Alta tensione a Israele dopo gli attacchi palestinesi e per la riforma che avanza

La tensione tra Israele e Palestina sta aumentando e in questi giorni sono scoppiati nuovi scontri e violenze, che si aggiungono ad un clima già teso. L’ultimo attentato a Ma’ale Adumim, in Cisgiordania, ha causato diversi feriti e vittime e Hamas lo ha elogiato come “eroico” e una risposta alle provocazioni subite, aumentando le tensioni. La visita di Ben Gvir alla Spianata delle Moschee a Gerusalemme ha esacerbato la situazione. 

Ben Gvir alla Spianata delle moschee
Ben Gvir alla Spianata delle moschee – Nanopress.it

Contemporaneamente, prosegue la controversa riforma della giustizia di Israele avanzata dal governo Netanyahu e criticata dagli esperti perché minaccia i principi democratici. La nuova legge limita i poteri della Corte Suprema, sollevando preoccupazioni anche negli Stati Uniti, tradizionale alleato di Israele.

Questi fatti stanno avvenendo in un contesto già caratterizzato da un climate di tensione cronica tra Israele e Palestina, con continui attacchi e violenze da ambo le parti che non accennano a placarsi.

In questo quadro le misure di sicurezza e restrizioni introdotte, come il divieto di ingresso ai lavoratori palestinesi appaiono solo parzialmente efficaci e non risolvono le cause del conflitto, che richiedono invece una soluzione politica negoziata a lungo termine. Ciò che sembra mancare è la volontà e una visione strategica da ambo le parti, per riaprire un dialogo costruttivo che è necessario per cercare di appianare divergenze e cercare una convivenza sul territorio, che possa dare una quotidianità serena alla popolazione che vive una situazione di tensione costante.

Il malcontento sta aumentando a causa degli scontri recenti ma, anche, per la controversa riforma giudiziaria israeliana, mentre la comunità internazionale auspica moderazione per allentare la spirale di violenza.

Un nuovo attacco terroristico ha colpito cittadini israeliani in Cisgiordania nella giornata del 1 agosto in risposta a un altro episodio precedente.  Nella città di insediamento di Ma’ale Adumim, un attentatore palestinese ha aperto il fuoco contro un gruppo di persone fuori da un centro commerciale, ferendo sei israeliani, di cui uno gravemente.

Secondo quanto riferito dalla polizia, l’attentatore ha preso di mira nella giornata del 1 agosto, anche alcuni avventori di un fast food, prima di essere ucciso da un agente fuori servizio durante il suo tentativo di fuga.

L’attacco ha riacceso tensioni tra israeliani e palestinesi in Cisgiordania, area contesa e teatro frequente di episodi di violenza. Le autorità temono una nuova spirale di atti terroristici che alimentino ulteriormente il conflitto irrisolto tra i due popoli. Dopo l’escalation di violenza emersa nelle scorse settimane tra Israele e Palestina, la preoccupazione è che si sviluppi un conflitto che ha già mostrato la distruzione che può scaturire.

Nuovi attacchi tra Israele e Palestina

Nelle ultime ore si sono verificati botta e risposta armati tra Israele e Palestina ed è stata avviata una ricerca serrata al terrorista in fuga In Giordania, che è ricercato per una sparatoria avvenuta il 2 agosto.

Una famiglia israeliana è rimasta illesa in un attentato in Cisgiordania. Degli sconosciuti hanno bloccato la loro auto nella Valle del Giordano e aperto il fuoco contro di loro. Per cause ancora da chiarire i proiettili non li hanno raggiunti. L’esercito israeliano è impegnato nella ricerca dei responsabili, non ancora arrestati. Non sono state fornite ulteriori informazioni sugli aggressori.

La violenza non dovrebbe mai essere accettata o giustificata. L’attentato palestinese a Ma’ale Adumim, invece, ha dimostrato il contrario, ovvero che la vendetta non riesce a passare in secondo piano. La notizia, non appena condivisa dal servizio di soccorso Magen David Adom ha generato astio.

Un uomo sulla quarantina è in gravi condizioni mentre quattro persone tra 14 e 37 anni sono state ferite in maniera moderata, mentre un 20enne è rimasto ferito lievemente.

L’attentatore, fuggito dopo aver sparato contro un gruppo di persone, è stato ucciso da un agente fuori servizio accorso sul posto. La polizia ha spiegato che il terrorista ha aperto il fuoco contro l’agente, il quale ha ingaggiato uno scontro a fuoco uccidendolo.

I vertici della polizia israeliana si sono recati sul luogo dell’attentato di Ma’ale Adumim per ascoltare la testimonianza dell’agente che ha ucciso l’attentatore.

Il commissario Kobi Shabtai e il vice commissario Yitzhak hanno parlato con l’ufficiale fuori servizio, che ha raccontato di aver visto un uomo con giubbotto catarifrangente e pistola. Inizialmente non era sicuro fosse il terrorista, ma quando gli ha intimato di fermarsi, l’uomo ha aperto il fuoco contro di lui.

A quel punto l’uomo ha capito che si trattava dell’attentatore e ha risposto al fuoco uccidendolo. Una ricostruzione che chiarisce la dinamica dell’accaduto e la prontezza di riflessi del poliziotto, che ha sventato una potenziale strage.

Il commissario di polizia stesso, ha elogiato l’agente che ha ucciso l’attentatore palestinese a Ma’ale Adumim e ha affermato che ha sventato un attacco terroristico molto più ampio, evitando una possibile catastrofe.

Dalle immagini condivise anche dal Jerusalem Post è visibile il terrorista, con giubbotto giallo fluorescente, che spara tra i cespugli contro un gruppo di persone ad una fermata dell’autobus. Poi la fuga lungo la strada, dove è stato colpito dal poliziotto fuori servizio.

Un dipendente del ristorante preso di mira dall’ attentatore ha raccontato quei momenti di terrore spiegando: “l’attentatore ha sparato contro i clienti, ferendone uno, mentre un proiettile ha mancato di poco il lavoratore.”

Una nuova spirale di l violenza che rischia di innescare un conflitto pericolosissimo.

Tra i feriti dell’attentato di Ma’ale Adumim c’è anche il barbiere dell’agente che ha ucciso il terrorista palestinese.  Turgeman ha raccontato che mentre tagliava i capelli a un cliente, il poliziotto fuori servizio è entrato nel suo negozio per avvisarlo del pericolo.

I due sono usciti per cercare l’attentatore, incrociandolo probabilmente senza riconoscerlo, notando solo il suo giubbotto catarifrangente. Hanno spiegato che allertati dalle urla dei passanti che quello era il terrorista, sono tornati indietro.

L’attentatore ha sparato e colpito Turgeman alla mano e un altro ragazzo alla gamba, prima che il poliziotto lo uccidesse dopo pochi secondi. Il barbiere ha definito l’agente un eroe, riferendo che sono sopravvissuti miracolosamente.

Una testimonianza che sottolinea la fragilità nei rapporti tra Israele e Palestina e di quanto sia imprevedibile la situazione. Va precisato anche che le continue provocazioni attuate da Israele hanno alimentato il clima di nervosismo, non che ciò possa giustificare azioni violente, ma alimenta astio che dovrebbe essere invece riequilibrato, per portare serenità non soltanto tra le due Nazioni, ma nell’intera regione.

Il gruppo terroristico Hamas, al governo nella Striscia di Gaza, ha apprezzato l’attentato di Ma’ale Adumim e lo ha definito un atto “eroico e audace”. In una dichiarazione, il funzionario di Hamas Mahmoud Mardawi ha affermato che la sparatoria è avvenuta in risposta alla recente visita del ministro della Sicurezza di Israele Ben Gvir alla Spianata delle Moschee a Gerusalemme in occasione del digiuno ebraico di Tisha B’Av.

Parole che sottolineano la posizione di Hamas che elogia e rivendica ideologicamente l’attacco, considerandolo una rappresaglia per la contestata presenza del ministro Ben Gvir a Gerusalemme Est. Una posizione che rischia di alimentare ulteriormente la spirale di violenza tra palestinesi e israeliani, in una situazione già ad alta tensione.

Mardawi ha dichiarato: “I protettori di Gerusalemme e di al-Aqsa hanno sempre il dito sul grilletto e non perderanno occasione per avventarsi sul nemico”.

Il divieto ai lavoratori palestinesi introdotto dalle autorità dopo l’attacco dimostra come, nonostante le dichiarazioni, il conflitto permane.

La priorità dovrebbe essere fermare la spirale di violenza, ad esempio con un cessate il fuoco duraturo. La comunità globale ha paura di un conflitto continuativo dato che la situazione non sembra migliorare realmente.

Il timore di reazioni causate dal divieto di accesso alla zona ai lavoratori palestinesi e alto e la paura di ritorsioni reciproche è palpabile.

La reazione reciproca a episodi di violenza non è sicuramente una soluzione percorribile e ciò non fa che aumentare diffidenza e divisione tra la popolazione.

Finché non si riuscirà ad arrivare a un reale percorso bilaterale le misure utilizzate come il divieto di ingresso ai lavoratori palestinesi, seppur giustificate dalla sicurezza, rischiano solo di aggravare una situazione già tesa. Non risolvono nulla, né sul piano materiale né su quello delle cause profonde del conflitto.

Si tratta di una risposta ordinaria a sfide straordinarie che stanno diventando sempre più quotidianità.

Le tensioni sono alte in Cisgiordania, che è stato scenario di raid israeliani in risposta ad attacchi terroristici palestinesi e di violenza che ha causato vittime da entrambe le parti.

La spirale di violenza appare inarrestabile con ripetuti attentati, raid, vittime si alimentano a vicenda senza soluzione di continuità. Mancano visione strategica e iniziative politiche coraggiose da entrambe le parti. Molti analisti ritengono che sia necessario prevenire piuttosto che rispondere e portare avanti una situazione invivibile.

Le divisioni interne palestinesi, unite ad una politica israeliana sempre più orientata alla sicurezza interna, rendono ancora più difficile trovare una via d’uscita.

Mentre tutto questo preoccupa le autorità internazionali sembra che il governo di Israele, nonostante le minacce continue e la pressione internazionale, voglia procedere con la riforma giudiziaria che sta portando centinaia di migliaia di israeliani a manifestare per le strade del Paese contro questo cambiamento da mesi

Come si stanno muovendo le autorità israeliane

Nonostante la tensione è altissima a Israele, le autorità governative sono intenzionate a procedere nella legislazione che sta trasformando il sistema giudiziario del Paese.

Il governo di Netanyahu sembra non abbia timore della pressione internazionale, nata causa dell’escalation di violenza con la Palestina ma, neppure, riguardo al malcontento che si è riacceso tra la popolazione dopo l’approvazione e l’entrata in vigore mercoledì della legge che limita l’utilizzo all’Alta Corte di Israele dello standard di ragionevolezza.

L’entrata in vigore ha segnato una svolta importante all’interno dell’ambito giudiziario israeliano che è ritenuta da molti la conclusione della democrazia ottenuta con numerosi sacrifici. Si tratta di una riforma inaccettabile per la popolazione, che si è riversata in protesta, insieme all’opposizione politica di Netanyahu, per le strade del Paese per manifestare contro una riforma che priva la Corte Suprema delle sue funzioni abituali e limita la messa in discussione di decisioni governative, gettando l’ambito giudiziario e la nomina dei giudici di Israele nelle mani della classe politica.

Da 30 settimane il popolo israeliano protesta contro questo percorso legislativo, intrapreso da Netanyahu e dai suoi ministri, assieme all’opposizione guidata da Lapid che chiede a gran voce di trovare un accordo prima di rovinare per sempre Israele.

Palestinese protesta contro Israele
Palestinese protesta contro gli attacchi di Israele – Nanopress.it

La sinistra israeliana si oppone fermamente alle decisioni del governo, in primis riguardo alla riforma della giustizia, che additano come un percorso intrapreso dalle autorità attuali mirato a evitare i procedimenti legali in corso dello stesso primo ministro e poter disporre pienamente della facoltà decisionale che non può essere messa in discussione come prima.

Ma la tensione tra coalizione al potere e opposizione è alta anche riguardo alla situazione diplomatica che è compromessa, secondo gli esponenti di sinistra, in primis con gli Stati Uniti storici alleati che, a seguito delle provocazioni attuate nei confronti del popolo palestinese ma, soprattutto, per quello che è ritenuto l’attacco alla democrazia israeliana dalle autorità Usa e ciò ha creato più volte contrasti.

Nonostante i tentativi di Israele di riconciliarsi con Washington, anche se più volte Netanyahu ha ribadito che nessuno può interferire con le scelte dei vertici israeliani, e la visita del presidente Herzog negli Usa la situazione permane tesa. Proprio in merito alla riforma giudiziaria, che Biden vede come una mossa pericolosa che rischia di gettare nella guerra civile Israele, sono sorte problematiche diplomatiche che hanno fatto slittare la visita del primo ministro a Washington.

Molte categorie di lavoratori tra cui medici, infermieri ma anche avvocati e moltissimi riservisti militari hanno messo in dubbio i loro servizi per protestare contro quella che ritengono sia la rovina della democrazia. Una situazione delicata che rischia di gettare Israele nel baratro. Ciò che viene messo in discussione da molti critici è l’approccio che il governo Netanyahu ha nei confronti del caos che sta travolgendo Israele.

 

 

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