Non è ancora arrivata ufficialmente, ma la scissione del Pd è ormai a un passo. Prima dell’assemblea di domenica appariva ancora evitabile. «Abbiamo convinto Renzi a sostenere Gentiloni fino al 2018», aveva assicurato un conciliante Michele Emiliano nel convegno della minoranza di sabato quando, insieme a Enrico Rossi e Roberto Speranza, aveva posto le condizioni per non sfasciare il Partito Democratico. L’ex premier però le loro condizioni, viste come un ricatto, non le ha accettate.
«Scissione è una delle parole peggiori, peggio c’è solo la parola ricatto, non è accettabile che si blocchi un partito sulla base dei diktat della minoranza. Tutti si sentano a casa nel Pd, liberi di discutere ma se in tutte le settimane c’è un’occasione di critica, se per tre anni si è pensato che si stava meglio quando si stava peggio, io non dico che siamo nemici né avversari ma dico ‘mettetevi in gioco’, non continuate a lamentarvi ma non potete immaginare di chiedere a chi si dimette per fare il congresso di non candidarsi per evitare la scissione non è una regola democratica», ha attaccato Renzi domenica. Confermando le dimissioni da segretario Pd e annunciando il congresso che dovrebbe portare alle primarie ad aprile o maggio. Rigettando così l’altra condizione posta dalla minoranza: congresso in estate, dopo le comunali, e primarie a settembre. «Se accetti questo percorso, io non appoggerò più la scissione», aveva garantito il governatore della Puglia Emiliano sabato. Insomma, Renzi non vuole cedere ai ricatti e, di fatto, ha chiuso la porta in faccia ai ribelli.
Emiliano, Rossi e Speranza: «Scissione scelta di Renzi»
Tanto che nella serata di domenica è arrivato il comunicato congiunto firmato Emiliano, Rossi e Speranza: «Anche oggi nei nostri interventi in assemblea c’è stato un ennesimo generoso tentativo unitario. È purtroppo caduto nel nulla. Abbiamo atteso invano un’assunzione delle questioni politiche che erano state poste, non solo da noi, ma anche in altri interventi di esponenti della maggioranza del partito. La replica finale non è neanche stata fatta. È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima». Martedì, nella direzione Pd, la resa dei conti. Salvo sorprese, Emiliano, Rossi e Speranza sono pronti a lasciare.
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