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Isis: musulmani prime vittime dei terroristi

L’Isis attacca l’Europa ma sono i musulmani le prime vittime dei terroristi. Molti occidentali, infatti – siano essi europei, statunitensi, sudamericani o australiani – sono convinti che l’obiettivo principale (se non l’unico) dell’Isis sia sottomettere il nemico infedele per realizzare il Califfato islamico. Ma questa ”lotta di civiltà” in nome del Corano, in realtà causa il maggior numero di vittime proprio tra gli stessi musulmani e non tra i cristiani, gli yazidi, o altri gruppi di – chiamiamoli così – ”infedeli”. Quanti di voi hanno riflettuto sul fatto che un giorno prima dei clamorosi attentati a Parigi, a Beirut è accaduta una strage analoga?

Fino a oggi il conteggio dei musulmani morti nel 2015 è di 23mila vittime. La jihad odia i moderati, non soltanto gli infedeli, quindi i terroristi dell’Isis non si fanno troppi problemi a uccidere chi non abbraccia la legge islamica (sharia). Il problema è che le notizie da quella parte di mondo vengono veicolate e ”epurate” quindi la conta effettiva delle vittime non arriva sui giornali europei. I media occidentali riportano con enfasi notizie di attentati nelle nostre città, rimarcando le decine di vittime conseguenti, ma è dunque difficile sapere con precisione il numero di morti uccisi dall’Isis nei Paesi a maggioranza islamica (24.517 nel 2014).

Ad esempio, quanto di voi hanno riflettuto sul fatto che un giorno prima dei clamorosi attentati a Parigi, a Beirut, lo Stato islamico colpiva il quartiere sciita di Borj el Barajneh, facendo 43 morti e 239 feriti? Si è trattato dell’attentato più cruento commesso nella capitale libanese da oltre vent’anni. Studentesse, bambini, padri di famiglia sono morti. Eppure non c’è stata la stessa commozione e reazione degli attentati messi a segno dagli stessi autori a Parigi, solo ventiquattr’ore dopo. Anzi, l’attentato di Beirut è stato rapidissimamente oscurato da quelli di Parigi, di cui invece sono circolate per ore le immagini e le crude testimonianze dei sopravvissuti.

I cittadini più aperti e colti che vivono nei Paesi islamici non ci stanno, si sentono ingiustamente paragonati ai terroristi, accusati, feriti. Non sono forse gli occidentali a non volere vedere l’evidenza? La Siria, il Libano, l’Iraq, l’Afghanistan, vengono percepiti in Europa come posti lontani in cui il conflitto perenne ”è cosa loro”, e non ci riguarda. E invece, in un mondo del tutto globalizzato, le conseguenze le vediamo per le strade delle nostre città, dove milioni di profughi si riversano per scampare alla ferocia jihadista.

Kati Irrente

Giornalista per vocazione, scrivo per il web dal 2008. Mi occupo di cronaca italiana ed estera, politica e costume. Naturopata appassionata del vivere green e della buona cucina, divido il tempo libero tra musica, cinema e fumetti d'autore.

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