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L’amministrazione Biden riconosce l’immunità al principe saudita bin Salman nella causa Khashoggi

Il principe bin Salman è di recente diventato primo ministro. Secondo gli Usa, in quanto capo di governo straniero gode dell’immunità.

Mohammed Bin Salman, principe erede al trono e primo ministro dell’Arabia Saudita – Nanopress.it

La causa era stata intentata dalla compagna del giornalista dissidente, assassinato nel 2018 nel consolato saudita in Turchia.

L’immunità a bin Salman

L’amministrazione statunitense guidata dal presidente Joe Biden ha affermato in un tribunale americano che a Mohammed bin Salman, principe erede al trono dell’Arabia Saudita, dovrebbe essere riconosciuta l’immunità nella causa civile sull’assassinio del giornalista saudita Jamal Khashoggi.

La richiesta, avanzata dagli avvocati del Dipartimento di Giustizia su richiesta del Dipartimento di Stato statunitense, è stata fatta perché bin Salman è diventato di recente primo ministro dell’Arabia Saudita. Ciò comporta che “è immune perché capo di governo straniero in carica”.

La decisione pone così fine alle ultime poche speranze rimaste di rendere bin Salman legalmente responsabile e perseguibile nel processo sulla morte nel 2018 di Khashoggi.

La motivazione

Il governo degli Stati Uniti ha definito l’uccisione del giornalista “orribile”. Il Dipartimento di Giustizia, nella richiesta di immunità, ha anche ricordato che il Paese ha imposto sanzioni finanziarie e restrizioni sulle concessioni di visti in risposta all’assassinio.

“Tuttavia, la dottrina relativa all’immunità per i capi di Stato e di governo è ben consolidata nel diritto internazionale consuetudinario. (….) È stata riconosciuta nella pratica come una determinazione basata sullo status che però non riflette un giudizio sulla condotta sottostante il contenzioso, si legge nella richiesta.

La causa contro bin Salman è stata in origine intentata da Hatice Cengiz, compagna del reporter del Washington Post ucciso quattro anni fa quando si trovava nel consolato di Riad a Istanbul. Insieme a lei c’era anche Dawn, l’organizzazione per i diritti umani con sede a Washington, fondata dal dissidente ucciso. La causa era non solo contro il principe ereditario ma anche contro 28 altre persone.

Jamal Khashoggi, il giornalista saudita assassinato nel 2018 – Nanopress.it

Era stata fatta nell’ottobre 2020 presso la Corte distrettuale federale di Washington. Gli assassini, secondo la compagna e l’organizzazione “hanno rapito, legato, drogato, torturato e ucciso” Khashoggi nel consolato saudita in Turchia.

Alla notizia della richiesta di immunità, la compagna del reporter ha scritto su Twitter: “Jamal oggi è morto di nuovo”.

I fatti

Il 2 ottobre 2018 il giornalista saudita è entrato nel consolato del suo Paese a Istanbul. Da quel momento è scomparso e non si hanno più tracce di lui. Il corpo è stato smembrato ma i resti non sono mai stati ritrovati.

In Arabia Saudita il dissenso è fortemente represso con atti intimidatori, arresti e processi che comportano pene sproporzionate. Anche la pena di morte è una di queste. Nel 2017 il reporter aveva lasciato il suo Paese per gli Stati Uniti, proprio per sfuggire alle persecuzioni e forse anche per cercare protezione all’estero. Si era imposto un esilio dopo essere stato critico, nel suo lavoro, nei confronti del re saudita e del principe ereditario.

Si era recato al consolato per ottenere il nulla osta per sposare la compagna, cittadina turca. Le autorità turche ritengono che l’uomo sia stato assassinato nel consolato, quindi in un territorio sotto la giurisdizione saudita. I sauditi invece hanno sostenuto che il giornalista abbia lasciato il consolato da un ingresso sul retro. Amnesty International ha definito l’assassinio una “esecuzione extragiudiziale” e si è battuta per la verità.

Successivamente un rapporto della Cia ha affermato che il mandante dell’omicidio fosse proprio l’attuale primo ministro del Regno saudita. Il leader mediorientale ha invece negato di essere personalmente coinvolto nell’assassinio.

Sarah Leah Whitson, la direttrice esecutiva dell’organizzazione creata da Khashoggi, nell’apprendere la decisione degli Usa ha affermato: “È molto ironico che il presidente Biden abbia di fatto assicurato (a bin Salman, ndr) di poter sfuggire alla responsabilità, quando è stato proprio il presidente a promettere agli americani che avrebbe fatto di tutto per renderlo responsabile delle sue azioni. Nemmeno l’amministrazione Trump è arrivata a tanto”.

Diana Sarti

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