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La nostra aria è irrespirabile? Cosa c’è di vero e quanta colpa hanno le auto

L’aria che respiriamo oggi è molto meno inquinata rispetto a trent’anni fa. Le auto non sono la principale fonte di inquinamento dell’aria. Due frasi importanti, che vanno totalmente contro a quello che leggiamo quotidianamente sui giornali o che sentiamo in televisione. Perché questa cosa? Come è possibile che tutto ciò che ci viene raccontato sia falso? Ma soprattutto: è vero che nelle città italiane l’aria sia migliore di quanto lo fosse negli anni ’60? Andiamo a scoprire la verità partendo dai protagonisti della vicenda, per poi analizzare a fondo tutti i dati.

I protagonisti della vicenda

Per spiegare al meglio l’argomento, si deve fare un piccolo riassunto sui protagonisti di questa storia, che sono: i motori diesel e benzina (Euro 0, 1, 2, etc fino ad arrivare all’Euro 6d, ma qui non ci soffermiamo in spiegazioni, basta sapere che l’Euro 6d è il più moderno, quello di ultima generazione, mentre tutti i motori prima del 1993 sono Euro 0, nel mezzo tutte le altre categorie), l’anidride carbonica (che spesso sarà scritta CO2), ossidi di azoto (NOx) e il particolato.

L’anidride carbonica è un gas che viene prodotto dalle auto, dall’uomo, e da un sacco di altri mezzi. E’ innocuo per l’essere umano, tutti i viventi emettono CO2, come tante macchine. Ha un ruolo positivo nel processo di fotosintesi delle piante. E’ però un problema per quanto riguarda il surriscaldamento globale della terra.

Anche gli ossidi di azoto (NOx) sono gas prodotti dai motori, e anche questi non sono nocivi per l’uomo. Ma sono pericolosi sempre per l’ambiente, dato che possono trasformarsi in ozono.

Poi c’è il particolato. Con questo termine si indica l’insieme delle particelle solide e liquide che vengono emesse dagli scarichi dell’auto, ma anche dai camini, dallo sfregamento dei tram sui binari, dei legni per fare il fuoco. In fin dei conti qualsiasi cosa può creare microparticelle che possono aleggiare nell’aria. Parliamo di particelle minuscole, i famosi PM10 e PM2,5 di cui tanto sentiamo parlare. Questi sono nocivi per l’uomo: a seconda delle dimensioni possono intaccare le vie respiratorie, i bronchi, perfino il sistema circolatorio.

Infine parliamo di propulsori. Il motore benzina è un propulsore che produce una discreta quantità di CO2, pochissimo NOx e, naturalmente, particolato. Il diesel, a differenza del benzina, produce circa il 30% in meno di anidride carbonica, ma più NOx. Per quanto riguarda il particolato, storicamente il diesel ha sempre prodotto molto particolato, ma dai diesel Euro 4 con il filtro antiparticolato (detto FAP) i PM10 sono drasticamente calati. Ora siamo ai diesel Euro 6d, che producono meno particolato addirittura dei benzina.

Un po’ di storia

E’ circa dagli anni ’70 che nelle grandi città italiane si misura la quantità di polveri in aria, prima del 1999 si misuravano solo le polveri totali sospese (PTS). Con la direttiva 1999/30/CE sono stati introdotti limiti per la porzione più sottile delle polveri, i PM10, che hanno un diametro fino a 10 µm (un centesimo di millimetro). I valori limite di PM10 previsti nel 1999 sono gli stessi in vigore oggi, cioè una media annuale di 40 µg/m3 (microgrammo al metro cubo), mentre il valore limite della media oraria giornaliera è di 50 µg/m3, quest’ultimo non deve essere superato più di 35 volte l’anno. Per quanto riguarda i NOx, prima del 1999 il valore limite medio annuale era di 200 µg/m3, successivamente è sceso a 40 µg/m3 mentre è stato introdotto il limite medio orario di 200 µg/m3. Questo non può essere sforato per più di 18 volte in un anno. Con la Direttiva 2008/50/CE del 2008 sono stati introdotti valori limite per il PM2,5, frazione più fine, circa un quarto, rispetto al PM10.

Come si può vedere dai dati di questo rilevatore in Viale Liguria a Milano, prima del 1999 le concentrazioni di polveri sottili avevano limiti molto elevati, anche di 300 microgrammi al m3. L’analisi storica dell’andamento del PM10 si può ricostruire dai primi anni 2000, da quando tale inquinante è stato misurato in maniera sistematica. L’analisi del trend nazionale evidenzia per il PM10 un trend decrescente statisticamente significativo.

[didascalia fornitore=”altro”]Dati ISPRA: Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale[/didascalia]

Tra i fattori che hanno contribuito alla riduzione delle polveri negli anni sono da considerare, ad esempio, la progressiva sostituzione con il metano di combustibili altamente inquinanti quali l’olio combustibile e il carbone, la diminuzione del biossido di zolfo precursore del particolato, e miglioramenti tecnologici nelle emissioni degli autoveicoli.

Negli ultimi due secoli Milano si è riscaldata col carbone, che è certamente la più pericolosa fonte di particolato. Pochi decenni fa il carbone era ancora usato in modo diffuso negli impianti condominiali di riscaldamento. Le polveri che negli anni ’70 rendevano opaca l’aria venivano soprattutto dalle grandi fabbriche all’interno delle città, dalla combustione negli impianti di riscaldamento, e dal traffico. Le auto del tempo non avevano filtri e i carburanti erano di qualità assai modesta. A ogni accelerata sviluppavano grandi nuvole nere, mentre le motorette liberavano i fumi oleosi della miscela. A partire dagli anni ’80 nelle città sono stati vietati i combustibili più pesanti come il carbone e l’olio combustibile, nelle grandi città come Torino, Milano, Brescia o Venezia inoltre si è diffuso il teleriscaldamento grazie alla combustione di rifiuti selezionati, che ha permesso di ridurre gli inquinanti nell’aria. Inoltre da anni non si producono più veicoli così inquinanti.

La situazione attuale

Fino alla fine degli anni Ottanta il termine “inquinamento” non era usato per caratterizzare l’aria delle nostre città, oggi è di moda. E’ sempre uno dei grandi argomenti degli amministratori della città: “l’aria è sempre più inquinata ed è un costante pericolo per l’uomo”.

Questa gente però ha la memoria corta. Ricordiamo che negli anni ’60 a Milano la nebbia si “tagliava con il coltello”: allora c’era nell’aria una media 175 mg di PM10, con punte di 1.700, a causa del riscaldamento delle abitazioni col carbone, con l’olio pesante o con la legna, nonostante pochissime auto diesel in circolazione. Ma c’era anche chi stava peggio: a Londra si arrivava anche a valori di 5000 mg per metro cubo. Ora le regole sono cambiate: il limite di attenzione era di 300, oggi a 50 scatta lo stato d’allerta. La media annua di PM10 attuale è di circa 40, con punte settimanali di 70 o 80 mg per metro cubo.

Ecco i dati su Milano, riguardo i giorni di superamento del limite di PM10:

[tabler]
ANNO | GIORNI DI SUPERAMENTO
2015 | 89
2014 | 68
2013 | 81
2012 | 104
2011 | 130
2006 | 146
2005 | 150
2002 | 162
[/tabler]
[didascalia fornitore=”altro”] Dati: ARPA[/didascalia]

Per cui si, la nostra aria è inquinata, e in molte città si sta oltre il valore limite medio giornaliero di 50 µg/m3 che viene superato più di 35 giorni l’anno. Ma dire che l’aria di oggi è più inquinata di quella di 30 anni fa è sbagliato, sono i parametri che sono diversi e c’è maggiore attenzione al problema. L’ evolversi della società ha portato a una graduale riduzione dell’inquinamento. I riscaldamenti a carbone sono scomparsi e quelli a gasolio sono stati sostituiti in gran parte da metano o gpl, le fabbriche si sono spostate fuori dalle città, spesso addirittura si sono trasferite in altri paesi, mentre i motori delle vetture sono meno inquinanti.

Quanto inquinano le auto

Altro dato che può sconvolgere è che la maggioranza dell’inquinamento (poco) attuale non è dovuto alle auto. Il rapporto tra riscaldamento e trasporti è di 60 a 40 per cento. Per cui le vetture inquinano per meno della metà la nostra aria. Non solo: dentro quel 40 per cento ci sono tutti i trasporti: auto, bus e mezzi pesanti. I veicoli privati incidono soltanto per l’8 per cento. Il grosso dell’inquinamento auto lo fanno i mezzi pesanti, tir, mezzi lavorativi, pubblici e autobus.

[didascalia fornitore=”altro”] Dati: ARPA[/didascalia]

Come detto in precedenza, i protagonisti sono per lo più tre: l’anidride carbonica CO2, l’ossido di azoto NOx e il particolato. Tutti questi tre valori, statistiche alla mano, sono drasticamente scesi nel corso degli anni. Parlando del PM10, unico dei tre nocivo per l’uomo, i dati sono calati, ma negli anni sono cambiati i metodi di misura che a parità di concentrazioni danno risultato peggiore.

Questi valori sono diminuiti per diversi motivi: prima di tutto bisogna dire che l’industria automobilistica è riuscita a ridurre da 20 a 100 volte gli inquinanti immessi nell’atmosfera. Dal 1990 ad oggi, grazie all’introduzione della marmitta catalitica e poi dei veicoli euro 2, euro 3, euro 4, ecc., gli inquinanti tipici dell’automobili sono stati ridotti, in alcuni casi anche di 100 volte. Anche il particolato è stato ridotto addirittura fino a 1.000 volte, grazie all’introduzione del FAP.

E poi anche i carburanti sono migliorati fino a contenere quantità basse di zolfo. Per esempio le marmitte catalitiche delle vetture a benzina vietano la presenza di zolfo nella benzina e le automobili diesel di nuova produzione devono contenere il filtro antiparticolato (FAP) contro le fumate solforose del gasolio. Insomma: un’auto Euro 6 di oggi emette anche trenta volte meno inquinanti di una vecchia auto Euro 0, ovvero un’auto Euro 0 emette come trenta auto Euro 6. Questo significa che non sono le vetture in generale un problema, ma sono le vecchie auto il problema.

Chi sono i veri colpevoli dell’inquinamento

Questa slide qui sopra è della Regione Lombardia. Da qui si capisce chiaramente che i riscaldamenti inquinano più delle auto. Le case producono oltre il 50% delle emissioni di anidride carbonica e il 30% delle polveri sottili. Questo perché il 56% degli edifici è nella classe energetica più bassa, la G, e solo il 2% è in quella più alta, la A. Per quanto riguarda il riscaldamento domestico gradualmente si è passati al gasolio e poi al metano. Il problema è che in alcuni casi, per esempio a Milano, circa 800 condomini, per lo più comunali, vanno ancora oggi a carbone o olio pesante. Le polveri sottili generate dal trasporto su gomma sono calate del 60% grazie al “ricambio generazionale” delle motorizzazioni e alle nuove tecnologie. Al contrario, il particolato emesso dalle caldaie (soprattutto il più fine e pericoloso Pm 2.5) è addirittura raddoppiato. Questo naturalmente è dovuto al fatto che è più facile e più usuale cambiare vettura, rispetto a cambiare casa o caldaia. Quindi il rapporto tra riscaldamenti e veicoli è di 75% a 25%, e questo senza prendere in considerazione furgoni, tir e camion, molto più inquinanti delle auto.

Dagli anni 2000 le emissioni di PM10 dai veicoli si sono ridotte del 60%, merito del fatto che le auto si cambiano dopo una decina d’anni e i nuovi modelli sono sempre meno inquinanti. Ma le caldaie dei palazzi non vengono sostituite così rapidamente. Il risultato è che negli ultimi vent’anni le polveri sottili dagli impianti di riscaldamento sono raddoppiate, e ora sono tre volte quelle dei veicoli. Il principale problema dell’aria di città non sono i veicoli, bensì le migliaia di vecchie caldaie e di impianti non a norma. Grande attenzione bisogna dare anche alle stufe a pellet: i sacchi di pallottoline di segatura compressa, in genere di importazione, hanno prezzi assai competitivi e vengono percepiti come “ecologici” dai consumatori, ma in verità sono alcuni dei più grandi produttori di particolati.

Il particolato e i NOx

Ma arriviamo al punto focale: quanto fa male l’inquinamento? Come detto, un protagonista indiscusso è il particolato: consiste in una complessa miscela di particelle solide e liquide di sostanze organiche e inorganiche sospese nell’aria. Le particelle dannose per la salute sono quelle con un diametro di 10 micron o meno (PM10), che possono penetrare e depositarsi in profondità all’interno dei polmoni. L’esposizione cronica alle particelle contribuisce al rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e respiratorie, nonché di forme tumorali ai polmoni. Le particelle più fini, PM2,5, che penetrano più in profondità nell’albero respiratorio, sono ancora più nocive in termini di effetti cancerogeni.

Le norme europee sulle emissioni dei veicoli hanno ridotto in modo rilevante gli inquinanti prodotti dalle automobili. Nelle macchine moderne (Euro 6) l’inquinamento prodotto dal motore è spesso più basso rispetto alle polveri sviluppate dal resto dell’auto, come lo sfarinarsi degli pneumatici sull’asfalto o delle pastiglie dei freni sui dischi. Queste polveri sono ineliminabili: anche le auto elettriche, i treni, i filobus e i tram producono con le loro ruote polveri fini. Tra i veicoli, secondo le rilevazioni, producono più PM10 i mezzi da cantiere (come le ruspe o i compressori) e le loro attività, i motorini a due tempi, i vecchi furgoni. Il problema sono le circa 40 milioni di vetture Euro 0, Euro 1 e Euro 2, che siano benzina o diesel, che inquinano non solo a livello di particolato, ma anche di CO2 e NOx. Parlando di ossidi di azoto, il traffico veicolare contribuisce solo per il 40% circa degli NOx presenti in atmosfera.

Tra l’altro, secondo le ricerche RSE (Ricerca sul Sistema Energetico), appena il 35-40% dei PM10 delle città è prodotto in loco; il restante 60-65% viene importato dalle campagne e da fuori città. Il motivo è semplice: la città è più calda perché sono più concentrati i riscaldamenti e perché la copertura edile è più calda delle aree coltivate. Successivamente l’aria più tiepida si alza verso l’alto e rasoterra, verso la città, fluisce aria più fresca e più inquinata dalle campagne, dalle tangenziali e autostrade, dalle fabbriche dell’hinterland, portando l’inquinamento delle fabbriche fuori dai centri abitati e di tutti i mezzi agricoli.

Ma la domanda da porsi è: qual è l’effetto sulla salute degli inquinanti da automobili? Secondo l’Agenzia europea dell’Ambiente (AEA), solo in Italia vi sarebbero 60mila morti premature causate dal particolato. Un dato da fare un minimo storcere il naso: uno perché è difficile capire quanti siano le morti da particolato (tra l’altro premature), inoltre sono dati che negli anni passati (quando l’aria era più inquinata) non c’erano. E poi, come detto, le automobili contano per una piccola percentuale sul particolato, per cui si dovrebbe dire che oltre la metà di questi morti per il particolato sia dovuto ai riscaldamenti, cosa difficile da comunicare. Nel dettaglio, le polveri sottili interagiscono con l’uomo a livello dell’apparato respiratorio. Più esse sono piccole, più possono addentrarsi in profondità. Si assume perciò che le polveri sottili più piccole siano più pericolose, i PM2,5,, perché scendendo nell’apparato respiratorio le barriere si riducono man mano e la vicinanza con l’apparato circolatorio aumenta.

Cosa fanno le istituzioni per risolvere il problema

[didascalia fornitore=”altro”] Dati: ARPA[/didascalia]

Prendiamo il particolato PM2.5 che, a differenza del PM10, essendo ancora più piccolo può penetrare più in profondità, arrivando perfino all’apparato circolatorio. Come detto, solo il 25% del particolato (come scritto nella slide della Regione Lombardia in precedenza) è dovuto al traffico dei veicoli, mentre il restante 75% ha altre origini. Ma le contromisure volte a combattere i PM2,5 si rivolgono solo alle auto (domeniche a piedi, targhe alterne, blocchi periodici del traffico, etc.). Appare evidente che queste misure non solo non risolvono il problema ma neanche lo affrontano: il blocco totale – 24 ore su 24, 7 giorni su 7, tutto l’anno – ridurrebbe il particolato solo del 25%. Ad esempio, se tutte le domeniche dell’anno, ma proprio tutte, fossero “a piedi”, la riduzione del particolato sarebbe 1/7 del 25%, cioè del 3% circa. O meglio, ancora meno perché il traffico della domenica non è come quello dei giorni feriali. Se poi si bloccano solo certe categorie di veicoli – solo le auto, ad esempio o, ancora peggio, solo le diesel (e magari anche quelle dotate di filtro antiparticolato) – scopriamo che queste domeniche “ecologiche” non hanno proprio nulla di ecologico. Per quanto riguarda l’incentivo ad usare mezzi pubblici può essere naturalmente una soluzione condivisibile, ma non bisogna pensare che siano la soluzione a tutti i mali: ad esempio centinaia di autobus ATM di Milano sono Euro 1 o Euro 2 e, come abbiamo detto, inquinano come decine di vetture Euro 6. Altro esempio è l’introduzione dell’Ecopass/AreaC nel capoluogo lombardo: nonostante il traffico auto in centro a Milano sia drasticamente sceso, le centraline nella zona centrale di Milano hanno misurato valori di PM10 addirittura superiori al periodo pre Area C. Quindi con meno vetture in circolazione l’aria è peggiorata e, “guarda caso”, in centro a Milano c’è la maggiore concentrazione di palazzi vecchi e con riscaldamenti obsoleti… Altra cosa importante, è da notare come durante l’inverno c’è molto PM10 e d’estate i valori si dimezzano. Durante l’inverno subentra il contributo dei riscaldamenti domestici e industriali, che invece non abbiamo d’estate.

[didascalia fornitore=”altro”] Dati: ARPA[/didascalia]

Studi recenti hanno dimostrato che l’inquinamento prodotto in un giorno incide soltanto sul 2% dei dati rilevati da una centralina. In altre parole, se riuscissimo a spegnere per un intero giorno tutti i riscaldamenti e i mezzi di trasporto, riusciremmo a migliorare l’aria soltanto del 2%. Questo avviene perché le polvere sottili presenti nell’aria nelle settimane precedenti si trovano tutte depositate per terra. Far circolare qualsiasi veicolo quindi, anche elettrico, solleva queste polveri e le diffonde nell’aria. Per cui non è così vero che il vento può portare migliorie all’aria che respiriamo, spazzando via gran parte dell’inquinamento, perché le polveri sottili sono depositate sul terreno e che le vetture, passando sull’asfalto, le diffondono. In questo caso invece la pioggia è utile, che lava il terreno da tutto. Certo, poi sussistono problemi su falde acquifere inquinate, ma questo è un altro argomento.

La questione diesel

Apriamo il capitolo sui motori diesel. E’ incredibile come la motorizzazione migliore in termini di consumi e innovativa in ambito tecnologico, stia attraversando la fase più difficile della sua vita. Inquinamento, dieselgate e costi di studio troppo elevati rispetto ai risultati stanno minando la sua esistenza.
Se sul dieselgate si sono spesi fiumi di inchiostro, sugli altri due motivi (inquinamento e costi) bisogna aggiungere diverse cose.

Le emissioni dai motori diesel sono state inserite nella classe 1 dei cancerogeni (cancerogeni certi, quindi) dalla International Agency for Research on Cancer (IARC). Bisogna intanto sapere che la IARC ha inserito in classe 1 anche altri agenti, ad esempio: vino, stoccafisso e baccalà, pillola anticoncezionale, esposizione al sole, polveri di legno, e molto altro. Ma tutto quello che è stato appena elencato, non è stato messo alla gogna: il baccalà si continua a mangiare, il vino a bere, i falegnami continuano a fabbricare mobili. Gli studi analizzati dalla IARC sono stati condotti oltre trenta anni fa, su diesel quindi vecchi e obsoleti, con emissioni degli anni ’80. Ora i propulsori a gasolio hanno emissioni di particolato che è oltre 100 volte inferiore ai motori di allora e solo di poco superiore a quello dei motori a benzina. E’ impreciso dire che il diesel sia l’alimentazione più inquinante. Per dirla correttamente, da quando c’è il FAP, i nuovi propulsori a gasolio sono di quanto più virtuoso ci sia.

L’argomento costi è un qualcosa forse sconosciuto al grande pubblico, ma è uno dei grandi problemi del diesel. Facciamo chiarezza: come detto, tutti i motori sono catalogati in Euro 1,2,3 etc. Ora siamo arrivati a Euro 6d. Questo è perché ogni motore ha dei parametri dati dall’UE che deve rispettare in termini di emissioni. Il grande nemico del diesel sono gli NOx. Ad esempio la norma Euro 6 prevedeva che dal 1 settembre 2015 tutti nuovi veicoli immatricolati dovevano avere un motore diesel avente emissioni massime di NOx di 0,08 g/km. Un valore ridottissimo, dato che l’Euro 5 prevedeva 0,18 g/km. Questo ha comportato alle case automobilistiche uno studio continuo sui propulsori, che devono assiduamente sottostare a regole già decise dall’Unione Europea. Il problema è che questi studi sono costosi, e se il diesel continua ad essere così demonizzato in tutto il mondo, in molte città è già vietato, la gente non lo comprerà più e le case smetteranno di produrlo. Per buona pace di noi italiani, assidui consumatori.

Che oggi sia permesso circolare con dei GPL vecchi di dieci anni e si ipotizzi lo stop alla circolazione degli Euro 6 nei blocchi del traffico è un problema di ignoranza. Eppure ce la prendiamo con il motore diesel, che è più pulito anche rispetto al benzina, e non si prendono provvedimenti riguardo i camini ed il riscaldamento domestico. Ora siamo al diesel Euro 6d, tra qualche tempo si passerà all’Euro 7 e così via. Ma nonostante tutto quello che abbiamo detto, e cioè che i diesel di nuova generazione sono puliti tanto quanto i benzina, l’opinione pubblica vede il diesel come il male assoluto.
Poco importa, quindi, che con i motori Euro 6 si arrivi a quantità di particolato e NOx estremamente basse. Poco importa se la metà del parco circolante è formato da auto diesel ma l’aria è molto più pulita rispetto al passato. Tra l’altro, demonizzare il diesel, se fatto bene e conforme alle normative, è sbagliato, perché se togliessimo il gasolio dalle strade dall’oggi al domani, non avendo un’alternativa, favoriremmo l’aumento delle emissioni di CO2, pericoloso per il surriscaldamento globale. Per cui avremmo un nuovo problema.

Come agire veramente

L’argomento smog è trattato con troppa superficialità dai media, che ci raccontano verità differenti a loro piacimento. Abbiamo invece visto come l’aria nelle grandi città italiane continui a migliorare. È una tendenza che dura da anni, grazie al cambiamento delle tecnologie. Venti o trent’anni fa l’aria delle città era assai più sporca di oggi. Ora da ciminiere, comignoli, inceneritori e tubi di scappamento non esce aria profumata, ma è tutto migliorato.

Che fare per migliorare la situazione attuale? Rimanendo sul tema auto bisogna sicuramente togliere dalla strada le motorizzazioni superate. Le auto di oggi, rispetto a quelle di sette/otto anni fa, hanno motori sicuramente molto più puliti. Il problema però è che una parte enorme dei 40 milioni di auto che circolano in Italia sono vetture pre Euro 3, e quindi veicoli fortemente inquinanti: pensare anche solo di sostituire queste con auto di nuova generazione potrebbe fare del bene alla nostra salute. Obbligare tutti a cambiare vettura però è sicuramente complesso.

Ma, come abbiamo detto, le vetture sono un minimo problema. Per togliere gli inquinanti bisogna agire soprattutto nelle caldaie. Rinnovare i riscaldamenti nei 20 capoluoghi di regione ridurrebbe le emissioni in atmosfera quasi del 50%, mentre vicino al Duomo di Milano basterebbe sostituire il 10% delle caldaie più vecchie per ottenere effetti pari a un blocco del traffico totale di sei settimane. Inoltre dobbiamo anche migliorare il nostro modo di riscaldare le case, usando tecnologie più efficienti, mettendo i doppi vetri alle finestre ed eliminando gli sprechi di risorse.

Fabio Psoroulas

Fabio Psoroulas è stato un redattore interno di Nanopress fino al 2019, occupandosi di tecnologia, sport, motori.

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