nuovo disco di dr.gam: un’esplosione di funky e reggae [INTERVISTA]

dr.gam

Another Family è il nuovo disco del cantante e chitarrista dr.gam, aka Andrea Gamurrini. Oltre a voce e chitarra, dr.gam padroneggia l’arte della composizione, della scrittura e della produzione discografica, come dimostra il suo lavoro della White Coal Productions, nata nel 2012. Il promp album di inediti di Gamurrini, uscito nel novembre 2016, è infatti prodotto in proprio, sfuttando le competenze acquisite durante gli oltre 1700 concerti collezionati in tutto il mondo e grazie alle collaborazioni eccellenti con musicisti del calibro di Steve Ferraris. Per entrare meglio nella realtà di Another Family e del suo autore, Nanopress intervista dr.gam a proposito della sua poetica e del suo più recente lavoro.

Another Family è stato anticipato dal singolo ‘dr.gam is in da house’, che raccoglie oltre 300 mila visualizzazioni su YouTube. Nell’album si ritrovano l’energia e il brio funky di questo primo estratto, caratteristiche poi ampliate dalle molte influenze musicali riconoscibili, dal blues di ‘I think it’s for taxes’ allo ska. Non mancano brani dall’atmosfera più rilassata, come la ballata ‘The drop and the flame’ e gli esempi più legati ai ritmi reggae come in ‘LME – Lettera di mezza estate’. L’alternanza di testi in italiano e in inglese contribuisce ad ampliare la quantità di stimoli creativi dell’album, insieme coerente ma variegato di 12 pezzi, in cui la contaminazione con generi internazionali è decisamente ben riconoscibile.

copertina stampa

Oltre alle sonorità anglo-americane alle quali si è avvicinato sin da giovane, ci sono fonti di ispirazione italiane che hanno influenzato la Sua musica e Another Family in particolare?

Sinceramente non traggo ispirazione da qualche artista in particolare, dovrei fare un elenco infinito. La musica solitamente si divide tra buona musica e cattiva musica, che sia nazionale o internazionale. Ciò da cui traggo ispirazione è il genere, non tanto l’artista, e il calderone è ampio.

Il mercato italiano di oggi sembra avere una predilezione per il pop e il rap, che monopolizzano la vetta delle classifiche e le vendite. Come si inserisce un musicista come Lei, dal background blues e reggae, in tale panorama?

Resto ancora dell’idea che la musica vera non sia quella delle classifiche, ma quella suonata live, dal vivo. Io non mi sono avvicinato alla discografia per anni proprio per questa mia convinzione. Il percorso più vero è quello che si fa sul palco, è lì che si impara veramente. Se poi si vuole collaborare con gli artisti più blasonati allora forse il passo della discografia è probabilmente inevitabile.

Nei Suoi 20 anni di live si è esibito spesso all’estero, ma in Another Family si trovano anche pezzi in italiano. I nuovi brani saranno compresi in un eventuale contesto internazionale?

Finora all’estero ho sempre cantato in inglese, quindi con il primo disco mi sono discostato dal mio usuale spettacolo internazionale, ma penso di inserire i pezzi in italiano anche nei concerti fuori Italia. Essendo italiano ho voglia di esportare un po’ della nostra italianità. Ovviamente la set list non sarà interamente in italiano, ma i nuovi pezzi ne faranno parte.

Another Family è uscito sul mercato nel novembre 2016, ha già delle date programmate per il suo prossimo tour?

Al momento sono in piena promozione del disco, ma dovremmo saperne di più nei prossimi mesi. Sicuramente si tratterà di un tour estivo e gli aggiornamenti arriveranno verso i primi di marzo. A livello di uscite discografiche abbiamo già alcuni appuntamenti, tra cui un primo e inedito remix del primo singolo uscito, ‘dr.gam is in da house’, fatto da un dj riminese, mentre in vista dell’estate uscirà il secondo singolo in italiano tratto da Another Family, ‘LME – Lettera di mezza estate’, probabilmente a maggio.

Another Family è stato prodotto da Lei stesso, senza il supporto di produttori esterni. Quali sono i maggiori pregi della produzione autonoma e in che modo ha influito sulla qualità del disco?

Ci sono un sacco di pregi, anche se io sono stato un po’ costretto all’auto-produzione. Negli anni sono stato coinvolto in piccoli e grandi progetti in studio, oltre ai molti live, e trovandosi spesso a utilizzare gli studi di altri si presenta un problema di tempo, che va a incidere negativamente sul prodotto. Si tratta un po’ della dinamica veloce di oggi, che non paga dal punto di vista artistico, così come non rende nel campo della comunicazione per esempio. Si comunicano tante cose molto semplici, ma l’arte ha bisogno di una cura superiore. I dischi degli anni ’70 si facevano in 2, 3 o 4 anni, si aveva modo di approcciarsi alle canzoni in modo da mettersi completamente al servizio dei brani, quando invece oggi si punta a realizzare opere in maniera rapida, magari con produttori che creano brani per mille persone e rischiano di suonare tutti uguali.

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