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Categories: Cronaca

Sana Cheema: assolti i familiari in Pakistan per mancanza di prove

I giudici che dovevano emettere la sentenza di colpevolezza per il il padre, lo zio e il fratello di Sana Cheema, la 25enne italo-pachistana portata via da Brescia nell’aprile del 2018 per costringerla a nozze combinate, hanno invece ribaltato il risultato del processo, assolvendo gli accusati per mancanza di prove.

Sana si trovava bene in Italia. Aveva seguito le scuole superiori a Brescia, aveva trovato lavoro in una scuola guida. Si era innamorata di un ragazzo italiano, e forse proprio l’amore che provava verso lui non era mai stato accettato dalla sua famiglia, tanto che poi avrebbero – appunto – obbligato Sana ad accettare un matrimonio combinato.

Secondo l’accusa i parenti (alla sbarra sono finite 11 persone in tutto) l’avrebbero uccisa perché la ragazza, che aveva 25 anni, voleva sposare un italiano e non accettava le imposizioni del padre.

I depistaggi per sviare le indagini

I familiari avevano inizialmente detto che Sana era morta per cause naturali, poi che era stata vittima di un incidente, ma l’autopsia rivelò che era stata strangolata. L’omicidio avvenne nel distretto pakistano di Gujrat, tra Islamabad e Lahore.

Va comunque ricordato che nel corso delle indagini, i tre familiari confessarono di aver ucciso la ragazza perché aveva “disonorato” la famiglia, essendosi innamorata di un italiano. Questa confessione poi fu nuovamente ritrattata.

Leggi anche: La storia di Sana Cheema, uccisa per aver rifiutato un matrimonio combinato

La confessione ritrattata

Quindi fu chiarito che la morte della giovane era stata provocata da qualcuno. Le indagini hanno quindi coinvolto diverse persone della famiglia di Sana.

Dopo tre mesi di processo, il giudice Amir Mukhtar Gondal, del tribunale di Gujrat, nel Punjab, ha ordinato il rilascio del padre di Sana, Ghulam Mustafa Cheema, dello zio Mazhar Cheema e del fratello Adnan per mancanza di prove sicure che possano attestare la loro responsabilità.

Gli amici bresciani della ragazza, che sui social subito denunciarono il caso, hanno in diverse occasioni sostenuto, invece, che la ragazza aveva pagato con la vita il suo desiderio di vivere la sua vita in libertà, potendo decidere chi sposare, con chi trascorrere il suo tempo, tempo che le è stato strappato via per sempre.

Kati Irrente

Giornalista per vocazione, scrivo per il web dal 2008. Mi occupo di cronaca italiana ed estera, politica e costume. Naturopata appassionata del vivere green e della buona cucina, divido il tempo libero tra musica, cinema e fumetti d'autore.

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