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Raid Macerata, Traini: ‘Volevo andare in Tribunale e uccidere l’assassino di Pamela’

[didascalia fornitore=”ansa”]Luca Traini al momento dell’arresto[/didascalia]

Nessuno pentimento per Luca Traini, il 28enne che sabato 4 febbraio ha sparato contro un gruppo di migranti di colore per le strade di Macerata, ferendone 6 (di cui 2 gravemente), anzi, il suo è stato un atto deliberato, come ha spiegato lui stesso ai Carabinieri al momento del fermo: la sua intenzione era di andare in tribunale e uccidere il presunto killer di Pamela Mastropietro, ma poi ha cambiato idea, come ha spiegato il procuratore di Macerata, Giovanni Giorgio. “Sono rimasto sconvolto dalle modalità brutali con le quali è stata uccisa Pamela così ho deciso di fare un’azione personale”, avrebbe spiegato. ”Volevo andare in tribunale e fare giustizia, volevo colpire il nigeriano ma poi ho cambiato idea”.

Candidato per la Lega alle comunali del 2017 e incensurato, ora è rinchiuso in isolamento nel carcere di Montacuto, ad Ancona, lo stesso in cui si trova Innocent Oseghale, 29 anni, accusato dell’omicidio della 18enne. Per Traini l’accusa è di tentata strage con l’aggravante razzista, oltre al porto abusivo d’armi.

Lo stesso Traini ha poi spiegato di aver preso di mira la sede del PD e alcuni negozi che, ricordano gli inquirenti, sono frequentati da migranti o vicino a luoghi di spaccio. Prima di arrendersi è andato nei pressi della villetta dove sono state ritrovate i trolley con i resti di Pamela, si è fermato a pregare, ha lasciato una scatola di proiettili vuota e un cero votivo con l’immagine di Benito Mussolini.

Infine si è recato in piazza Vittoria e si è fatto arrestare, avvolto nel Tricolore, sulla scalinata del monumento ai caduti. “Quando è stato arrestato la pistola era in macchina e dunque dobbiamo ritenere che avesse completato il suo originario progetto”, ha concluso il procuratore.

Traini: ‘Tutti i neri sono spacciatori’

Sarebbe stato l’omicidio di Pamela Mastropietro a scatenare la sua furia, come ha confessato lui stesso ai Carabinieri. “Ero in auto e stavo andando in palestra quando ho sentito per l’ennesima volta alla radio la storia di Pamela. Sono tornato indietro, ho aperto la cassaforte e ho preso la pistola”, avrebbe dichiarato agli uomini dell’Arma. Nessun pentimento nelle sue parole: “Tutti i neri sono spacciatori. Ne avevo già picchiati altri due in passato, avevano rovinato la vita delle ragazze di cui ero innamorato. Dopo Pamela ho pensato: ‘Li faccio fuori tutti'”.

Il tenente colonnello Michele Roberti, comandante provinciale dei carabinieri di Macerata, ha confermato in un’intervista a RaiNews 24 che il raid di Macerata è stato “il gesto di un folle” quindi “non riconducibile ad alcuna organizzazione strutturata” e che il Traini, al momento dell’arresto, era “tranquillo e lucido”.

Il 28enne è stato fermato dai militari nei pressi dei monumenti ai caduti avvolto nel Tricolore: al momento del fermo ha fatto il saluto romano. La deriva fascista dell’attentato ai danni dei sei migranti di colore è chiara nelle parole e nei gesti del giovane: durante la perquisizione nella casa di Tolentino dove vive con la madre è stata trovata una copia del Mein Kampf, il libro scritto da Adolf Hitler, una bandiera con la croce celtica e altre pubblicazioni riconducibili all’estrema destra.

[didascalia fornitore=”ansa”]Il materiale della destra nazi-fascista trovato a casa di Traini[/didascalia]

Anche al momento dell’arresto, lo stesso Traini ha confermato la chiave razzista del suo gesto. “Non ha mostrato alcun rimorso per quel che ha fatto e non ha accennato alcun passo indietro né ha mostrato pentimento”, sottolineano fonti investigative. Finora il 28enne è sempre stato lucido e determinato, spiegano ancora gli inquirenti.

Tra lui e Pamela Mastropietro non sono emersi rapporti diretti, nonostante il tentativo della segretaria provinciale della Lega, Letizia Marino, che aveva parlato di un rapporto di Traini “con una ragazza romana tossicodipendente”: a smentirla sono stati i genitori di Pamela e gli stessi inquirenti.

Il suo difensore, l’avvocato Giancarlo Giulianelli, ha però chiarito che la linea di difesa sarà quella dell’incapacità di intendere e volere al momento della sparatoria. “Il gesto si pone al di là di qualsiasi logica: la morte di Pamela ha creato un blackout totale nella sua mente”, ha fatto sapere il legale. Traini è ora in isolamento in carcere, il più lontano possibile da altri detenuti di colore, in attesa dell’interrogatorio di garanzia.

Sparatoria a Macerata, la dinamica

Tutto è iniziato alle 11 di sabato 3 febbraio quando Luca Traini, 28 anni di Tolentino, incensurato di estrema destra e candidato nel 2017 per la Lega al consiglio comunale di Corridonia, sale sull’auto con la sua pistola e una grande riserva di proiettili con uno scopo: uccidere persone di colore.

I primi colpi li spara a Sforzacosta, cittadina vicino Macerata dove qualche settimana fa c’era stato un accoltellamento fuori da una discoteca, poi entra a Macerata e inizia a sparare all’impazzata senza mai scendere dall’auto in via dei Velini. Scatta l’allarme in città, il sindaco fa emettere un avviso in cui chiede agli abitanti di non uscire di casa, mentre Traini continua a seminare violenza, sparando in via Spalato, vicino alla casa dove viveva il presunto assassino di Pamela, contro la sede locale del PD e in corso Cairoli.

Dalla sua Glock calibro 9, regolarmente dichiarata ma per scopi sportivi (da qui l’accusa di porto d’armi abusivo), sono stati esplosi oltre 30 colpi, con sei feriti, tutti di colore.

Dopo due ore, è stato fermato dai Carabinieri nei pressi del monumento ai caduti, avvolto nella bandiera italiana e con tanto di saluto fascista. “Ho capito che era venuta l’ora di vendicare la morte di Pamela Mastropiero, e che andava vendicata colpendo i neri. Il mio è un messaggio. L’ho voluto lanciare perché bisogna contrastare l’eccessiva presenza di immigrati in Italia”, avrebbe detto Traini, come riportato da Repubblica.

Raid Macerata, chi sono le vittime

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Sono sei le vittime del raid di Macerata, tutte di colore, tra i 22 e i 33 anni, provenienti dall’Africa sub-sahariana (Mali, Gambia e Nigeria) e non hanno lesioni preoccupanti: il più grave è un nigeriano che ha avuto una ferita perforante al torace con ematoma epatico, una donna è stata ferita alla spalla sinistra mentre gli altri presentano rispettivamente una lesione vascolare all’avambraccio sinistro, una ferita alla coscia destra, una lesione alla spalla destra e una ferita di striscio ad un gluteo.

“Sono spaventati, si sono sentiti oggetto di una caccia all’uomo”, ha dichiarato il responsabile dell’Area vasta 3 di Macerata, Alessandro Maccioni. “Sono impauriti, hanno lo sguardo perso, si sono sentiti oggetto di una caccia all’uomo senza sapere il perché”.

Questi i nomi dei feriti nel raid di Macerata emersi sulla stampa: Jennifer, Nigeria (25 anni); Mahamadou, Mali, (28); Wilson, Ghana (20); Festus, Nigeria (32); Gideon, Nigeria (25); Omar, Gambia, (23).

Lorena Cacace

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