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Non tutti i tifosi della Lazio sono fascisti e non tutti i fascisti sono tifosi della Lazio

All’indomani del derby vinto dalla Lazio contro la Roma grazie al gol di Mattia Zaccagni, il secondo in un anno e come non succedeva dalla stagione 2011/2012, ci si è concentrati di più a parlare di quello che è successo fuori dal campo, piuttosto che su quello che, invece, sono stati i verdetti del rettangolo verde, in cui, di fatto, non c’è stata partita.

La Curva Nord della Lazio nel derby contro la Roma – Nanopress.it

Al triplice fischio dell’arbitro Davide Massa – ma qualcosa era già successo anche durante -, infatti, si è accesso un parapiglia tra i giocatori delle due squadre della Capitale che ha portato all’espulsione da una parte di Adam Marusic, sponda Lazio, dall’altra di Bryan Cristante. Non solo, però, perché anche negli spogliatoi, prima tra Alessio Romagnoli e Gianluca Mancini, poi tra il presidente dei biancocelesti, Claudio Lotito, e l’allenatore dei giallorossi, José Mourinho, il clima è stato roventissimo, qualcuno direbbe come nei derby di una volta.

Le immagini del parapiglia al termine del derby tra Lazio e Roma vinto dai biancocelesti di Maurizio Sarri – Nanopress.it

A rendere, però, meno importante la stracittadina, almeno dal punto di vista del risultato – in realtà era una partita sentita specialmente perché ci si sta giocando l’accesso alla prossima edizione della Champions League e di fatto i biancocelesti hanno staccato i “cugini” di cinque punti in classifica portandosi al secondo posto, terzo se dovesse rientrare in gioco la Juventus -, sono stati alcuni tifosi della squadra di Maurizio Sarri, nello specifico quattro. Uno, che è tedesco, si è presentato allo stadio Olimpico con la maglia Hitlerson e il numero 88, un chiaro riferimento al dittatore nazista e alle SS, altri tre sono stati autori di cori antisemiti. Tutti sono stati identificati, e tutti sono stati banditi dall’impianto sportivo in primis dalla società, che ha anche condannato i gesti, ovviamente.

Non è la prima volta che i tifosi della Lazio balzano nelle prime pagine di cronaca sportiva per episodi simili, e molto spesso sono finiti nel tritacarne mediatico, con tanto di prese di posizione da parte della comunità ebraica, e di Ruth Dugherello, la presidentessa della Comunità ebraica di Roma.

Non è la prima volta – e infatti sempre Dureghello e non solo lei se l’erano già presa, questa stagione, contro i laziali per i cori contro Samuel Umtiti del Lecce – e non è giusto neanche che quello che succede in curva o fuori dallo stadio passi sotto traccia, specie in un periodo come questo in cui ci sono state anche delle violenze da parte di sedicenti fascisti (a Firenze, non a Roma), sia chiaro. Alla stessa maniera, come ha detto anche Riccardo Cucchi, storica voce della Rai e grandissimo sostenitore dei biancocelesti, però, non deve passare neppure il messaggio che qualsiasi tifoso della Lazio sia per forza di destra, anzi che sia un nostalgico del Ventennio, di Benito Mussolini e di Adolf Hitler.

Innanzitutto perché non è vero, nel senso che se anche una fetta piuttosto piccola di sostenitori della squadra di Sarri lo è – come lo sono, per altro, anche altre persone, allo stadio, ma anche in altri contesti -, c’è una parte di tifo laziale, ed è la più corposa, che non solo non mischia il calcio con la politica, ma è anche lontana dall’essere simpatizzante del fascismo. E lo dimostra anche il gruppo Lazio e Libertà APS, che è un’associazione di promozione sociale per l’integrazione culturale e sportiva, si legge nel profilo Twitter, che nega ogni forma di discriminazione razziale, religiosa e politica e che è, appunto, fatta da sostenitori biancocelesti.

Una parte della coreografia della Lazio nel derby di domenica – Nanopress.it

Ma anche perché nella stessa partita in cui i tifosi della Lazio sono stati accusati, tutti quanti – e anche per la bellissima coreografia in cui si citava William Shakespeare e il suo “manipolo di fratelli” dell’Enrico V -, di essere fascisti, dall’altra parte dello stadio Olimpico, alcuni sostenitori della Roma, anche loro non nuovi a episodi simili, ma con decisamente meno persone indignate per i loro comportamenti, hanno esposto un vessillo con la faccia del Duce, e non solo.

E qua non si tratta per forza di un derby, come quello di Roma, che dura 365 giorni all’anno in cui si deve trovare per forza del marcio in tutto, specie se riguarda la squadra avversaria, non si tratta per forza di scaricare addosso ai sostenitori giallorossi l’onta di essere fascisti quanto quelli laziali, si tratta semplicemente di essere equi e imparziali quando si punta il dito contro qualcuno. E sì, è ovvio che essere un nostalgico, come il gesto “degli anni ’20, un po’ romano, è da stronzi oltre che di destra“, come cantava Giorgio Gaber in Destra-Sinistra, ma è altrettanto ovvio che quegli stronzi ci sono un po’ ovunque, e non solo nella curva della Lazio.

Tornando, poi, per un attimo al campo, e alla partita di domenica, sembra quasi che si sia volutamente deciso di distogliere l’attenzione, almeno per quanto riguarda la Roma, da quello che ha dimostrato sul rettangolo da gioco, cosa che nei fatti succede molto spesso, specialmente quando si perde. Lo Special One, un genio della comunicazione già prima di approdare nella Capitale, ma anche all’Inter in cui sicuramente ha vissuto la stagione migliore della sua carriera portando a casa un triplete, è l’allenatore che si è visto sventolare più cartellini rossi da quando è iniziato il campionato (ben tre, e l’ultimo gli è costato anche due torni di stop, e infatti non c’era neanche nel derby), e trova sempre un alibi, supportato soprattutto dai suoi tifosi.

José Mourinho, l’allenatore della Roma – Nanopress.it

Un alibi che, molto spesso, sta nel comportamento degli arbitri, ed è questo il motivo per cui contro la Cremonese, fanalino di coda della nostra Serie A, e mentre si perdeva, Mourinho se l’è presa con Marco Serra, il quarto uomo del match. Un alibi che è fumo negli occhi per una squadra che contro quella di Sarri non ha fatto neanche un gol in due partite, e anzi ha fatto solo un tiro in porta.

Mariacristina Ponti

Nata nel lontano 1992, nel giorno più bello per nascere, a Cagliari. Dopo la maturità scientifica, volo a Padova e poi a Roma per studiare lettere. Nella Capitale poi rimango anche per il master in giornalismo. Tra stage a profusione, sempre nelle redazioni sportive, anche se il vero amore è sempre stato la politica, ho ancora da ritirare un tesserino da professionista.

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