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Olocausto: storie di eroi che hanno salvato la vita a migliaia di ebrei

Il 27 gennaio di ogni anno ricorre la Giornata Mondiale della Memoria, in ricordo delle vittime dell’Olocausto. Nell’immane tragedia che ha portato alla morte 6 milioni di ebrei, emergono le storie di persone comuni, che inconsapevolmente si sono trasformate in eroi di una guerra feroce. Alcuni sono più noti, altri quasi sconosciuti, tutti però hanno sfruttato la propria astuzia, i privilegi legati al proprio ambito professionale, per trarre in salvo quanti più ebrei possibili, sempre con un occhio di riguardo rivolto ai bambini. ‘Chi salva una vita, salva il mondo intero’, dice il Talmud, uno dei testi sacri dell’ebraismo, questi eroi l’hanno salvato migliaia di volte e a noi oggi, non resta che celebrarne il ricordo.

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CARLO ANGELA

[didascalia fornitore=”altro”]Carlo Angela[/didascalia]

Carlo Angela, nato a Olcenengo nel 1875 e scomparso nel 1949, padre del giornalista televisivo e scrittore Piero Angela nonché nonno del divulgatore Alberto Angela, è stato un politico e antifascista italiano. Dopo aver lavorato per alcuni anni come medico del piccolo paese di Bognanco, nell’Ossolano, durante il periodo della dittatura fascista, Angela rinunciò alla politica e divenne direttore sanitario della casa di cura per malattie mentali ‘Villa Turina Amione’ di San Maurizio Canavese. Fu proprio in questa struttura, che durante l’occupazione tedesca, Angela riuscì a dare rifugio a moltissimi ebrei, ricoverandoli con cartelle cliniche falsificate. La famiglia Angela era molto riservata, per questo le onorevoli gesta di Carlo sono rimaste sconosciute per oltre mezzo secolo: sono emerse soltanto nel 1995, quando Anna Segre pubblicò il diario del padre Renzo, scritto proprio nei momenti in cui era riuscito a sfuggire ai campi di sterminio, rifugiandosi nella clinica ‘Villa Turina Amione’.
Il 29 agosto 2001, gli è stata conferita alla memoria la Medaglia dei Giusti tra le nazioni, per aver aiutato, senza alcun interesse, molti ebrei durante la Shoah.

Il comune di San Maurizio Canavese ha intitolato a Carlo Angela una strada e una scuola elementare.

IRENA SENDLER

Irena Sendler, è una valorosa eroina della seconda guerra mondiale, deceduta nel 2008, a 98 anni, dopo aver salvato 2500 bambini ebrei dal ghetto di Varsavia. La sua storia non ha avuto lo stesso clamore di Shindler, eppure è certamente degna di essere ricordata e onorata. Le sue gesta sono state riportate alla luce, per caso, da un gruppo di ragazze del Kansas che stavano lavorando su una ricerca di storia. Da qualche anno, Irena Sendler è stata inserita nell’Encyclopaedia Britannica.
Irena entrò nello Zegota, il Consiglio clandestino polacco di aiuto agli ebrei, nel ’43. Lavorando come assistente sociale riuscì a introdursi nel ghetto della capitale e portar via, nascondendoli con geniali stratagemmi, migliaia di bambini destinati a morte certa, di stenti o nei campi di concentramento. Ad aiutare Irena ci furono numerosi collaboratori coraggiosi e una rete di famiglie pronte a ospitare alcuni bambini ebrei, che vennero ribattezzati con nomi meno sospetti. Le loro vere identità vennero conservate dentro alcuni barattoli in un giardino.

Quando la guerra finì, Irena, dopo aver subito indicibili torture dai nazisti ed essere scappata dall’esecuzione, cercò di riconsegnare tutti i bambini alle loro famiglie, ma non fu possibile, perché molte di queste non esistevano più.

(Oskar Schindler)

OSKAR SCHINDLER

Ben più nota è invece la storia di Oskar Shindler: nato a Svitavy, nel 1908 e scomparso nel 1974, è stato un imprenditore tedesco, che è divenuto celebre per aver salvato durante la seconda guerra mondiale circa 1.100 ebrei dallo sterminio, grazie alla sua ‘lista’.
Dalla sua città natia si trasferì a Cracovia e durante l’occupazione nazista, aprì una fabbrica di pentolame, la ‘Deutsche Emaillewaren-Fabrik’, nella quale assunse circa 1100 operai, tutti ebrei. Nel tempo la produzione si spostò sulle munizioni e quando ci fu il rastrellamento nel ghetto di Cracovia, nel 1942, comprese che avrebbe dovuto utilizzare tutte le armi in suo possesso per proteggere i suoi operai, gli ebrei di Schindler: decise così di puntare sulla loro indispensabilità per le attività della fabbrica, salvandoli di fatto dai campi di concentramento.

Nel 1999, a Stoccarda, è stato ritrovato il manoscritto originale della lista di Schindler, all’interno di una valigia che Shindler aveva volutamente lasciato in casa di una coppia di amici. Una copia-carbone della lista, è custodita in una biblioteca australiana. L’Ente Nazionale Israeliano per la Memoria sull’Olocausto, ha riconosciuto Oskar Schindler Giusto tra le Nazioni, per la sua gesta di salvataggio del popolo ebreo. La storia di Shindler, nel 1993, è stata tradotta in un film di Steven Spielberg, ‘La Lista di Schindler’, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.

MOUSSA ABADI E ODETTE

Moussa Abadi, ebreo siriano, era finito a studiare alla Sorbona negli anni Trenta, dove aveva conosciuto Odette Rosenstock, di quattro anni più giovane: tra loro scattò subito il colpo di fulmine. Insieme, con l’aiuto di Paul Rémond, vescovo di Nizza, diedero vita alla ‘Réseau Marcel’, con l’obiettivo di salvare i più piccoli dai nazisti. Moussa divenne ispettore delle scuole cattoliche, mentre Odette, assistente sociale della diocesi. Monsignor Rémon diede a Moussa un ufficio vicino al suo, dove poter fabbricare falsi certificati di battesimo. Si unirono alla rete anche due pastori protestanti: fino al 1945 vennero salvati 527 bambini. La situazione peggiorò drasticamente nel 1943, quando le SS entrarono a Nizza e diedero il via alla caccia agli ebrei. A un certo punto Odette venne fermata dalle SS e deportata ad Auschwitz, dove sopravvisse lavorando in infermeria. Nel frattempo Moussa continuò a salvare bimbi. Soltanto alla fine della guerra, i due riuscirono a rincontrarsi, a Parigi. Cercarono di risalire alle famiglie d’origine dei bambini. Moussa morì il 15 settembre 1997. Un giorno, dopo meno di due anni, Odette si tolse la vita. Aveva un solo desiderio: riabbracciare il suo Moussa.

Beatrice Elerdini

Beatrice Elerdini è stata una collaboratrice di Nanopress dal 2014 al 2019, occupandosi di cronaca e attualità. Degli stessi argomenti ha scritto su Pourfemme dal 2018 al 2019.

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