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Le atlete dell’arco, il titolo del Carlino e il sessismo del giornalismo italiano

Il titolo del Resto del Carlino sulle azzurre del tiro con l’arco ha portato al licenziamento di Giuseppe Tassi, direttore di QS, la testata sportiva del gruppo editoriale, reo di aver permesso la pubblicazione. La polemica è partita dai social che si sono (giustamente) indignati per quel “cicciottelle” riferito a delle atlete olimpiche (che, ricordiamo, avevano appena realizzato il miglior risultato italiano per la nazionale femminile ai Giochi). Le dimissioni di Tassi sono sacrosante ma allo stesso tempo ipocrite. Il giornalismo italiano è pieno di episodi di sessismo e l’ossessione per il fisico campeggia sulle pagine dei media nostrani che troppo spesso impongono canoni di bellezza fuori dalla realtà. Non è solo una questione di politically correct, è una questione di intelligenza mediatica di tutti i protagonisti, giornalisti e lettori.

Ora che la polemica sta scemando dai profili social, cerchiamo di analizzare la cosa con più freddezza. Il titolo sul “trio delle cicciottelle”, spiega Tassi alla Repubblica, non voleva essere offensivo. “Volevamo essere affettuosi, nei confronti di atlete che lottavano per una medaglia, che sono bravissime ma anomale, nel senso di fisicamente lontane dall’immagine che molti di noi possono avere di un atleta. Voleva essere un modo per avvicinarle a noi, non certo per offendere“, dice ai colleghi dell’edizione bolognese del quotidiano.

Nella sua intervista cita Marco Galiazzo, oro olimpico ad Atene 2004 sempre nel tiro con l’arco, dicendo che venne definito allo stesso modo. A memoria, nessun quotidiano titolò l’impresa del campione padovano con “l’arciere cicciottello conquista l’oro”: vero che, nel raccontare la grandezza di quello che è considerato il miglior arciere italiano di tutti i tempi, si sottolineava il suo aspetto così “normale” ma senza esagerazioni.
Così scriveva il Messaggero su Marco Galiazzo, dedicandogli un paragrafo all’interno di un articolo intitolato ‘Akinfenwa & Co, se l’atleta è oversize:
ecco gli sportivi grassi e vincenti’
:

Potremmo dire che le azzurre dell’arco sono state chiamate così perché donne? Sì perché per i media le atlete sono prima di tutto un fisico (più o meno “gradevole”) e poi delle campionesse, come dimostrano il fiorire di foto sul lato b delle pallavoliste del beach volley, tanto per citarne una sola. Sono solo gli uomini dunque a guardare l’aspetto fisico? No.

Il giorno prima delle “cicciottelle”, sull’edizione online di Cosmopolitan compare la fotogallery dei “pacchi” degli atleti olimpici. Una carrellata di fotografie che ritraggono diversi atleti in varie edizione dei Giochi in cui si evidenziano le parti intime. Si fa per sorridere, qualcuno dirà. Invece è una scelta editoriale pessima tanto quanto le “cicciottelle” perché perpetua l’immagine delle donne che non capiscono nulla di sport, che lo guardano solo perché gli atleti sono belli e che, degli atleti, guardano quella cosa lì. Un esercito di ninfomani più che delle lettrici. Se gli uomini guardano il beach volley solo per i bikini, le donne seguono il nuoto solo per i costumini? Facciamo sul serio?

Nessuno può giudicare un atleta dal fisico perché lo sport non è un concorso di bellezza. Fa impressione doverlo ricordare nel 2016 ma tant’è. C’è poi la questione della fisicità: le azzurre dell’arco sono state prese di mira perché non rientrano nei canoni e su questo l’ex direttore Tassi ha ragione.

Nessuno però si è scandalizzato quando i social sono stati invasi dagli sfottò su Gonzalo Higuain, neo acquisto della Juventus, apparso con un po’ di pancetta alla prima uscita con i bianconeri. Nessuno urlò allo scandalo quando Ronaldo, in evidente sovrappeso, venne definito “gordo“, grasso, da tutta la stampa internazionale. A difesa degli utenti (e dei giornalisti) possiamo dire che per un calciatore la forma fisica è importante per il raggiungimento dell’obiettivo sportivo che consiste anche nel correre per 90′. Non che si possano giustificare le prese in giro, ma almeno c’è una minima parvenza di senso nell’indicare come “sbagliata” la pancia di un calciatore.

La vicenda delle azzurre dell’arco e del titolo del Resto del Carlino è però servita a qualcosa. Ha dimostrato agli editori e ai direttori dei media che gran parte del pubblico non è così becero come vogliono farci credere e che si è stancato di un’informazione di livello così basso. C’è ancora molto da fare, ma qualcosa sta già cambiando

Lorena Cacace

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