Niente da fare per I’m Watch: lo smartwatch italiano alza bandiera bianca a circa due anni dalla nascita, stroncato da previsioni di vendite troppo ottimiste rispetto alla realtà, da alcuni inevitabili limiti tecnici e – in generale – da una tempistica di uscita in mercato che ha anticipato troppo l’esplosione del settore dei wereable gadgets. Ammesso e non concesso che faranno il boom. “Siamo stati i pionieri in questo settore, è un peccato sia finita così“, hanno comunicato i fondatori, che peraltro si erano avvalsi del finanziamento di Ennio Doris di Banca Mediolanum. Ma non è stato sufficiente e così a pochi mesi dall’uscita di Apple Watch la società è in fase di chiusura. Che cos’era I’m Watch?
Il primo smartwatch italiano
I’m Watch è un orologio digitale che include il sistema operativo Android di Google consentendo di poter installare applicazioni selezionate e aprendo anche allo sviluppo di software appositamente ottimizzati per il suo hardware. Può essere sincronizzato con dispositivi con sistema operativo iOS (dunque iPhone o iPad), così come Android e Blackberry, ma non è un semplice mirror dello smartphone o tablet quanto un device a se stante che infatti può collegarsi direttamente alle utenze sociali ad esempio su Facebook, Twitter e Instagram, così come archiviare SMS, email o ancora effettuando telefonate con vivavoce. Si può anche appoggiare a una piattaforma on the cloud.
Il grande limite della batteria
I’m Watch poteva essere acquistato in diverse varianti da quello più economico e colorato a quello di lusso con anche placcatura in oro. Vi ricorda qualcosa? È la stessa strategia che ora ha adottato Apple con il suo Watch. Il suo grande limite strutturale era da riscontrare in una batteria che arrivava con difficoltà a fine giornata e necessitava dunque di una ricarica a ogni nottata, anche perché utilizzava il tethering via Bluetooth, una soluzione che – soprattutto coi vecchi standard – succhiava parecchia energia.
Il futuro incerto degli smartwatch
I’m Watch ha seguito lo stesso destino beffardo di chi è arrivato troppo presto ed è stato fagocitato dai rivali. Di più: è morto prima ancora di assistere all’eventuale successo di Apple Watch. Ma siamo sicuri che sarà un boom dei gadget indossabili? Non siamo un granché ottimisti, nonostante tutte le società snocciolino previsioni altisonanti. Lo avevano fatto anche i creatori di questo dispositivo, salvo poi scontrarsi con la dura realtà. È vero, anche i tablet non sono indispensabili, ma sono venduti in tutto il mondo più ancora dei PC, ma siamo sicuri che un orologio digitale con batteria dalla vita limitata e – in generale – che non offra niente di così particolarmente irrinunciabile possa sopravvivere in un mercato in crisi?
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