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Piano Lupo, abbattimento e prelievi per una legge che crea discordia

È di nuovo caccia al lupo in Italia? L’allarme lanciato dalle associazioni animaliste, che con un comunicato congiunto si erano rivolte direttamente al governo Gentiloni per scongiurare la possibile riapertura dell’attività venatoria contro questo animale selvatico, al momento è caduto nel vuoto. Ma come è possibile che questa specie tutelata e protetta da una direttiva europea e dalla normativa vigente nel nostro Paese sia di nuovo a rischio? A seguito di alcuni episodi legati a stragi di bestiame, il lupo è di nuovo a rischio per le paure dell’uomo, portando il governo a formulare un piano di abbattimenti selettivi: alla Conferenza Stato-Regioni è arrivato il primo sì a un documento che apre a possibili deroghe all’attuale normativa di tutela in nome di una ‘pacifica convivenza‘ tra l’animale e l’uomo, ma a seguito delle proteste il 2 febbraio 2017 si è deciso di rinviare l’approvazione del Piano Lupo e le misure che ne conseguono circa gli abbattimenti selettivi per approfondire la questione e trovare misure alternative.

LEGGI L’APPROFONDIMENTO SUI LUPI: L’ABBATTIMENTO E’ DAVVERO LA SOLUZIONE?

Il piano concordato tra governo ed enti locali predispone l’abbattimento selettivo dei lupi per un numero di esemplari non superiore al 5 per cento della popolazione complessiva in Italia: con l’approvazione definitiva del piano, senza correzioni, il lupo tornerà ad essere legalmente cacciato nel nostro Paese dopo il divieto assoluto varato nel lontano 1971. Secondo le associazioni animaliste le deroghe ci riporteranno indietro di 50 anni dal punto di vista delle politiche di conservazione delle specie a rischio estinzione, dall’altra molti amministratori locali si fanno carico delle denunce di allevatori e pastori contro la massiccia presenza di lupi sui territori, un presenza che oltretutto conduce il lupo ad essere vittima di bracconaggio. Cerchiamo di analizzare più in profondità la complessità del fenomeno partendo dalle disposizioni di legge vigenti.

La normativa sulla caccia in Italia

La caccia in Italia è regolata dalla legge-quadro 157/92, in materia di ‘Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio‘, che sancisce all’articolo 1 come la fauna selvatica sia da considerare patrimonio indisponibile: questo significa che nessuno può disporne liberamente e la sua tutela è nell’interesse di tutti i cittadini, anche a livello sovranazionale. Per l’oggetto della nostra disamina segnaliamo l’articolo 2, comma 1, il quale elenca le specie di mammiferi e di uccelli da considerarsi particolarmente protette, il che comporta l’applicazione di severe sanzioni penali in caso di abbattimento, cattura o detenzione: il primo ad essere citato tra i mammiferi è proprio il lupo, a dimostrazione di come questa specie sia al centro di un programma di ripopolamento dopo aver rischiato, come altri esemplari selvatici, l’estinzione completa dai territori. La tutela del lupo è oltretutto certificata dalla direttiva europea Habitat 92/43 che ne proibisce ‘cattura, uccisione, disturbo, detenzione, trasporto, scambio e commercializzazione‘.

Riaprire la caccia al lupo: i motivi di una decisione controversa

La richiesta di deroghe alla normativa, che non sono un’esclusività italiana poiché anche in altri Paesi Ue è emerso il problema negli ultimi anni, è giunta sul tavolo del governo Renzi nel 2016 da parte di diverse Regioni per le stragi accertate negli allevamenti, che hanno messo in ginocchio finanziariamente gli enti locali, impossibilitati a rimborsare tutti gli allevatori per la continuità di questi episodi: gli indennizzi erogati attraverso fondi stabiliti sulla scorta degli stanziamenti europei variano da Regione a Regione, ma generalmente per una pecora uccisa da un lupo si va da 50 a 110 euro di risarcimento, a seconda del peso dell’animale, a cui bisogna sottrarre il costo dello smaltimento della carcassa, che è a spese dell’allevatore. Per avere un’idea del crescente numero di stragi negli ultimi anni, la Coldiretti informa che nel 2013 3mila pecore sono state uccise dai lupi, e la sola Toscana nel 2015 ha dovuto sborsare 500mila euro di indennizzi per gli sbranamenti: sono solo alcuni esempi, ma le pagine di cronache locali hanno riportato negli ultimi 5 anni con regolare frequenza numerosi episodi di stragi attribuite ai canidi.

I tecnici del ministero dell’Ambiente nel 2016 hanno spiegato che era necessario trovare accorgimenti per una questione di ‘forte tensione sociale, emersa soprattutto dove il lupo ha fatto ritorno dopo decenni di assenza e dove si sono sviluppati metodi di allevamento che, per essere compatibili con la presenza del lupo, richiedono onerose misure di prevenzione‘, e per questo avevano già fissato il limite massimo di abbattimento delle specie, pari al 5 per cento della popolazione dei canidi. Una risoluzione della questione, quella di riaprire seppur con vincoli la caccia al lupo, che non poteva che generare l’opposizione delle associazioni animaliste, ed anche di quella delle forze politiche opposte all’attuale governo in Parlamento.

L’appello delle associazioni

Enpa, Lac, Lav, Lipu e Lndc hanno rilasciato nel gennaio 2017 un comunicato congiunto in cui si appellano al governo Gentiloni, insediato da poche settimane, affinché non passi la deroga contenuta nel documento in discussione alla Conferenza Stato-Regioni e che dovrebbe ricevere il via libera definitivo nel febbraio 2017: ‘Dopo 46 anni di protezione assoluta, che hanno consentito di allontanare lo spettro dell’estinzione, ora il nostro Paese vuole invertire la rotta. Si tratta di una prospettiva gravissima, tecnicamente inefficace ed eticamente inaccettabile, che rischia di far ricordare il Presidente del Consiglio Gentiloni come colui che ha riaperto la caccia ai lupi, pratica che potrebbe incentivare gli atti di bracconaggio contro la specie. Per i lupi non sono possibili abbattimenti realmente selettivi, i comportamenti predatori potrebbero aggravarsi come anche le tensioni sociali, con la richiesta di nuovi e continui abbattimenti e una maggiore tolleranza verso atti di bracconaggio e di ‘giustizia’ privata. La riapertura della caccia al lupo vanificherebbe di fatto i contenuti positivi del piano, che prevede numerose azioni con l’obiettivo di diminuire la conflittualità sul territorio tra gli interessi umani, la presenza del lupo e rilevanti attività a tutela del lupo, quali il contrasto del bracconaggio e la prevenzione delle ibridazioni tra lupi e cani, causa dei maggiori contrasti con le attività produttive sul territorio‘.

In una nota il ministero dell’Ambiente ha voluto replicare alle associazioni ribadendo che ‘non esiste nel piano alcuna ‘caccia al lupo’ indiscriminata, come paventato da alcune associazioni, ma un insieme di azioni coerenti sotto il profilo scientifico, mirate a migliorare lo stato di conservazione della specie e al contempo la pacifica convivenza con l’uomo‘. Il documento su cui si è espressa la Conferenza Stato-Regioni si chiama Piano di conservazione e gestione per il lupo in Italia, è stato redatto con la consulenza di oltre 70 tra i massimi esperti dell’argomento, e prevede 22 azioni di conservazione della specie, e tra essi vi è appunto anche il tema controverso della ‘risoluzione sostenibile dei conflitti con le attività dell’uomo, nel pieno rispetto della normativa comunitaria e di quella nazionale. Proprio a questo scopo, il testo concede in casi eccezionali la possibilità di attivare deroghe al divieto di rimozione di singoli esemplari di lupi, già prevista dalle norme italiane ed europee, avviando un percorso strettamente regolamentato e caratterizzato da rigorose azioni di prevenzione‘, conclude la nota ministeriale.

Le posizioni politiche

Se le forze che attualmente sostengono il governo Gentiloni, ovvero il Partito Democratico insieme al movimento politico di Angelino Alfano e le altre forze della galassia centrista, sostengono compatte il Piano Lupo, il Movimento 5 Stelle si schiera contro il provvedimento, lanciando un hastag in Rete, #CacciaunNO, per sollecitare l’opinione pubblica alla protesta. Il M5S in un comunicato contesta la normativa su due punti: innanzitutto per voler dare il via agli abbattimenti selettivi senza prima compiere un censimento della popolazione dei canidi nei territori italiani, paventando il rischio di una nuova infrazione in sede europea. Si legge nel comunicato diffuso on line: ‘Come si fa a parlare di ‘abbattimenti selettivi’ se non sappiamo nemmeno con certezza quanti lupi ci sono sul nostro territorio? Inoltre non è mai stato applicato un piano nazionale di azioni concrete in grado di consentire la convivenza tra l’uomo e il lupo, come ad esempio l’uso di recinti elettrificati o di cani pastore, in grado di fornire agli allevatori strumenti utili a proteggere le loro greggi da eventuali attacchi del lupo, o altri predatori, evitando così il conflitto‘. Inoltre il movimento di Grillo contesta l’affido diretto del bando dal ministero dell’Ambiente ad una onlus, l’Unione zoologica italiana, che ha fatto un lavoro che per legge sarebbe dovuto essere invece realizzato dall’ISPRA.

Ma non tutte le opposizioni sono schierate sulla medesima posizione del M5S: la Lega di Salvini è da tempo propensa all’abbattimento dei lupi, manifestando la necessità di sostenere gli allevatori in ginocchio a causa delle stragi, ed anche Forza Italia si schiera al fianco di questi ultimi, mentre i partiti di sinistra hanno posizioni più vicine a quelle del movimento di Grillo. Il 1 febbraio 2017 sit-in degli animalisti in varie città hanno manifestato il forte dissenso al Piano Lupo varato dal governo, che il giorno 2 febbraio 2017 doveva ricevere l’approvazione definitiva in sede politica, con il voto del ministro dell’Ambiente e i rappresentanti delle giunte regionali: dopo le proteste si è optato per un rinvio alla prossima riunione della Conferenza Stato-Regioni del 23 febbraio, che forse sarà il primo passo verso un ripensamento definitivo agli abbattimenti selettivi, anche perché molte Regioni, Lombardia in testa, si sono schierate al fianco dei cittadini, ribadendo la propria contrarietà al provvedimento. Le associazioni Lav, Lac Lipu, Lndc, Enpa e Animalisti Italiani ‘ringraziano le Regioni e l’opinione pubblica per l’attenzione dedicata a questa emergenza: la mobilitazione #cacciaunNO continua, manteniamo alta l’attenzione‘.

Giulio Ragni

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