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Il 6 maggio 1976 un forte terremoto di magnitudo 6,4 della scala Richter scosse il Friuli colpendo duramente molti paesi che pagarono un prezzo altissimo. Le vite spezzate furono 989, la devastazione portò 45mila sfollati nelle tendopoli costruite in fretta da friulani operosi, che allo stesso modo si rimboccarono le maniche per rialzarsi e ricostruire, insieme alle case, la propria storia. In occasione dei 40 anni dal terremoto in Friuli, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha visitato Gemona, Venzone e Udine.
La leggenda friulana vuole che a scatenare il terremoto fu l’Orcolàt, un orco gigante che viveva sotto il monte San Simeone, da dove si pensava si fosse propagato il sisma del 1976, che in realtà ha la sua origine nei pressi di Lusevera, nel gruppo del monte Chiampon. Ma è chiaro che era una favola da raccontare ai più piccoli, spaventati nell’assistere a tanta distruzione.
Foto d’archivio: il Duomo di Gemona del Friuli dopo il terremoto del 1976
I friulani, però, seppero ricostruire tutto velocemente e senza ruberie, e a 40 anni di distanza, quel motto con cui i terremotati lavoravano, ”Fasin di bessôi”, facciamo da soli, ci rende bene l’idea e ci fa capire meglio quell’esempio di efficienza e onestà così esemplare che è conosciuto come ”Modello Friuli”, che pure Sergio Mattarella ha applaudito nella sua giornata di commemorazione in regione.
All’epoca molti cronisti seguirono la ricostruzione successiva al terremoto, e oggi tutto quel materiale fa parte di una archivio storico. Quello in alto è un servizio di Gianni Minà che documentava le devastazioni causate dal terremoto che duramente colpì la popolazione friulana. Mentre questo in basso è un altro filmato commemorativo che è stato realizzato dal Gazzettino per il ventennale del terremoto in Friuli, nel 1996.
”Per me i colori del terremoto sono il bianco, il grigio , il nero: il bianco è il colore delle pietre macinate, delle ferite delle case, il grigio è il colore della polvere che copre i vivi e i morti insieme, il nero è il colore degli anziani che si aggirano fra le macerie, disorientati come giraffe nella neve” (Pierluigi Cappello, Questa libertà – Rizzoli, 2013)
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