I tartufi sarebbero come la cannabis, perché questi tuberi, soprattutto il tartufo nero, conterrebbero una molecola del piacere simile a quella sostanza in grado di dare alla cannabis le sue proprietà psicoattive. Lo ha dimostrato uno studio italiano, condotto dai ricercatori del Campus BioMedico di Roma, in collaborazione con i botanici dell’Università dell’Aquila. La sostanza su cui si è concentrata l’attenzione degli studiosi è l’anandamide. Ecco spiegata, quindi, l’origine di quella che si presenta a tutti gli effetti come una vera passione per la ricerca dei tartufi.
I ricercatori hanno provato a studiare gli effetti dell’anandamide e hanno visto che questa sostanza scatena il rilascio di elementi chimici, in grado di procurare benessere e di regolare l’umore. Secondo le ipotesi che sono state formulate, i tartufi sarebbero strutturati in questo modo, in modo da attrarre gli animali e spingerli a nutrirsene. Soltanto in questa maniera le spore possono essere diffuse nell’ambiente e i tartufi possono distribuirsi.
Qualche anno fa gli studiosi erano riusciti a capire che la formazione della melanina nella pelle è regolata proprio dall’azione degli endocannabinoidi. Visto che il tartufo nero contiene melanina, i ricercatori si sono chiesti se l’anandamide potesse essere contenuto anche nel tubero.
Sembrerebbe un controsenso, perché nel tartufo nero non ci sono dei recettori, su cui questa sostanza può agire per stimolare la produzione di melanina, eppure la molecola è presente ed è attiva. Qual è dunque la sua funzione? Gli studiosi non hanno dubbi sul fatto che la sostanza nel tartufo stimoli gli animali a non rinunciare a questo alimento.
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