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La Crusca pubblica un volume sul linguaggio dei più giovani

I Millennials hanno trasformato il modo di parlare, c’è poco da fare: oggi infatti esiste un linguaggio completamente rinnovato, che probabilmente molti adulti neanche riescono a comprendere a fondo. Così, per fare chiarezza una volta e per tutte, l’Accademia della Crusca ha riassunto i vocaboli ormai di uso comune usati dai giovani nel volume “L’italiano e i giovani” (con sottotitolo ideato dai giovani: “Come scusa? Non ti followo”).

Parole – Nanopress

I giovani hanno la capacità di trasformare il linguaggio, di inventare nuovi termini, di fondere addirittura più lingue. Tantissimi dei vocaboli usati oggi, infatti, derivano dall’inglese: i Millennials li hanno presi, modificati, traslati nel nostro dizionario, resi di uso comune. Quali sono? Ce lo dice l’Accademia della Crusca nel volume “L’italiano e i giovani”.

Il linguaggio dei giovani tradotto dalla Crusca

I giovani stanno scrivendo un nuovo vocabolario? A quanto pare sì. Dai Millennials con furore sta arrivando un nuovo linguaggio fresco, rinnovato, assolutamente originale. E proprio questo sta entrando talmente tanto nelle nostre menti, da essere preso in considerazione anche dalla Crusca, che ha pensato di riassumerlo nel volume “L’italiano e i giovani” (con sottotitolo ideato dai giovani: “Come scusa? Non ti followo”) a cura della linguista Annalisa Nesi, pubblicato con goWare. Proprio oggi, 17 ottobre, ha inizio la settimana della lingua italiana nel mondo e quale occasione migliore per presentare un lavoro simile?

Ma c’è una domanda che sorge spontanea: su cosa si basa la lingua dei più giovani? Dipende dai punti di vista. Nel senso che se la guardassimo in senso ampio, potremmo parlare di anglicismi, storpiature e troncamenti tipici dello slang, ma in realtà il vero linguaggio è quello del corpo. I social – con Instagram ed i suoi reels e TikTok – ormai dettano legge e parlano chiaro: sono i movimenti, la mimica facciale, i gesti che fanno la differenza. I video – chiaramente muti – ormai hanno più valore del linguaggio vero e proprio.

Parole – Nanopress

Al netto di questo, sono tre gli ambiti da cui i Millennials attingono per potersi esprimere e cioè i social, la trap e il gaming. E così la Crusca ha deciso di andare a pescare quelli che hanno scritto i trend nel periodo che va dal 2018 al 2022.

I termini più comuni

Solo pochi mesi fa, su TikTok e Instagram una giovanissima ragazza, Elisa Esposito, pubblicava un video in cui provava ad insegnare il corsivo ai suoi coetanei e non solo. E no, ovviamente il corsivo non è quello che usiamo per scrivere, ma è un nuovo modo di parlare, basato su un’esagerazione dello slang milanese. La parola più diffusa è “Amio” (letteralmente amore), caratterizzato soprattutto dal suono: quello che caratterizza questo linguaggio è l’allungamento delle vocali finali, che rende ogni parola quasi una cantilena. Va da sé che dopo un simile successone social, l’Accademia non poteva non inserire proprio Amio nel suo vocabolario.

Passando alla lettera B, non possiamo non citare “broski”, storpiatura di bro, quindi fratello. Con questo termine si indica ovviamente un amico quasi fraterno, una persona molto cara insomma. Un tempo “bro” era usato dai giovanissimi, che però ora sono cresciuti ed hanno lasciato il loro posto ad altri (odierni) giovanissimi, che hanno preso quel modo di dire e lo hanno fatto evolvere, a indicare che sì, il tempo passa davvero per tutti.

Andando avanti, ovviamente alla lettera C non potevamo non trovare la parole Crush. Questo termine – ovviamente di derivazione inglese – tra i tanti significati che ha, può indicare anche un’infatuazione. Quindi per i giovani indica la persona per cui si ha una cotta. Oggi quindi sui social si usa proprio al posto del suo nome, così come nei primi anni 2000 si trovavano soprannomi per non far capire di chi si parlava.
Dopo la C viene da D di droppare. Dall’inglese drop, cioè lasciar cadere, questo termine può indicare il lancio di un album, l’uscita di un film, ma anche l’abbandono di una serie tv magari. Insomma può indicare sia qualcosa che sta per uscire, che qualcosa che esce dalle nostre vite.
Arriviamo alla E di eskere, che in realtà è una storpiatura nel vero senso della parola: è in sostanza una parola che deriva da let’s get it, cioè facciamolo. Dobbiamo l’avvento di questo termine ai trapper, tra cui Bello Figo.
Un altro termine in uso tra i giovani è floppare, cioè fallire (da flop). In realtà questo termine esiste dai lontani anni ’90, ma oggi ha un’altra connotazione: ovviamente non ci potevano non essere riferimenti social ed infatti deriva direttamente da TikTok. Qui dire “non fate floppare il mio video” significa, fate in modo che l’algoritmo della piattaforma lo segnali come contenuto di valore.
Diverso è il senso del termine ghostare che, com’è facilmente deducibile, significa sparire (da ghost che in inglese vuol dire fantasma). Questo spesso si usa per indicare il momento esatto in cui si sparisce dalla vita di una persona, ad esempio iniziando a non scriverle più, a non rispondere più ai suoi messaggi, a non visualizzarli nemmeno e così via.
Nel mare magnum del gergo giovanile spicca poi un altro termine, hype. Questo indica il successo di qualcosa, ma anche la sua attesa e l’aspettativa che circonda il suo arrivo.
Un altro termine di derivazione inglese è poi Killare, cioè uccidere (da kill). Ovviamente questo non va preso in senso letterale: si riferisce soprattutto al mondo dei videogames, quindi si riferisce all’aver fatto fuori l’avversario.
C’è poi una parola usata dai giovanissimi, che indica una persona inesperta: si tratta di nabbo (oppure niubbo). Deriva dall’inglese new boy, cioè novellino ed è proprio questo il significato che ha in effetti. Questo può essere usato sia in toni scherzosi che seri e nell’ultimo caso ovviamente acquisisce una connotazione negativa.
I giovani poi sono anche capaci di prendere un termine di uso comune e trasformarlo: è il caso di pieno. Questo ha un significato molto vicino a quello usato comunemente, ma in realtà oggi viene usato per indicare che una persona non ce la fa più a fare qualcosa.
Sempre con la lettera P troviamo poi Pov, sigla di point of view, cioè letteralmente punto di vista. In questo caso questo termine viene indicato per indicare cioè come leggere qualcosa. Si usa soprattutto come inizio della didascalia di un video e ci vuole dire cioè da che prospettiva dovremmo guardarlo.
Restando sempre sulla P, non possiamo non menzionare prefe, abbreviazione di preferito. Si usa in gergo giovanile per indicare una persona, una canzone, un luogo e così via.
Arriviamo poi direttamente alla S, con “Spillare”. E no, non si usa più come prima per indicare una richiesta insistente, ma oggi significa criticare (da “to spill”).
Infine, con la T troviamo ovviamente Top, che si usa per indicare qualcosa di stupendo. Spesso infatti lo possiamo vedere come didascalia sotto foto di panorami stupendi e così via.
Anna Gaia Cavallo

Mi chiamo Anna Gaia Cavallo, ho 30 anni, sono nata a Salerno e lì ho vissuto fino ai miei 18 anni. Poi il viaggio verso Siena per l'università, la laurea in economia e gestione d'impresa e poi il ritorno nella mia città natale. Qui, dopo un anno di lavoro nel settore economico, ho capito che non era questa la strada giusta per me e ho deciso di seguire quella che era sempre stata la mia più grande passione fin da piccola: la scrittura. A quel punto ho lasciato tutto quello che avevo costruito nei sei anni precedenti e ho intrapreso un altro percorso, quello che mi ha portato a diventare giornalista. Iscritta all'albo dei pubblicisti della Campania dal 2019, dopo aver attraversato diversi mondi, sono approdata sul pianeta Nanopress nel 2022 come editor e qui amo occuparmi di cronaca e attualità, ma quando mi capita di scrivere di musica raggiungo il massimo del piacere.

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