La tensione tra Israele e Palestina è ai massimi livelli e, nonostante la ricerca di una sorta di distensione da parte delle autorità internazionali, che continuano a criticare ed ammonire Israele per le azioni sconsiderate provocatorie nei confronti dei territori in Cisgiordania, sembra che la questione sia soltanto destinata a peggiorare, se si osservano le ultime vicende che hanno destabilizzato il Medio Oriente nelle ultime ore.
A seguito degli attacchi avvenuti da parte delle milizie di Hamas, che ha successivamente rivendicato gli attacchi nell’insediamento israeliano chiamato Eli, si sono verificati scontri e attacchi attuati da parte dei cittadini israeliani per vendicare gli attacchi subiti nel proprio territorio.
Israele ha messo a segno un raid lunedì nei confronti del campo profughi di Jenin, già ripetutamente preso di mira, e ciò ha sollevato malcontento indignazione da parte dei cittadini palestinesi e provocato sei morti e oltre 90 feriti, ma oltre a questo anche la decisione presa dal primo ministro Benjamin Netanyahu di concedere al ministro delle finanze di Israele Smotrich, noto ultranazionalista e di linea razzista come da lui stesso dichiarato, il potere decisionale in merito a nuovi insediamenti che verranno realizzati In territorio cisgiordano e che significa, quindi, ulteriori privazioni per i cittadini palestinesi, che verranno quindi privati di ulteriori territori che attualmente abitano e, pertanto saranno costretti a spostarsi a causa dell’espansione di Israele.
Le autorità di Israele sembrano intenzionate a procedere sulle proprie idee senza tener conto degli ammonimenti internazionali e, soprattutto, non hanno il minimo timore della possibile reazione estrema che potrebbe emergere da parte delle autorità palestinesi e islamiche, che non hanno intenzione di accettare ancora discriminazioni e privazioni del proprio territorio e hanno dichiarato che lotteranno per far si che ciò non accada.
La violenza dei coloni israeliani nei confronti degli abitanti dei villaggi palestinesi ha raggiunto livelli elevatissimi nella nottata di martedì 21 giugno. Secondo un funzionario palestinese che monitora la violenza dei coloni, almeno 37 abitanti del villaggio sono stati feriti da proiettili veri o rivestiti di gomma, pietre o gas lacrimogeni. Inoltre, 147 veicoli sono stati danneggiati con pietre o incendiati, inclusa un’ambulanza, mentre 23 case e 16 negozi sono stati danneggiati e i raccolti sono stati dati alle fiamme nei campi.
La ferocia dell’attacco israeliani ricorda gli attacchi dei coloni all’interno e intorno al villaggio di Huwara, a febbraio, che sono stati attuati come risposta all’uccisione di due fratelli israeliani. La gravità della violenza precedente è stata tale che il comandante delle forze israeliane in Cisgiordania l’ha definita un “pogrom” riportando alla mente ricordi storici di violenze etniche contro gli ebrei.
Gli attacchi di martedì hanno avuto luogo su una vasta area della Cisgiordania settentrionale, da Turmus’ayya a est di Ramallah a Deir Sharaf a ovest di Nablus.
Gli scontri armati che hanno mostrato come protagoniste le forze di sicurezza israeliane contrapposte alle milizie islamiche come Hamas, che governa la Striscia di Gaza, ma anche delle truppe filo-iraniane come Hezbollah di stanza in Libano, preoccupano le autorità internazionali che temono si sviluppi un conflitto, che ha già mostrato nel passato e chiaramente quali sarebbero gli esiti.
Il portavoce capo delle forze di difesa israeliane Daniel Hagari ha invitato le persone a non farsi giustizia da soli, a seguito della violenza dimostrata dai cottadini israeliani contro i villaggi palestinesi. Ma, allo stesso tempo, il ministro della sicurezza nazionale di estrema destra Ben Gvir ha invocato i coloni ad armarsi per evitare di diventare una facile preda per gli attacchi palestinesi.
L’IDF, che ha già aumentato il proprio numero di truppe nell’area dopo gli attacchi di febbraio, non ha ancora risposto immediatamente alla richiesta della CNN di commentare la violenza notturna.
Lunedì, un raid israeliano effettuato nella città di Jenin in Cisgiordania, si è tramutato in un feroce scontro a fuoco, che ha provocato la morte di almeno sette palestinesi e decine di feriti. La situazione è estremamente delicata e richiede un’attenzione immediata e decisa per poter garantire la pace e ma, sopratutto, la sicurezza per tutti i residenti della Cisgiordania.
Il giorno successivo alla violenza dei coloni israeliani contro i villaggi palestinesi, due uomini armati palestinesi hanno ucciso quattro israeliani vicino all’insediamento di Eli in Cisgiordania. Entrambi i malviventi sono stati uccisi dalle truppe di Israele.
Il movimento militante palestinese Hamas ha rivendicato i due uomini armati come membri e ha definito l’attacco come “una risposta naturale” al raid israeliano su Jenin del giorno precedente.
La tensione scaturita dalle dinamiche sociali e razziali è appesantita dalle decisioni del governo Netanyahu che, a seguito dell’attacco all’insediamento di Eli, ha deciso di avviare una nuova espansione proprio nella zona dando il benestare a un progetto che prevede la realizzazione di 1000 nuove abitazioni.
Una mossa provocatoria che si aggiunge alle azioni sulle quali il popolo palestinese giura vendetta.
Mercoledì 21 giugno, l’Egitto ha emesso una dichiarazione ufficiale in cui ha richiesto l’immediata cessazione degli attacchi da parte dei coloni contro le città palestinesi in Cisgiordania. Nel comunicato, l’Egitto ha sottolineato la sua condanna verso qualsiasi forma di punizione collettiva inflitta ai civili palestinesi. Nel contempo l’organizzazione terroristica palestinese Hamas ha espresso la sua determinazione a resistere agli attacchi contro Turmus Aiya, affermando che: “tali azioni non intimidiranno il coraggioso popolo palestinese e saranno invece incontrate con ancora più fermezza e resistenza.”
L’Unione Europea, tramite la sua delegazione in Palestina, ha anch’essa condannato l’attacco dei coloni a Turmus Aiya, utilizzando il proprio account Twitter ufficiale per esprimere forte disapprovazione nei confronti della recente escalation di violenza perpetrata dai coloni in tutta la Cisgiordania. L’UE ha inoltre denunciato gli inaccettabili atti di violenza indiscriminata perpetrati dai coloni contro i civili palestinesi e la distruzione di proprietà e ha sottolineato la necessità di porre fine a qualsiasi forma di violenza e di garantire la sicurezza e la protezione dei civili, indipendentemente dalla loro origine etnica o religiosa.
Nuovi scontri scontri sono in atto ed emerge che le milizie di Hezbollah sono riuscite ad attraversare il confine e hanno creato una postazione a Israele.
Il governo israeliano ha annunciato piani per la costruzione di 1.000 nuove case nell’insediamento di Eli in Cisgiordania, in risposta all’attacco terroristico di martedì, in una stazione di servizio che ha causato quattro vittime.
Il primo ministro Netanyahu insieme al ministro della Difesa Gallant e al ministro delle Finanze Smotrich hanno sostenuto la scelta presa affermando che si tratta della loro risposta al terrorismo è di colpirlo duramente e costruire il proprio paese.
Le 1.000 unità abitative saranno in aggiunta alle 4.560 nuove case che il Consiglio superiore di pianificazione dell’amministrazione civile prevede di avanzare alla fine di questo mese.
Tuttavia questi piani hanno suscitato preoccupazioni tra la comunità internazionale, poiché gli insediamenti israeliani in Cisgiordania sono considerati illegali dal diritto internazionale e sono stati fonte di tensioni con i palestinesi. La costruzione di nuove case in tali insediamenti potrebbe ulteriormente aggravare la situazione e compromettere gli sforzi per una soluzione relativamente pacifica della questione.
Eli si trova a circa 24 chilometri sopra le linee che delimitano i confini all’interno del territorio, precedenti al 1967, al largo dell’autostrada 60 nella regione di Binyamin. L’insediamento è inserito nella Zona C, come tutti gli insediamenti israeliani in Cisgiordania, nella quale il piano di pace prevede che Israele possa esercitare eventualmente la sovranità.
Va notato che molti paesi e organizzazioni, tra cui l’ONU, hanno ripetutamente affermato che gli insediamenti israeliani in Cisgiordania oltre a violare il diritto internazionale e costituiscono fonte di sofferenza e scontri nella regione. La comunità internazionale ha anche chiesto a Israele di fermare la costruzione di nuove case negli insediamenti e di ritirarsi dalle terre occupate.
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