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Tonno in scatola: battaglia internazionale per il controllo del business

C’è una guerra sotterranea che da qualche tempo è in atto per il controllo del mercato americano del tonno in scatola: sotterranea perché di ufficiale non c’è nulla, benché le indiscrezioni sul’argomento, lanciate dall’agenzia Reuters, non hanno mai ricevuto smentite. Stiamo parlando di un mercato dall’ingente fatturato, che nella spesa alimentare occupa una posizione di rilievo: a dare il via alle grandi manovre strategiche la decisione del fondo inglese di private equity Lion Capital di vendere Bumble Bee Foods, uno dei grandi produttori mondiali di tonno e sardine in scatola. Un marchio che fa gola a molti soggetti internazionali, compresa una grande casa produttrice italiana, detentrice dei più noti marchi nostrani del settore.

Bumble Bee Foods ha sede a San Diego e controlla il 28 per cento del mercato statunitense: ad interessarsi al marchio sarebbero tutti i principali concorrenti internazionali, a cominciare dal gigante del settore, la Thai Union Frozen, il più importante produttore di conserve di tonno, la sudcoreana Dongwon Enterprise, che però controlla già parte del mercato Usa e potrebbe essere frenata dall’Antitrust, la cinese Bright Food, il numero uno dei cereali Post Holdings. E poi c’è l’italiana Bolton, poco nota al contrario dei marchi famosi sotto il loro controllo, così come quasi nulla si sa circa i suoi proprietari, i Nissim, milanesi di origine greca caratterizzati da un’estrema riservatezza circa il loro privato.

In ballo ci sono 1,5 miliardi dollari, una fetta di mercato davvero invitante per i possibili acquirenti. Si spera che a tutto questo interesse economico sia corrisposta un’analoga preoccupazione sulla pesca intensiva dei tonni. Ogni anno Greenpeace stila una classifica sulla sostenibilità delle scatolette di tonno presenti sul mercato: in Italia nessuno raggiunge la cosiddetta ‘fascia verde’, che garantisce ai consumatori che i tonni utilizzati non provengano da una pesca distruttiva. Negli anni sono sensibilmente migliorati comunque molti marchi, garantendo alcuni di essi entro il 2016 il 100 per cento della sostenibilità. Di tutto questo però, nella lotta senza esclusione di colpi al mercato del tonno americano, non se ne fa menzione.

Giulio Ragni

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