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Categories: Economia

Riqualificazione energetica degli edifici: un business green per uscire dalla crisi

Il 19 luglio, è entrato in vigore il Dlgs 102/2014 che recepisce la Direttiva 2012/27/UE per dare il via ad un piano da 800 milioni di euro per gli interventi di riqualificazione energetica, dove viene incentivata la riduzione dei consumi energetici degli immobili, con l’obiettivo di avere il maggior numero di edifici a Energia Quasi Zero (come previsto dal Dlgs 192/2005), ottenendo una riduzione dei consumi di energia primaria del -20% entro il 2020. In questo processo sono coinvolte anche le Pubbliche Amministrazioni grazie a ben 30 milioni di euro per gli anni 2014-2015. Cosa vuol dire però nella pratica riqualificare? Cerchiamo di avere una visione d’insieme degli interventi con Thomas Miorin, il Direttore di Habitech, il Distretto Tecnologico dell’Energia e dell’Ambiente, che presenterà anche la terza edizione di ReBuild il 25 e 26 settembre a Riva del Garda, una conferenza internazionale dedicata al business del recupero degli edifici.

Perché riqualificare?
«Com’è noto, a livello italiano ed europeo esiste una forte dipendenza energetica e gli edifici ne utilizzano circa il 40%. Il patrimonio immobiliare italiano è il secondo più vecchio d’Europa, e 3/4 di questo ha più di 40 anni. Oggi abbiamo una grande possibilità, ovvero riqualificare. A livello macro potremmo avere un grande impatto, potendo ridurre di circa il 40% il consumo d’energia elettrica laddove s’intervenga in modo massiccio, e di circa il 60% del gas europeo: anche a livello geopolitico si creerebbe un quadro nuovo. Il settore sta comunque crescendo meno di quello che potrebbe e sta facendo meno di quello che dovrebbe a causa di due fattori principali: il primo è capire come ci si approccia a una riqualificazione di un edificio già esistente, il secondo è l’applicazione di queste buone pratiche su larga scala, rendendola una politica economica e commerciale oltre che energetica per questo paese. Visto che questi interventi devono essere fatti è giusto farli in maniera strutturale»

Stiamo quindi commettendo degli errori già sulla linea di partenza
«Anche se la riqualificazione è partita, stiamo assistendo a una riqualificazione non radicale, non con una riduzione dei consumi di almeno il 40-50%. Presto ci troveremmo davanti a delle direttive europee sempre più strette che andranno proprio in questa direzione. Gli incentivi non stanno andando in questo senso, anche se dobbiamo considerarli assolutamente positivi, perché non pongono la prestazione al centro dell’attenzione, non è qualcosa di strutturale ed integrato. Se il cambio della caldaia non è inserita in un sistema integrato l’intervento può essere vanificato perché magari erano necessari gli infissi o viceversa. L’operazione di riqualificazione richiede un vero e proprio cambio dell’intera filiera edilizia. È necessario che ci sia qualcuno che metta insieme tutti gli interventi, che sappia parlare un linguaggio tecnico e garantire un ritorno economico: non possono intervenire separatamente il ferramentista, l’impiantista e il serramentista, deve esserci una figura che unisca tutto questo per rendere l’intervento realmente efficace»

Si sono fatti dei piccoli passi avanti grazie ad alcuni strumenti a disposizione?
«Uno degli elementi che ha aiutato a supportare il processo di riqualificazione è sicuramente quello della certificazione di sostenibilità, che si traduce, in campo edilizio, spesso con la certificazione Leed (Leadership in Energy and Environmental Design), che rivela la qualità energetica ed ambientale di un edificio, certificandone la sostenibilità e la qualità dell’immobile stesso. Il valore coinvolto di immobili che lo utilizzano è di 4 miliardi e mezzo di euro, sempre in crescita. Oggi è scelta da diverse centinaia d’imprese per dare un valore al loro immobile. Come Habitech abbiamo circa la metà del mercato italiano come certificazione Leed e tra i nostri progetti già conclusi ci sono l’Università Cà Foscari, l’i.Lab Italcementi, la Torre Unipol e il Centro Servizi Fiera Milano»

La riqualificazione non è solo un modo per risparmiare ma anche per creare occupazione
«La bolletta degli edifici della pubblica amministrazione è di circa 6 miliardi annui, se riuscissimo a intervenire in questo tipo di consumi, riducendoli, avremmo risultati di assoluto interesse anche da un punto di vista occupazionale, visto che si sono creati con la riqualificazione più di 236 mila posti di lavoro, che potrebbero tranquillamente diventare 400mila nel 2017»

Quando conviene riqualificare invece di ricostruire?
«Spesso viene fatta confusione in questo campo. Ci sono diversi tipi di convenienza, bisogna capire e tenere conto di tre fattori. Partiamo da quello energetico ambientale che deve aver presente il quadro completo delle emissioni. La domanda da porsi è: cosa vuol dire demolire e smaltire invece di ristrutturare? Questo si collega sicuramente al concetto di convenienza economica. Infine esiste la convenienza identitaria, legata al valore della conservazione del patrimonio immobiliare. Tutti e tre i fattori devono essere studiati con competenza e lucidità».

Cosa dobbiamo tenere presente quando dobbiamo riqualificare?
«Oggi i 3/4 dei possessori di immobili italiani devono riqualificare, affrontando spese anche di decine di migliaia di euro. Precisiamo che, al di là della diminuzione della bolletta, che arriva almeno al 50% se fatto in modo adeguato, la riqualificazione profonda non è sproporzionalmente più elevata rispetto a quella convenzionale. Oltre a quelli energetici vanno considerati altri aspetti: primo fra tutti la sicurezza, ci possono essere dei rischi evidenti, come quello sismico, seguito dalla salubrità degli spazi. Contando che passiamo l’80% del nostro tempo in edifici chiusi è importante che questi siano confortevoli. Infine, non è trascurabile il fatto che una volta riqualificato l’immobile recupera un valore, anche per quanto riguarda un possibile contratto d’affitto: oggi gli affittuari si spostano anche in base a criteri di efficienza»

Il settore pubblico come ha reagito a questo tipo d’interventi?
«Negli ultimi anni si è sempre pensato che costruire sostenibile o intervenire in questo senso fosse troppo costoso, non prendendo neanche in considerazione progetti di questo tipo. Spesso i bandi, visto anche il periodo di crisi, sono stati al massimo ribasso e questo ha poi creato dei problemi. Fortunatamente nell’ultimo periodo ci sono dei casi di amministrazioni più lungimiranti che hanno capito che sostenibile vuol dire anche e soprattutto qualità elevata dell’immobile. Ad esempio la provincia di Trento è stata la prima in Italia ad adottare Leed come certificazione di ogni nuovo edificio pubblico che si andava a costruire, e la nuova legge urbanistica promette d’utilizzare parametri innovativi per quanto riguarda la sostenibilità ambientale».

Simona Buscaglia

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