Moltissimi lavoratori in vari Paesi appartenenti all’Unione Europea hanno deciso di ribellarsi all’attuale situazioni che stanno vivendo, segnata dall’aumento dei prezzi da un lato, ma da un mancato incremento dei salari dall’altro e hanno pensato di scendere nelle piazze per protestare.
L’Unione Europea non sta vivendo affatto un ottimo momento storico. La crisi conseguente allo scoppio della pandemia aveva già creato non pochi problemi, ma ci ha pensato la guerra in Ucraina a mettere il dito nella piaga e renderla ancora più profonda. I lavoratori quindi non ci stanno più e hanno deciso di iniziare a ribellarsi a un sistema che non garantisce loro un’indicizzazione degli stipendi nonostante l’inflazione ancora oggi viva.
La situazione nell’Unione Europea – dal punto di vista economico, sociale, lavorativo – è tutt’altro che idilliaca attualmente. La pandemia aveva già spazzato via molti posti di lavoro, alcune aziende avevano chiuso, alcuni negozi abbassato per sempre la saracinesca, alcune attività erano fallite. Era partita una crisi economica considerata da molti senza precedenti ma, si sa, il mondo della finanza è bello perché è vario e ci insegna che, ad ogni discesa, segue sempre una salita. Ed infatti, dopo un biennio a dir poco drammatico, il 2022 era partito con il piede giusto: i mercati erano in ripresa, molte società, ristoranti, bar erano riusciti a risollevarsi, teatri, cinema, sale giochi erano ormai tornate alla normalità (anche se molti non del tutto) e tutto sembrava andare come doveva andare.
Quello doveva essere l’anno quindi della rinascita, peccato che però, neanche un paio di mesi dopo il suo inizio (cioè verso fine febbraio), ci abbia pensato la guerra in Ucraina a buttare al vento tutti i miglioramenti fatti. In pratica è come se qualcuno pazientemente avesse messo in ordine tutte le carte e poi fosse arrivato qualcuno a soffiarci sopra per buttarle a terra e sparpagliarle senza senso. Da lì, il caro prezzi della benzina, poi dell’energia, poi delle materie prime. L’inflazione – ancora presente, anche se verosimilmente in discesa – a cui adesso si sta aggiungendo la puzza di recessione (mondiale tra l’altro). Ormai sembra quasi che per ogni cosa che sta andando leggermente meglio – vedi prezzi – un’altra debba arrivare e andare male per forza (vedi imminente presunta contrazione del mercato).
L’Europa insomma – ma anche molti Paesi esteri – sembra non riuscire proprio più a trovare un equilibrio ormai, perché probabilmente questo era già abbastanza precario prima dell’avvento della pandemia e tutte le vicende, il caos, le problematiche geopolitiche attuali lo hanno spezzato ulteriormente.
Alla luce di ciò, oggi pensioni, sanità e stipendi sono i tre temi caldi a cui la popolazione europea tiene particolarmente. E sono proprio questi ad aver generato una serie di proteste in diversi Paesi.
Pensioni, sanità e stipendi sono ormai i tre capisaldi alla base delle tantissime proteste che ormai viaggiano in tutta l’Europa. Le piazze sono gremite, i lavoratori non ne possono più della situazione attuale, con l’inflazione onnipresente e i salari che non sono adeguatamente elevati.
In cima alla lista dei Paesi che stanno cercando di dire basta a questa sproporzione si colloca il Regno Unito. Qui, infatti, il tasso d’inflazione (a doppia cifra) non è accompagnato da un’adeguata indicizzazione dei salari. Questo a sua volta ha portato a disguidi nei trasporti e negli ospedali durante le vacanze natalizie (e qui, infatti, torna il tema della sanità). Pare inoltre che vi sarà una nuova ondata di scioperi, che vedrà da un lato gli insegnanti, dall’altro il personale delle ambulanze e gli infermieri, ma tutti “opereranno” in sinergia per cercare di ribellarsi al mancato aumenti degli stipendi.
Ma sia chiaro: questo è solo un esempio, perché al Regno Unito si unisce anche la Spagna. Nello specifico, Madrid ha visto invadere le sue piazze e le sue strade. Chi era tra i presenti? Gli operatori ospedalieri, contrari alla privatizzazione e ai tagli della spesa sanitaria. Basti pensare che qui il personale non ospedaliero dei reparti di pronto soccorso da ottobre del 2022 lavora a regime dimezzato per via delle proteste e anche a causa della mancanza del personale.
Non è chiaro quante persone abbiano partecipato alla manifestazione – mentre le fonti governative parlano di 30mila camici bianchi, gli organizzatori hanno stimato 50mila presenze circa – ma poco cambia, perché il numero è comunque palesemente ingente. Ma non finisce qui, perché pare che, come ha affermato El Pais, ci saranno tre giorni di sciopero.
Anche in Francia la situazione non pare essere migliore: qui l’età pensionabile è stata alzata, passando da 62 a 64 anni. Lo ha annunciato il presidente Emmanuel Macron e subito alla sue parole sono seguite reazioni da parte dei sindacati. Questi ultimi si sono immediatamente definiti contrari alla decisione presa. Per questo motivo giovedì 19 gennaio pare che anche nel Paese ci sarà uno sciopero generale, a cui verosimilmente prenderanno parte soprattutto esponenti appartenenti ai settori dei trasporti, dell’istruzione, della sanità, dell’energia e dei servizi pubblici, cioè i più colpiti.
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