Il verdetto della Corte di Reggio Calabria: Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone sono stati condannati all’ergastolo.
Si è concluso con il verdetto che ha confermato gli ergastoli per i boss, il processo ‘Ndrangheta stragista condotto dalla Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria. Il giudice Giuliana Campagna ha emesso il verdetto di condanna per i Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, ritenuti mandanti dell’omicidio di Antonino Fava e di quello di Vincenzo Garofalo avvenuti nel 1994.
I due boss Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone sono stati ritenuti i mandanti dell’omicidio dei due carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, avvenuto il 18 gennaio del 1994 sull’autostrada all’altezza dello svincolo di Scilla. Per i boss della ‘Ndrangheta, durante il processo ‘Ndrangheta stargista, sono state confermate le accuse e le condanne all’ergastolo. Confermata dunque la condanna di primo grado da parte della Corte d’Appello d’Assise di Reggio Calabria presieduta da Bruno Muscolo, dopo la sentenza del luglio del 2020.
Era stato Giuseppe Lombardo il procuratore aggiunto, il sostituto Walter Iganzitto, a chiedere durante la requisitoria l’ergastolo per gli imputati con la tesi che l’omicidio ai danni dei carabinieri facesse parte di quelle cosiddette stragi “continentali” operate dalla cosca della ‘Ndrangheta in quel periodo. I due boss facevano parte della cosca Piromalli di Gioia Tauro. Una strategia stragista messa in atto dai due, attuta per tutti gli anni ’90 da tutta Cosa nostra in Italia, una lotta – nota purtroppo – allo Stato che insanguinò il nostro Paese. Si legge del resto nella sentenza di una strategia mirata a destabilizzare lo stato, a suon di omicidi e stragi.
Una strategia unitaria, si legge nella sentenza, perché proprio la ‘Ndrangheta agì in quegli anni insieme alla malavita organizzata siciliana, Cosa nostra appunto. Il sostituto procuratore Lombardo lo ha infatti sottolineato diverse volte durante la requisitoria, dove si è espresso anche nei confronti del boss Brancaccio lanciando un appello riguardante il boss Graviano, che avrebbe rappresentato quasi un passaggio di testimone per continuare la strategia della strage, e del terrore.
Ma Graviano questo non lo ha ammesso, nonostante Gaspare Spatuzza pentito di Cosa nostra abbia affermato di avere il Paese nelle mani, dopo le mosse dei Calabresi, durante il famoso incontro al bar Doney di via Veneto, a Roma. E proprio l’attento all’Olimpico, che avrebbe dovuto uccidere 55 carabinieri, sarebbe rientrato in quella strategia comune tra ‘Ndrangheta e Cosa nostra siciliana, di terrore.
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