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Sanremo 2016, Miele a NanoPress: ‘Il mio difetto è la mia forza’ [INTERVISTA]

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E’ proprio il caso di dirlo, c’è Miele…tra i giovani di Sanremo 2016. Parliamo della cantante 26enne Manuela Maria Chiara Paruzzo, in gara tra le Nuove Proposte del Festival con il brano Mentre ti parlo, una canzone che parla di emancipazione femminile e del rapporto tra padre e figlia, come ha spiegato la stessa Miele nell’intervista rilasciata a NanoPress. A noi, infatti, ha parlato del motivo per cui ha deciso di chiamarsi così e del rapporto che ha con il difetto dei suoi occhi che, da punto debole, è diventato motivo d’orgoglio.

Cosa porta un artista a cambiare il proprio nome?

Non mi sono mai posta il problema di scegliere un nome d’arte. Il mio nome è abbastanza lungo, quindi da un lato ero felice, perché per la prima volta potevo scegliere come chiamarmi, dall’altro avevo paura che mi potesse snaturare, o potessi pentirmene. Ho scelto questo nome perché il miele è un alimento dolce, ma anche molto denso e con un sapore molto forte. Nella vita sono molto timida, molto dolce, ma al momento di salire sul palco ho un approccio e una vocalità forti.

A proposito di palco, a breve ti vediamo all’Ariston in gara tra i giovani di Sanremo. Com’è l’atmosfera?

Da poco ci sono state le prove con l’orchestra: metti per la prima volta piede all’Ariston, devi prepararti, cercare di saper gestire la situazione, però è anche il momento in cui te la devi godere, perché non capita tutti i giorni.

Chi c’era con te e cosa hai fatto durante le prove?

La cosa bella è che prima di me c’era Patty Pravo che provava. Pensare che su quel palco prima di te c’è una grandissima artista di quel calibro già mi metteva un pochino di ansia. All’inizio ho guardato un po’ il teatro, perché non l’avevo mai visto, ma la mia attenzione è stata nei confronti dei musicisti. L’orchestra mi ha proprio stordita, mi piaceva osservarli, osservare cosa accadesse mentre stavano suonando il mio brano.

Momenti di condivisione prima delle prove?

Con alcuni artisti sì, ma purtroppo non proviamo tutti lo stesso giorno. Ho incontrato Mahmood: è stato lì a guardare le mie prove e ci siamo abbracciati, perché comunque ci conosciamo già da un po’ di tempo. Abbiamo fatto il percorso di Area Sanremo assieme, quindi è stato piacevole e anche un po’ un supporto. Diciamo che il mio compagno di pre-prova è stato Alessandro Mahmood, ma quando ho visto Patty Pravo è stato un momento particolare.

A proposito di Mahmood, come lui provieni da Area Sanremo. Perché hai scelto questo percorso e non le selezioni di Sanremo Giovani?

Da quello che so e che ho capito, l’unica differenza è che Area Sanremo ti dà la possibilità di partecipare senza il supporto di una casa discografica. Io e Alessandro non ce l’avevamo e quindi abbiamo deciso così. Sono molto felice di aver fatto questo percorso.

Secondo te, c’è differenza tra la gara di Sanremo e quella dei talent show?

Secondo me sì. Innanzitutto è completamento diverso il format. Un talent dura tantissimi mesi, i ragazzi sono sottoposti a esami, discussioni e si esibiscono cantando delle cover. Spesso ci sono sicuramente persone valide che dietro hanno un progetto o una storia, ma ci sono anche persone che man mano iniziano a prendere forma. Dal mio punto di vista, parlo per quello che sto vivendo io, ho visto che ci sono 8 ragazzi con otto storie differenti e con dietro dei progetti, al di là di Sanremo e di tutto questo. Secondo me la cosa che rende differente il talent da Sanremo è questa: Sanremo è Il Festival della Canzone, porti sul palco il tuo brano e quindi la tua storia, invece in un talent sale sul palco l’artista, l’attenzione è sul personaggio.

Su 8 giovani di Sanremo, 5 sono uomini e solo 3 donne. Lancio una provocazione: i cantanti sono più bravi delle cantanti?

No, dal mio punto di vista no. Per me non bisognerebbe parlare né di sesso, né di razza, né di provenienza, ma dare attenzione al brano e alla storia che viene portata su quel palco. Che lo strumento sia una voce femminile o una voce maschile a me non importa e non ho mai pensato a questa cosa, perché ci sono tantissime altre cose che si potrebbero dire. Sono contenta del fatto che ci siano 8 canzoni totalmente diverse, alcune mi piacciono tanto. Se la scelta è stata fatta in base al brano e alla storia, il resto non importa.

Allora perché la commissione ha scelto così?

Se dovessi guardare al panorama italiano, gli ultimi vincitori e i cantanti che sono emersi in questo periodo, facendo un piccolo excursus da Emma a Alessandra Amoroso, Annalisa, Deborah Iurato, Noemi, Chiara Galiazzo, Francesca Michielin, non penso che ci sia stata una discriminazione, o comunque non l’ho percepita. Secondo me la commissione non ha fatto un taglio basandosi sul genere, ma basandosi sui brani in gara. Vuol dire che i brani dei 5 ragazzi quest’anno in gara erano più belli rispetto a quelli che sono rimasti fuori. Io ti rispondo così. Non posso darti una risposta differente. Se si valutano i brani, o sei maschio o sei femmina non vuol dire che sei più bravo o meno bravo, ma che il tuo brano è più bello, indipendentemente da una voce maschile o femminile.

Secondo te quali sono stati i criteri di selezione?

Ho avuto la sensazione che quest’anno la priorità delle scelte sia stata fatta sulle tematiche.

Lo scorso 27 novembre hai saputo di essere finalista di Sanremo in diretta tv. Cos’hai pensato?

Provenendo da un percorso differente, noi di Area Sanremo non abbiamo avuto lo stesso percorso degli altri ragazzi, che hanno fatto delle selezioni con la commissione Rai del 27 novembre. Noi di Area Sanremo abbiamo sostenuto tantissime audizioni con un’altra commissione, siamo stati valutati a porte chiuse, quindi non abbiamo avuto un riscontro o dei giudizi in merito alla nostra performance. Siamo stati proclamati vincitori di Area Sanremo e abbiamo cantato e basta.

A proposito di TV, come funziona quest’anno Sanremo Giovani?

Ho difficoltà a rispondere a questa domanda. So che ci esibiremo in prima serata e di questo sono felice perché può essere un aiuto alla musica emergente. Ancora non sappiamo bene come funzionerà, in che giorno ci esibiremo e come sarà strutturato il tutto. Non ho tantissime informazioni al riguardo.

Carlo Conti uomo di televisione, ma anche di radio. Cosa sta facendo per voi giovani a Sanremo?

La cosa che ho apprezzato in particolar modo durante questi giorni di prove è il fatto che lui fosse lì. Io ho finito di fare una prova e lui era lì ad osservarci, ad osservarmi. Non è solo un presentatore – che non vuol dire che se è solo un presentatore non serve a niente – però si vede che è un appassionato di musica e che è una persona attenta a quello che sta succedendo. Sicuramente è un lavoro per lui, ma nello stesso tempo ho visto che stava lì a guardare, a interagire anche con noi e quindi sono molto contenta. Mi ha fatto piacere trovarlo lì mentre stavamo facendo le prove.

Sul palco, però, ci saranno anche gli altri. Chi merita di vincere Sanremo Giovani?

Ti posso dire qual è il brano che in assoluto a me piace, poi se merita di vincere non sarò io a dirlo. Per me il brano più bello è Odio le favole di Ermal Meta.

Pensi che vincerà lui?

Non lo so. Non sono in grado di dirti chi potrebbe vincere. Ho serie difficoltà a farlo, anche perché io sono tra i partecipanti. Dal mio punto di vista quel brano piace, ci tengo a dirlo.

Invece Cecile è in gara col brano N.e.g.r.a, canzone che affronta un tema social-e molto forte. Che ne pensi?

Quando scrivo un brano non penso alla tematica, piuttosto lo scrivo per necessità. Non sapendo per quale motivo lo ha scritto Cecile non so darti una risposta. Bisognerebbe sempre portare un brano in cui si crede fortemente, un brano credibile non solo verso il pubblico, ma di cui ti assumi tutte le responsabilità, qualunque siano le critiche, positive o negative. Se tu credi nella tua storia, stai portando la verità, dal mio punto di vista è quello il fattore importante. Se temo la canzone? No. Penso che questo tema è attuale, se ne parla, se n’è parlato e se ne continuerà a parlare. Io non sarei riuscita portare un brano del genere, perché non potrei scriverlo, ma lei sicuramente si sarà trovata in mezzo a delle esperienze che l’hanno portata a scrivere quel brano.

Una frase della tua canzone recita ‘Dovrei sbagliare di meno mentre ti parlo di me’. Che storia racconti e a chi ti riferisci?

Il brano parla di un rapporto tra una figlia e un padre, ma in generale è un brano sull’emancipazione, sulla ricerca della propria strada, del proprio percorso. E’ quasi un urlo contro chi cerca spesso di ostacolare la tua strada. In realtà l’urlo è proprio ‘Voglio camminare con le mie gambe’. Questa è l’emancipazione di cui parlo.

Hai sentito le canzoni dei Big?

Ne ho ascoltate pochissime, perché durante quei giorni non eravamo tutti lì. Ho avuto modo di ascoltare il brano di Caccamo e Deborah Iurato che a me è piaciuto veramente tanto, mi ha sorpreso. Sono rimasta molto colpita dall’interpretazione di Giovanni Caccamo ed è davvero un bel brano. Gli altri purtroppo non li ho sentiti. I miei preferiti in genere sono Patty Pravo, Gli Stadio e Neffa.

A proposito degli Stadio, cosa bolle in pentola?

Ho inserito nel mio disco una cover degli Stadio, che è quella che ho pubblicato sui social: ‘Grande figlio di puttana’. Quella canzone mi piace tantissimo, Gli Stadio è un gruppo che adoro. La cosa che mi ha colpito – forse è una coincidenza che ho scoperto tre giorni fa – è che io sto portando un brano che parla di un rapporto tra figlio e padre dal punto di vista di una figlia, mentre il loro brano parla sempre di un rapporto padre-figlia, ma dal punto di vista del padre. Sarò felice di conoscerli, non li conosco personalmente, però avrei voglia di conoscerli.

Sei siciliana come Carmen Consoli. In cosa ti rivedi in lei?

Ho avuto modo in questo periodo di guardare dei video in cui si esibiva per le prime volte a Sanremo e mi ha colpito quando ha portato a Sanremo ‘Confusa e Felice’ nel ’97: lei è arrivata con la sua chitarra elettrica, mi è sembrata anticonvenzionale e questa cosa mi è piaciuta tanto. La cosa che mi ha fatto impazzire è stato il movimento del suo corpo durante l’esibizione: non era prestabilito, non c’era coreografia, ma la necessità di muoversi e di perdere il controllo. Io quando salgo sul palco in un certo senso ho questa perdita di controllo e mi sono rivista un po’ in lei.

Cosa si dice a Sanremo su Gabriel Garko dopo la notizia dell’esplosione?

Mi trovavo giù quando è successo questo fatto, l’ho appreso tramite social e so quanto voi. Da quello che ho capito, sarà a Sanremo. Io so che non dovrebbero esserci problemi e che dovrebbe salire sul palco.

Sanremo è musica, ma anche pailettes. Non ti preoccupa l’appariscenza del Festival?

No, penso che la verità paga sempre, gli artifici a lungo andare non interessano a nessuno. Penso che il mio punto di forza è che sul palco sono me stessa. Il Festival di Sanremo è guardato da tantissime persone normali, come me e chiunque altro. Siccome io mi riconosco nel popolo, voglio dare questa immagine di me, ovvero la verità. Voglio sentirmi normale, far capire che voglio fare musica come il medico vuole fare il medico.

C’è qualcosa che non ti ho chiesto?

Ho deciso di intitolare il mio disco Occhi. E’ un omaggio al mio sguardo. Ho sempre avuto un rapporto un po’ particolare con il mio sguardo, perché ho un piccolo difetto agli occhi e l’ho sempre considerato un punto debole, solo che non ho mai avuto voglia di cambiarlo, perché i miei occhi sono anche il mio orgoglio, perché ne vado fiera, perché mi rendono unica proprio perché in un difetto c’è la particolarità che ti rende diversa dagli altri. E’ importante amarsi, prendersi cura di se stessi e non farsi influenzare da quello che poi ti impone un po’ la società.

Che rapporto c’è tra i tuoi occhi e la tua musica?

Più che altro, ha influenzato il mio rapporto con la vita: è stato talmente un punto debole che mi creava imbarazzo,si evinceva la mia insicurezza dal mio sguardo. Ha influenzato la mia musica perché ho avuto il coraggio di farlo diventare un punto di forza, che per me poi non è un difetto, ma anche il mio orgoglio. Voglio sottolineare il fatto che bisogna andare fieri di ciò che si è.

Raffaele Di Santo

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