Nel Bel Paese il famoso ‘pezzo di carta’, ovvero la tanto ambita laurea, rimane senza valore per almeno tre anni dal conseguimento del titolo di studio. In altre parole, il 53% dei laureati italiani non trova un lavoro per almeno 36 mesi. E così, ancora una volta, l’Italia precipita nei bassifondi delle classifiche europee.
Secondo le statistiche Eurostat su 28 Paesi, nel 2014, si registra una media occupazionale pari all’80,5%.
In una posizione ancora peggiore dello Stivale si trova soltanto la Grecia. Al primo posto della classifica invece, si trova la Germania con il 93,1% dei laureati inseriti nel mondo del lavoro.
E se si analizza la situazione del post diploma, in Italia, la situazione risulta ancor più critica: a 3 anni dal conseguimento del titolo di studio, solo il 30,5% dei ragazzi trova un lavoro, contro una media europea del 59,8%.
La riforma della Buona Scuola, del ministro Stefania Giannini, tenta di risolvere la crisi occupazionale con un programma alternato scuola-lavoro in tutti gli istituti professionali e tecnici, mentre per quanto riguarda i licei, mettendo a punto una connessione con il mondo delle imprese.
Al di là dei buoni propositi per il futuro, indipendentemente dagli studi svolti, nell’anno 2014, la percentuale di giovani, di età compresa tra i 20 3 i 34 anni, che ha trovato un impiego è stata del 45%, a fronte di una media europea del 76%.
La crisi occupazionale italiana, causa ed effetto di un’economia stagnante, è il risultato di numerosi fattori, tra cui emerge anche un sensibile calo demografico: secondo i dati Istat, nello scorso anno, sono nati meno di 500mila bimbi.
Un nuovo record negativo del Bel Paese, che rischia di precipitare nella cosiddetta ‘stagnazione secolare’.
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