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Roma, manifestazione contro Mattarella sabato 2 giugno

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La parola d’ordine è dare addosso a Mattarella, “traditore del popolo”: Salvini e Di Maio (più Di Maio in realtà) non dimenticano e lanciano parole come sassi sulla figura del presidente della Repubblica reo, a loro dire, di avere sovvertito l’ordine democratico impedendo al governo giallo-verde (“eletto dai cittadini”) di assumere la guida del Paese. Non bastavano gli insulti social, non bastavano gli attacchi microfono alla mano, non bastava l’accusa di impeachment, non bastava aver invitato a togliere la foto presidenziale dagli uffici pubblici. Ora i legastellati intendono scatenare le piazze: il 2 giugno tutti in strada per chiedere la testa di Mattarella.

E non solo: di Maio invita anche ad appendere il tricolore alla finestra come simbolo di resistenza, lo stesso tricolore che gli alleati leghisti un tempo avrebbero voluto piazzare “al cesso” (sic). Ma di tricolori appesi ai balconi ce ne saranno già tantissimi – Di Maio è una vecchia volpe – perché l’appuntamento per i grillini arrabbiati è per sabato 2 giugno, Festa della Repubblica. Tutti a Roma, dunque, a sfilare contro Mattarella.
Ma ad arginare questi rigurgiti antipresidenziali ci pensa il PD con una contro-manifestazione organizzata per venerdì 1° giugno “in difesa delle istituzioni democratiche e della Costituzione”.

Di Maio intanto insiste sull’impeachment e cerca di coinvolgere un recalcitrante Salvini che, in attesa di capire se gli conviene tornare a elezioni con Berlusconi o apparentarsi nuovamente con Di Maio, per il momento non utilizza quella parola che pesa come una clava. Nella Lega si fa strada la dottrina di Roberto Calderoli, il quale punta a negare la fiducia a Cottarelli, così da mandare il Paese ad elezioni in tarda estate e costringere Mattarella ad un atto plateale: “Quando prenderà solo 50 voti, qualcuno dovrà prendersi la responsabilità, il presidente dovrà dimettersi”.

Ma ricordiamo il motivo di tutto questo astio contro Mattarella: la squadra di governo presentata da Salvini e Di Maio conteneva un nome fortemente indigesto all’Europa: Paolo Savona, economista 82enne ideologo di un fantomatico piano segreto per uscire dall’Euro nottetempo stampando moneta in fretta e furia. E’ bastato inserire il suo nome nell’elenco dei ministri per far impazzire i mercati e scatenare gli speculatori, i quali sono ancora sul piede di guerra ed hanno fatto schizzare lo spread a 330 punti. Mattarella sostiene di avere accettato in toto l’elenco dei nomi, chiedendo che venisse fatta un’unica sostituzione: all’Economia via Savona e dentro Giorgetti. E qui casca l’asino: Salvini si è impuntato su Savona, mentre oggi Di Maio dichiara di avere accolto la richiesta di sostituzione, proponendo Siri o Bagnai. Ma il Colle nega: “Non sono mai stati fatti quei nomi”.

Come stanno le cose?

[didascalia fornitore=”ansa”]Matteo Salvini[/didascalia]

Salvini e Di Maio intanto negano che nei loro programmi ci fosse l’uscita dall’Euro.

[didascalia fornitore=”ansa”]Beppe Grillo[/didascalia]

Intanto in TV Alessandro Di Battista dà sfoggio di cultura dimostrando di padroneggiare alla perfezione i meccanismi dell’implicazione logica, che possono essere riassunti nella formula “se A allora B”. Ecco il pensiero di Di Battista: “Se il Quirinale smentisce vuol dire che mente”. Il problema è che la fondatezza della premessa è opinabile. Dibba conclude con un’autoimmolazione sull’altare della Verità: “E ora mi accusino pure di vilipendio”.

Redazione

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