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Pj19 di Vetrya, l’app per tracciare il Coronavirus: la tecnologia al servizio della salute

Mai come in questo momento storico l’ingegno umano, gli strumenti tecnologici a nostra disposizione e l’effetto resiliente dell’individuo e della società ad una crisi, possono e devono unirsi per dare vita a qualcosa di risolutivo e funzionale, al servizio della collettività e a sostegno di una speranza che non deve mai venire meno. Con queste premesse nasce Pj19, l’app di Vetrya, che sul modello d’azione coreano darà la possibilità di tracciare in modo puntuale l’andamento del Coronavirus, per limitare e fermare i contagi.

Pj19, perché una app per combattere il Coronavirus

Da giorni i virologi chiedono una mappatura dettagliata di sintomi e contagi, necessaria per capire come combattere (insieme ad altri interventi mirati come tamponi a tappeto e misure di contenimento in caso di positività o sospetta tale) l’avanzamento del virus che ci sta tenendo inchiodati agli schermi, chiusi in casa.

Il Governo ha così dato il via ad un bando per trovare velocemente soluzioni tecnologiche a supporto dell’intento di fermare i contagi e prevenire eventuali picchi di ritorno.

Così Vetrya, società leader per le soluzioni digitali, ha sviluppato in risposta a Innova per l’Italia – l’iniziativa promossa dal Governo – Pj19, una app per smartphone che, con un sistema di mapping basato sull’intelligenza artificiale, contribuirà a monitorare tutti i cambiamenti legati ai contagi e ai sintomi del Coronavirus.

Il progetto nasce infatti da un’attenta analisi delle reali esigenze delle strutture sanitarie, di sicurezza nazionale e di monitoraggio della diffusione del Covid-19 da parte della Protezione Civile.

“È il nostro contributo al Paese, per supportarlo nella lotta al Covid-19 nel rispetto dei dati degli italiani”, spiega Luca Tomassini, Founder, Chairman e CEO di Vetrya.

La app ricaverà in tempo reale i dati dei contaminati, stabilirà quali sono le correlazioni tra gli individui e fornirà un quadro dettagliato e in continuo divenire sull’andamento del virus alle strutture competenti.

«Si tratta di una soluzione tecnologica per intero frutto delle competenze italiane che si avvale del supporto del CNIT, il Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni che consorzia 37 università italiane e 8 unità di ricerca presso il nostro CNR e che intende tutelare nel migliore dei modi il rispetto della privacy e le esigenze di protezione dei dati degli italiani», sostiene ancora Tomassini.

Il quale aggiunge che l’unica realtà in grado di tutelare la privacy dei dati dei cittadini anche in questo caso potrà essere soltanto la Sogei, la società del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che tutela già i dati sensibili di 60 milioni di italiani. Tuttavia il CEO di Vetrya ci tiene a ricordare che la nostra privacy è sotto attacco da anni da parte di social dietro cui albergano aziende con soli scopi di lucro, mentre in questo caso si tratta di tutelare certamente la privacy il più possibile, ma che polemiche a riguardo potrebbero non essere opportune visto che si tratta di un’emergenza nazionale (e internazionale) che minaccia la salute dei singoli individui e dell’intero Paese Italia.

Serpeggia infatti fra gli italiani la paura distopica di una sorveglianza non autorizzata, una sorta di Grande Fratello alla George Orwell, che potrebbe prendere il sopravvento anche dopo il contenimento del virus. Ma c’è poco tempo in effetti per disquisire di questioni morali, politiche, filosofiche: la catastrofe è già dietro l’angolo e non certo per una mancata tutela della privacy. Il rischio è di collassare economicamente come Paese e di morire come individui, mettendo al tappeto tutti i sistemi integrati dello Stato, a partire da quello sanitario, già precario prima dell’emergenza. E poi si tratterebbe di avere accesso ai dati per un tempo limitato e definito, per la salvezza di tutti. Sarebbe proprio il caso di citare un bel “il fine giustifica i mezzi” di machiavelliana memoria.

Dunque perché non seguire il modello sud-coreano che in due settimane è già riuscito a contenere enormemente i contagi? E perché per farlo serve una mappatura così dettagliata?

Intanto per monitorare gli spostamenti degli individui e controllarne così l’esposizione ai rischi, per limitare i contagi il più possibile; in secondo luogo per tracciare i parametri di salute dei cittadini, soprattutto di quelli contagiati e/o a rischio per problemi pregressi. Incrociare queste due tipologie di dati permetterebbe interventi mirati e tempestivi da parte delle autorità e delle strutture competenti.

Pj19 di Vetrya, come funzionerà la app per mappare il Coronavirus

Non sono ancora stati resi noti i dettagli del funzionamento di Pj19, ma sappiamo che si tratterà di una app facilmente scaricabile sullo smartphone, come qualunque altra app, e che utilizzerà probabilmente strumenti di geolocalizzazione, sistemi di automonitoraggio delle condizioni di salute, form per la comunicazione di dati, collegamenti con le principali strutture sanitarie e governative e, come annunciato ufficialmente, una mappatura dotata di AI per verificare l’interconnessione fra gli individui.

Per l’utente finale, lo sforzo sarà minimo: si tratterà di indossare un braccialetto bluetooth tipo smart band e di portare sempre con sé lo smartphone con la app installata, ferme restando le ormai note regole da rispettare in modo ferreo in questo momento di emergenza (altrimenti sarà vana qualsiasi soluzione tecnologica).

L’applicazione infatti non prevede nessuna operatività da parte dell’utente finale. Opererà in background senza interferire in nessun modo sul proprio smartphone. All’utente, in fase di installazione, verranno solo mostrate le condizioni di utilizzo.

Il fatto che i dati (ultrasensibili) che saranno oggetto della app di Vetrya verranno trattati indipendentemente dalle società di telecomunicazione, con la dovuta perizia e il dovuto controllo normativo da parte di una realtà come Sogei, per un periodo limitato nel tempo come da Regolamento Europeo, è importante per tranquillizzare chi teme l’effetto distopico orwelliano.

Chi è Vetrya e perché la Pj19 è una risposta ottimale all’appello del Governo

Vetrya è un gruppo totalmente made in Italy, quotato su Mercato Alternativo del Capitale AIM, che parte dalla convinzione che ormai la tecnologia e le connessioni digitali fanno parte di tutti gli aspetti della vita contemporanea e ne saranno sempre più integrati.

Operando nei settori digital, media, mobile, advertising, entertainment e telco, Vetrya si propone di rendere l’innovazione tecnologica un punto di forza non solo per l’azienda stessa, ma anche per tutti coloro che ne usufruiscono, quindi per tutti noi.

La tecnologia, secondo Vetrya, deve essere utilizzata come uno strumento positivo al servizio del singolo individuo e della collettività, nel rispetto delle norme e dei diritti di ognuno.

Fra i clienti e i partners di Vetrya troviamo oltre ai principali operatori di telefonia Wind, Vodafone, Tre e Tim, anche realtà come Trenitalia, Alitalia, Poste Italiane, Rai, la Santa Sede, Mondadori, Microsoft, Unicredit, Walt Disney Pictures, Confindustria, Google, Amazon.

Pj19, l’app sviluppata da Vetrya, è dunque la risposta ottimale al bando lanciato del Governo per diversi motivi: è già pronta, quindi risponde al requisito imprescindibile della tempestività; è studiata appositamente per fornire i dati che servono per arginare il virus, senza troppi sforzi; è gratuita per lo Stato italiano e per tutti gli utenti finali; è prodotta da un’azienda non solo leader nel settore digital, ma anche al servizio dei cittadini e in questo caso della salvaguardia della cosa più importante, la loro salute. Infine, opera nel rispetto della tutela della privacy e delle norme statali che devono necessariamente e attentamente essere seguite per la buona pace e la salvezza di noi tutti. Dell’Italia intera.

Olivia Calò

Giornalista, cantante, coach, musicista. Scrivo per testate online dal 2006 (Blogo, Cosmopolitan, Nanopress, Mondadori), canto molti generi, dal lirico al rock (in gruppi vocali a cappella come il Minuscolo Spazio Vocale e in band metal come i Synthesion), insegno canto, dirigo cori in licei e aziende, ma coordino anche un ufficio, e suono il sassofono in una banda paramilitare, oltre alla batteria a tempo perso. Chi sono dunque? Una che non è mai stata semplice, una che non si accontenta, una che cade spesso e si rialza sempre, anche quando attraversa in moto la città più bella del pianeta, quella che vedo dalla mia veranda sul mondo. Sono felice quando leggo, quando viaggio, quando guardo, quando imparo. Quando mordo la vita. Con me stessa. Con la mia famiglia. E con gli amici.

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