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Trivelle Adriatico, governo fa marcia indietro: ripristinato divieto entro 12 miglia marine

Gridano vittoria gli ambientalisti per il dietrofront del governo sul cosiddetto piano trivelle in Adriatico: alcuni emendamenti alla legge di Stabilità in discussione alle Camere ripristinano infatti il divieto di estrazione degli idrocarburi entro le 12 miglia marine, all’incirca 22 chilometri, dalle nostre coste. Grazie a questa marcia indietro, i contestati progetti come quello di Ombrina Mare ed altri ancora verranno immediatamente stoppati: l’esecutivo a guida di Matteo Renzi ha deciso così di evitare lo scontro con le Regioni su un piano di estrazione del petrolio che aveva scatenato diverse polemiche per i possibili danni all’ecosistema in nome di un’autonomia energetica che non tiene conto della direzione intrapresa da gran parte del mondo, che prevede la sostituzione di combustibili inquinanti con fonti rinnovabili.

In un comunicato congiunto, le associazioni ambientaliste Fai, Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Touring Club Italiano e Wwf esprimono la loro soddisfazione per l’approvazione degli emendamenti, ed auspicano ulteriori correttivi, sostenuti dalle Regioni in questa battaglia ecologica: ‘Con la presentazione di tre emendamenti alla Legge di Stabilità 2016, il governo fa un importante passo indietro e ammette di aver sacrificato sinora lo sviluppo sostenibile del Paese agli interessi dei petrolieri. Il dietrofront dimostra quanto improvvisate e strumentali fossero le norme pro-petrolieri, che hanno messo a rischio l’ambiente marino e le economie del mare pur di andare a sfruttare giacimenti che non risolvono i nostri problemi energetici. Ora, dopo gli impegni assunti a Parigi, ci auguriamo che il governo butti nel cestino la Strategia Energetica Nazionale, pro-fossili, prendendo la strada maestra di un Piano per il clima e l’energia che punti alla de-carbonizzazione dell’economia‘. Le associazioni sottolineano come le trivellazioni avrebbero garantito appena sette settimane del nostro fabbisogno energetico, facendo correre enormi rischi al nostro ecosistema marino.

Ovviamente di diverso avviso sono gli addetti ai lavori del settore petrolifero, secondo cui le trivellazioni sarebbero state un’occasione di lavoro specialmente nel Mezzogiorno d’Italia, che perde 5 miliardi di investimenti già programmati, ed una possibilità di ricchezza economica per l’intero Paese, portando l’esempio della Norvegia, Paese che deve la sua fortuna proprio alle esplorazioni marittime per la ricerca di idrocarburi. Di fatto il passo indietro del governo rende inutile il referendum anti-trivelle promosso da alcune Regioni, e rilancia la questione di un piano strategico sul fronte energetico che renda l’Italia meno dipendente dalle importazioni estere: quale occasione migliore per sfruttare l’eolico, l’idroelettrico e le altre fonti rinnovabili? La vera ricchezza del Sud Italia sono sempre state le sue risorse naturali, non certo un bene oltretutto potenzialmente inquinante come il petrolio, con il sospetto che un progetto come quello di Ombrina Mare avrebbe fatto la fortuna di pochi interessati a danno della maggioranza della popolazione.

Giulio Ragni

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