Fatale fu l’ostruzione di Twitter all’attività frenetica sui social dell’ISIS: un utente non meglio identificato avrebbe messo nel mirino Jack Dorsey, uno dei co-fondatori del portale principe del microblogging. Messo nel mirino letteralmente: è stata pubblicata questa immagine che potete visualizzare qui sopra con un’immagine di Dorsey come se visto da un cecchino. La minaccia è chiara e si può verosimilmente considerare una condanna a morte, seppur virtuale. A lui e a tutta la sua famiglia. L’ennesimo atto intimidatorio del califfato, scopriamone di più.
Sono tanti i messaggi contro Twitter che sono arrivati nelle ultime ore, a partire da quello indirizzato a Jack Dorsey che il social network l’ha co-fondato nella preistoria del web 2.0. “Come pensi di proteggere i tuoi miserabili dipendenti Jack, quando il loro collo diventerà bersaglio ufficiale per i combattenti dell’Isis e i suoi sostenitori, cosa dirai alle loro famiglie e ai loro figli. Sei stato tu a coinvolgerli in questa guerra persa“, scrive la minaccia a 140 caratteri corredata dall’immagine qui sopra. Si può considerare quasi un invito a prendere un’azione non solo contro l’individuo, ma proprio contro l’ostruzione online.
D’altra parte Twitter è stato uno dei mezzi più utilizzati non soltanto per diffondere le brutali immagini e video delle uccisioni di giornalisti, operatori e personale catturato, ma anche per andare a ingaggiare e predicare. Sono tantissimi gli affiliati che sono stati sedotti e chiamati alle armi proprio attraverso il social network. L’appello risuona ancora più forte in altri messaggi: “A tutti i jihadisti individuali nel mondo: colpite Twitter e i suoi interessi in ogni luogo, persona ed edificio, e non lasciate sopravvivere nessun ateo“, che prosegue nel discorso della propaganda del terrore.
Molti analisti hanno preso sottogamba questa minaccia quasi come se fosse l’ennesimo atto tragicomico di un’armata spietata quanto sgangherata, ma non si deve dimenticare quanto capitato al giornale satirito Charlie Hebdo e alla potenza dell’emulazione. Fosse anche un utente fasullo e non vicino a ISIS quello che ha condannato Dorsey, non è da sottovalutare l’eco che le sue parole potrebbero scatenare nei simpatizzanti del califfato.
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