Sono 20 le persone che sono state raggiunte da una denuncia per le ingiurie mosse online alla senatrice Liliana Segre. Tra queste c’è anche Chef Rubio.
Sono, in totale, 20 le persone denunciate per le minacce online mosse nei confronti di Liliana Segre. Tra le persone che si sono scagliate in rete contro la senatrice c’è anche Chef Rubio, anch’egli raggiunto dalla denuncia. Le persone coinvolte sono accusate di diffamazione a mezzo telematico, reato aggravato da motivazioni etniche, religiose e razziali. I messaggi sono stati inviati da profili anonimi, dietro ai quali si nascondevano professionisti, impiegati e una disoccupata, residenti in varie regioni italiane.
Denunciate 20 persone dai Carabinieri di Milano per le ingiurie mosse contro Liliana Segre attraverso la rete.
Tra queste, compare anche il nome di Chef Rubio, volto conosciuto del piccolo schermo e legato a programmi di cucina. Tutti i soggetti raggiunti dalla denuncia sono ora accusati di diffamazione a mezzo telematico con l’aggravante delle motivazioni religiose, etniche o razziali.
La stessa senatrice denunciò i fatti che si erano verificati online il 6 dicembre 2022, recandosi dai militari di Milano.
Le indagini, da quel momento, iniziarono subito e si sono concluse in questi giorni, grazie alle quali il nucleo investigativo è riuscito a risalire ai responsabili delle minacce perpetrate in internet contro la senatrice, verso la quale si è mostrato odio etnico, razziale e religioso.
In totale, come vi anticipavamo, sono state identificate venti persone, tra cui diciassette uomini e tre donne di diversa estrazione sociale, come liberi professionisti, infermieri, medici, assicuratori. All’autorità giudiziaria spetta il compito di iscrivere i soggetti coinvolti nei fatti per il reato formulato.
I messaggi antisemiti sono stati pubblicati, sulle piattaforme social, tra il mese di ottobre e quello di dicembre dello scorso anno. Di natura diffamatoria, più che minatoria, il contenuto degli stessi era rivolto alle posizione espresse sui vaccini ed espressamente antisemiti.
Nella gran parte dei casi, i profili con i quali si postavano tali messaggi erano fittizi ed anonimi: al fine di individuare le persone che vi si nascondevano dietro di essi, gli inquirenti hanno incrociati i dati anagrafici con quelli messi a disposizione dai provider.
Le tre donne coinvolte sono un’impiegata, una disoccupata e un’infermiera. In totale, tra le venti persone individuate, ci sono quattro che vivono in Calabria, una a Milano, tre in Piemonte, Veneto e Lazio.
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