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Categories: Cronaca

Mamma fa arrestare il figlio latitante e gli scrive una lettera

Una mamma ha fatto arrestare il figlio latitante, poi gli ha scritto una lunga lettera per spiegargli il perché del gesto, con la speranza di essere un giorno ringraziata e non odiata. Un gesto che, in apparenza, sa di tradimento, ma che per questa donna di Corato, provincia di Bari, è stato un atto estremo di amore per salvare il figlio da una fine peggiore.
Il ragazzo, 24 anni, da tre mesi era latitante per reati vari: rapina, furto, spaccio di droga e, infine, evasione dagli arresti domiciliari.

La mamma, quando ha saputo che avrebbe accompagnato la compagna, incinta, in ospedale, ha avvertito i carabinieri. Grazie alla sua soffiata il 24enne è stato arrestato.

La madre, sollevata da un lato, ma in preda ai sensi di colpa dall’altro, gli ha scritto una lettera struggente. Lettera pubblicata dal sito Coratolive.it.

La lettera al figlio

«Carissimo figlio mio, l’altra mattina ho fatto qualcosa che una madre non vorrebbe e non dovrebbe mai fare: ho tradito la cieca fiducia che tu da 24 anni riponevi in me, consegnandoti nelle mani di qualcuno che di te non sa nulla, se non il tuo nome le tue “bravate”. È stato un gesto necessario ed inevitabile. Le notizie frammentarie e confuse che mi giungevano durante la tua assurda latitanza mi trafiggevano il cuore e, purtroppo, non avevo modo di poterti raggiungere, aiutarti a ragionare e a trasmetterti il malessere che sta vivendo.

Ciò che tanto mi opprimeva era il continuare la solita vita quotidiana che iniziava la mattina indossando quella “maschera” di normalità e finiva la sera quando, rientrata a casa, la riponevo sul comodino… Sempre attenta al telefonino, accertandomi che fosse carico, acceso e che non fossero arrivati sms che non avessi letto; ansiosa di ricevere un tuo cenno, una tua notizia. Nel contempo, terrorizzata quando sul display compariva un numero a me sconosciuto che potesse annunciarmi una disgrazia, un fatale incidente, un tragico epilogo della tua vicenda.

Il susseguirsi dei controlli durante il giorno, durante la notte a casa nostra, a casa di amici e conoscenti, non facevano altro che accentuare l’angoscia di saperti in pericolo, braccato da ogni forza di polizia in ogni luogo. Spesso leggevo negli occhi di qualcuno di loro la rabbia e l’accanimento nei tuoi con confronti, il loro desiderio morboso di volerti prendere quasi come per aggiudicarsi un “trofeo” da collezionare. Quando se ne andavano, temevo che, se ti avessero trovato, anche un solo tuo innocente movimento, una innocua mossa falsa che avresti potuto commettere, avrebbe potuto scatenare una loro reazione tragica e sproporzionata, decretando un drammatico finale.

Anni fa morì un tuo carissimo amico, un fratello per te. Ricordo chiaramente le parole che sua madre mi sussurrò quando mi avvicinai a porgerle le condoglianze: “Daniela, avrei preferito andare in carcere a fargli visita per tutta la vita, almeno avrei potuto vederlo, abbracciarlo e parlargli ancora… Tu sei fortunata!”. Il non sapere dove stavi, come sopravvivevi, dove dormivi, chi potevi incontrare durante il tuo “oscuro” cammino, mi logorava da mesi. Non c’era più pace nel mio cuore e nella mia testa… ero una candela la cui fiamma si stava spegnendo giorno dopo giorno, ora dopo ora…

Quella mattina ti eri accorto che qualcosa non andava. Forse leggevi nei miei movimenti l’ansia e l’angoscia che mi rendevano incerta e timorosa. Mentre mi avvicinavo a te, i nostri occhi sono immersi gli uni negli altri, quasi a fondersi in un unico sguardo e io mi sentivo come “Giuda” che tradì suo fratello… Ho abbassato il capo ti ho consegnato a chi ti stava cercando da troppo tempo… Volevo morire, ma mi convincevo sempre più di aver fatto la cosa giusta. E poi, il Comandante mi aveva dato la sua parola: niente violenza. Massima discrezione e rispetto dei tuoi e dei miei diritti di madre. Parola mantenuta!

Anche tu, d’altronde, hai dimostrato maturità, saggezza e rispetto del momento così difficile ed inaspettato. Mentre ti circondavano e ti inducevano a mantenere la calma, io ti chiedevo perdono per quello che avevo fatto. Tu cercavi miei occhi ed io, con la morte nel cuore, cercavo i tuoi… Più volte hai ripetuto che mi avresti odiata per il resto della tua vita.

Odiami ragazzo mio, odiami finché vorrai… Io, al contrario, continuerò ad amarti con la stessa intensità di sempre e anche di più. Un giorno ammetterai che, in cuor tuo, era ciò che volevi anche tu: porre fine a questo supplizio. Forse mi vorrai incontrare e io avrò la conferma di essere una madre “fortunata” perché potrò ancora vederti, abbracciarti e parlarti… Tua madre».

Francesco Minardi

Francesco Minardi è stata collaboratore di Nanopress dal 2016 al 2018, occupandosi principalmente di cronaca e politica interna ed estera,

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