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Mamme lavoratrici, boom di dimissioni volontarie: oltre 37mila in un anno

Oltre 37mila neo mamme lavoratrici si sono dimesse in un solo anno: è il dato che emerge dal report dell’Ispettorato del Lavoro sulla convalida delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali che riguardano la posizione di madri e padri lavoratori. Allarme dei sindacati: “Chiediamo un incontro al Governo“.

Mamme lavoratrici: boom di dimissioni volontarie nel 2019

Dati preoccupanti in arrivo dal report annuale dell’Ispettorato del Lavoro sulla convalida di dimissioni e risoluzioni consensuali di contratto da parte dei genitori lavoratori: nel solo 2019, sarebbero stati 51.558 i provvedimenti in materia, un numero in aumento del 4% rispetto alle rilevazioni dell’anno precedente (49.451 nel 2018).

Secondo quanto emerso, sarebbero oltre 37mila le neo mamme ad aver scelto di lasciare la propria occupazione per dedicarsi alla cura dei figli. Si tratta di una percentuale altissima, che si attesta intorno al 73% del totale, fotografia che, per i sindacati, rappresenta “l’ennesima allarmante conferma della difficoltà di essere madri e lavoratrici e di quanto siano necessarie forme positive di flessibilità del lavoro“.

Sono queste le parole, riportate dall’Ansa, di Tania Scacchetti, segretaria confederale Cgil, e di Susanna Camusso, responsabile Politiche di genere Cgil. “Chiediamo un incontro al Governo perché l’occupazione femminile deve essere al centro dell’agenda per la ripartenza del Paese“, hanno aggiunto.

Le motivazioni che fanno da binari portanti alla scelta di lasciare il lavoro, stando alla relazione dell’Ispettorato del Lavoro, si cristallizzano in tre assi principali:

  • assenza di parenti di supporto
  • elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato
  • mancato accoglimento al nido

L’orizzonte dello smart working

In un limbo di difficoltà crescenti legate alla necessità di conciliare gli impegni professionali con la cura della famiglia e dei figli, emerge con maggiore forza l’orizzonte dello smart working.

Il lavoro cosiddetto “agile”, da casa e svincolato da rigidi perimetri temporali di produzione e dalla presenza sul luogo di lavoro, si presenta come possibile soluzione all’emorragia di lavoratori causata dalle dimissioni dei neo genitori. Ma resta il tessuto di incognite legato a un approccio disorganico alle strategie di organizzazione da parte delle aziende.

Su un numero preoccupante di oltre 51mila dimissioni e risoluzioni consensuali tra lavoratori e lavoratrici, il 73% circa interessa la popolazione femminile.

È la madre, 7 volte su 10, a lasciare il posto di lavoro. L’interruzione coincide con l’arrivo del primo figlio nel 66% dei casi censiti: 21mila dimissioni volontarie di donne sarebbero legate a esigenze di cura della prole.

Lo scenario che si profila nel post emergenza Covid impone ulteriori riflessioni sull’argomento. Incertezze e difficoltà di coniugare il ruolo di genitori con quello di lavoratori risultano amplificate ed esacerbate dalla crisi economica in corso. Il part-time involontario come soluzione “tampone” è una proposta che va a penalizzare soprattutto le donne.
Nunzia Catalfo, ministro del Lavoro, ha sottolineato “la necessità e l’urgenza di misure rivolte loro come quelle su cui il Governo è già concentrato“.

Se vogliamo tutelare e proteggere il lavoro delle mamme lavoratrici e sostenere il desiderio di maternità delle coppie, occorre investire in servizi più adeguati alle esigenze delle famiglie e promuovere forme di organizzazione del lavoro più flessibili, soprattutto attraverso incentivi alla contrattazione“, hanno dichiarato il segretario confederale Cisl, Giorgio Graziani, e Liliana Ocmin, responsabile coordinamento Donne Cisl.

Giovanna Tedde

Giornalista pubblicista, mi occupo da anni di contenuti web e nello specifico di editoria online. Per Nanopress mi occupo di cronaca nera e attualità.

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