Per evitare il carcere, il fondatore della Lega Umberto Bossi chiede lʼaffidamento ai servizi sociali. I suoi legali hanno intenzione di presentare l’istanza di affidamento ai servizi sociali dopo la condanna di Bossi in via definitiva a un anno e 15 giorni. Per lui l’accusa è vilipendio al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Qualcuno lo ricorderà, nel 2011, durante un comizio, il fondatore del Carroccio definì Giorgio Napolitano un terùn. All’epoca la Lega era ancora fortemente anti-meridionalista.
Per questo motivo alcuni cittadini presentarono denuncia e Umberto Bossi fu condannato in tutti e tre i gradi di giudizio.
Nel settembre 2015 è arrivata la condanna in primo grado del tribunale di Bergamo, la città dove era avvenuto il comizio. I giudici decisero di punirlo con 18 mesi di carcere.
Poi a Brescia la pena è stata ridotta in appello nel gennaio 2017. E per ultimo il 12 settembre la Cassazione ha dichiarato “inammissibile” il ricorso alla Suprema Corte. Dunque la condanna è stata resa esecutiva.
Il 26 settembre è quindi scattato l’ordine di carcerazione per Bossi. Ma a causa delle condizioni di salute dell’ormai ex leader del Carroccio (colpito da Ictus nel 2004), i suoi legali hanno evidenziato che non è possibile per lui trascorrere la pena in carcere.
Il sostituto procuratore di Brescia ha quindi emesso un decreto di sospensione che evita la prigione a Bossi. Il quale ha dunque la possibilità di accedere a una delle misure alternative offerte dalla normativa. Ossia arresti domiciliari, semilibertà, affidamento ai servizi sociali.
Bossi vuole andare ai servizi sociali per continuare a fare politica in Senato, in sostanza. L’alternativa era chiedere la sospensione della pena e attendere il tribunale di sorveglianza, che avrebbe potuto accogliere o disporre i domiciliari. Ma questa scelta non era esente da rischi.
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