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Categories: Cronaca

Stupro di Firenze, anche il secondo Carabiniere in Procura: tutto quello che non torna nei loro racconti

Sono l’appuntato scelto Marco Camuffo, 46 anni, e il carabiniere scelto Pietro Costa, 32 anni, i due Carabinieri accusati dello stupro di Firenze ai danni di due studentesse USA di 19 e 20 anni. I loro nomi sono stati diffusi a distanza di giorni dal fatto e dopo non poche polemiche per un dettaglio che, in altri casi come quello di Rimini, era stato reso noto nell’immediato. Le ultime novità sul caso arrivano dalla deposizione in Procura fatta dal secondo Carabiniere: Costa infatti si è recato dai magistrati Ornella Galeotti e Rodrigo Merlo, accompagnato dal suo legale a distanza di qualche giorno dal collega. Al momento non è emerso nulla di ufficiale della sua dichiarazione, ma secondo il Corriere della Sera e La Stampa, anche lui avrebbe negato la violenza e parlato di un rapporto consenziente.

I due quotidiani riportano la stessa versione su quanto avrebbe sostenuto Costa davanti ai magistrati: quella serata fu “un errore” ma il rapporto sessuale fu consenziente con le due ragazze che li avrebbero invitati a salire nel loro appartamento. L’incontro in Procura, durato tre ore, sarebbe servito al Carabiniere per raccontare la sua versione dei fatti, quella di una notte di follia, sbagliata solo perché vissuta in divisa, ma nulla più.

Entrambi i militari hanno dunque ammesso solo parzialmente le loro responsabilità, ma la loro versione non coincide con quanto raccontato dalle ragazze e soprattutto con gli esami medici e le prove che gli investigatori stanno raccogliendo. Per di più, la Procura starebbe allargando le indagini su una presunta rete di complicità tra i colleghi che permettesse di coprire abusi simili: la sera dello stupro infatti i due Carabinieri erano insieme ad altre due pattuglie.

Stupro Firenze, cosa non torna nel racconto dei Carabinieri

I racconti dei due Carabinieri non sembrano molto credibili e, col passare dei giorni e la conferma delle prove fisiche e investigative, appaiono sempre più uno schiaffo alle vittime.

Il primo dato della vicenda è palese: i due militari hanno fatto salire sull’auto di servizio due civili quando il regolamento lo vieta se non in casi di estrema necessità, come il trasporto in ospedale. Per di più, anche in quel caso devono avvisare la centrale, cosa che Camuffo e Costa non hanno fatto.

I due devono anche spiegare il motivo per cui sono entrati nel palazzo: dire di averlo fatto per accompagnarle a casa perché ubriache significherebbe contraddire quanto entrambi hanno detto nella loro deposizione ai magistrati.

Anche il loro racconto sul “rapporto consenziente” non regge. Camuffo, il primo a parlare ai pm, ammise di aver fatto sesso ma di non essersi accorto che erano ubriache, così come il collega Costa che avrebbe aggiunto il dettaglio delle due giovani che li invitavano ad entrare.

Gli esami medici, fatti in ospedale subito dopo la violenza, hanno dimostrato che entrambe erano sotto effetto dell’alcol e una di loro anche di cannabis. Le due ragazze erano in uno stato di forte alterazione: la 19enne era particolarmente messa male tanto che, secondo i racconti delle loro coinquiline, giunte nell’appartamento sarebbe svenuta. È possibile fare sesso consenziente con una persona e non accorgersi che è ubriaca? No, non lo è.

Nel caso invece si fossero accorti dello stato di ubriachezza delle studentesse, com’è possibile che non abbiano pensato di essere di fronte a un caso di “minore difesa”, situazione che è un aggravante per il codice penale?

Ci sono poi buchi temporali nel loro percorso. Sulla vicenda sta indagando anche la Procura militare. Il procuratore militare Marco De Paolis e il sostituto Antonella Masala, contestano a Costa e Camuffo la violata consegna e il peculato: non solo avrebbero fatto salire dei civili sull’auto di servizio, ma avrebbero “modificato arbitrariamente il previsto itinerario, portandosi in settore di competenza di altra forza di polizia, nonché omettevano di riportare nell’ordine di servizio la modifica e l’accompagnamento delle due civili“, come si legge nell’avviso a comparire pubblicato dal Corriere.

Secondo quanto ricostruito, la sera del 6 settembre le tre pattuglie sono arrivate al locale, la discoteca Flò, alle 2:15, lasciandola alle 2:40, con due auto che avvisano del loro rientro in servizio alle 2:45. Costa e Camuffo a quel punto stanno portando le due ragazze a casa, senza avvisare la centrale, uscendo dal palazzo alle 3:13, come evidenziato dalle telecamere. Fino alle 4 però sono rimasti in silenzio radio e solo allora hanno comunicato di essere a un posto di blocco. Cos’hanno fatto in quel lasso di tempo? Perché non comunicare con la centrale come da regolamento?

Ultima nota: cosa avrebbero ricavato le due studentesse a denunciare uno stupro se davvero avessero avuto un rapporto consenziente? Nulla, se non la gogna mediatica. La storia dell’assicurazione sullo stupro non regge più, anche perché si tratta di una prassi comune negli USA che non hanno la sanità pubblica, come abbiamo spiegato. Tutti sono innocenti fino a sentenza definitiva: le vittime di stupro lo sono sempre e per definizione.

Lorena Cacace

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