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Categories: Cronaca

Mio padre stava per morire, ma al 118 rispondeva un disco: ‘Rimanga in attesa’

‘Rimanga in attesa’ è l’unica risposta, di una voce meccanica, che Valentina ha ricevuto, quando ha chiamato il 118, nel tentativo di salvare suo padre che stava per morire: ‘Si chiamava Gianfranco e faceva il cameriere, era un uomo devoto al suo lavoro. Un padre e un marito con i suoi pregi e i suoi difetti. E questo racconto è perché nessun altro padre, marito o figlio, nessun altro amico o cugino, possa morire con una voce che ti dica Rimanga in attesa’, ha confidato Valentina Ruggiu a Repubblica.

Valentina, di Albano Laziale, un piccolo paese vicino a Roma, quando ha visto suo padre riverso sul pavimento, che perdeva sangue dal viso, ha subito chiamato il 118, ha provato più volte, ma la risposta è stata sempre la stessa, quella di una voce meccanica, che diceva di attendere. Per il padre di Valentina però non c’era tempo da perdere e purtroppo il suo tentativo di salvargli la vita non è stato sufficiente. Ha atteso invano l’arrivo di un’ambulanza, ha sperato che una voce umana prima o poi le avrebbe risposto e invece nulla di tutto ciò è accaduto.

‘Rimanga in attesa’, una voce di donna registrata, che ripete senza sosta lo stesso messaggio in italiano, inglese e spagnolo. Nel frattempo Valentina cerca di sollevare il padre disteso a terra sanguinante, impiega tutta le sue forze, ma al telefono nulla cambia. ‘Gli dico che gli voglio bene, che andrà tutto bene e che arriverà presto qualcuno ad aiutarci’, racconta Valentina, che nonostante il panico e la fatica, tenta di rassicurare il suo papà in fin di vita.

Passano due lunghi e interminabili minuti, poi Valentina prova a chiamare una terza volta col cellulare ma niente, ‘Rimanga in attesa’, è sempre la stessa voce meccanica a risponderle. Nel frattempo arrivano in aiuto il fratello e la sua compagna, insieme sollevano in padre e lo adagiano sul letto. Valentina prova anche a dargli qualche goccia di acqua, col dubbio atroce di aver fatto qualcosa di sbagliato, intanto al cellulare la voce si ripete incessante come il battito dei secondi nell’orologio.

A quel punto il fratello va fisicamente in cerca di un’ambulanza al pronto soccorso di Albano Laziale, che dista solo 300 metri dalla loro abitazione, ma la risposta che riceve è sconcertante: ‘Non ci sono più ambulanze libere’.

‘Fuori, scalza, suono ai vicini. In casa c’è solo la figlia minore. Le chiedo di aiutarmi a chiamare i soccorsi e anche lei ci prova. Poi, d’improvviso la vocina dal mio smartphone si interrompe, mi rispondono. All’operatore dico dove abito, gli spiego del rumore tremendo che mi ha svegliata e di come ho trovato mio padre. Gli dico che è ancora vivo, ma che sta per morire. Gliel’ho visto in faccia. Serve un’ambulanza urgentemente. Mi dice Ok, trasferisco la chiamata alla centralina del 118 più vicina a lei. E anche qui la beffa, uno dei punti da cui partono è a pochi minuti da casa. Ritorno in attesa, di nuovo la voce cordiale di donna’, prosegue il racconto di Valentina, mentre l’attesa al telefono continua.

Poi la disperazione prende il sopravvento su tutto: ‘Urlo, mollo il telefono con la chiamata aperta alla vicina, le dico di non riagganciare e di ripetere cosa ho detto io casomai qualcuno dovesse rispondere. Corro in mezzo alla strada e comincio a urlare aiuto. Anche la vicina urla, vede un uomo uscire dalla casa di fronte. Lo raggiungo gli dico di entrare in casa mia, che deve correre perché papà sta morendo e il 118 non risponde e devo portarlo al pronto soccorso’.

Poco dopo l’attesa finisce, per sempre: il padre di Valentina non ce l’ha fatta ed è morto alle 3:34, ma improvvisamente, due minuti dopo, alle 3:36, Valentina riceve una chiamata da un numero privato: ‘Signora se la vuole ancora, le mando un’ambulanza’.

Valentina chiude così il suo amaro racconto: ‘Per mio padre forse non avrebbero potuto fare nulla, ma una voce umana mi avrebbe almeno aiutata, guidata, supportata. Ho dovuto caricare mio padre in macchina. Mio fratello ha dovuto guidare con le gambe tremolanti. Alle 3:34 o alle 3:36, quell’ambulanza a noi non serviva più. Eravamo già al pronto soccorso, qualche minuto più tardi ci hanno ufficializzato la morte’.

Beatrice Elerdini

Beatrice Elerdini è stata una collaboratrice di Nanopress dal 2014 al 2019, occupandosi di cronaca e attualità. Degli stessi argomenti ha scritto su Pourfemme dal 2018 al 2019.

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