Una famiglia della provincia di Grosseto è rimasta chiusa in casa per oltre trent’anni in una sorta di auto-reclusione dovuta alla paura dell’esterno, del mondo, di quello che ci poteva essere fuori, paura del pericolo, del male. Dopo un guasto alle tubature del bagno, però, e il necessario intervento di un tecnico, la situazione è stata portata alla luce nel 2014 e l’auto isolamento è finito grazie all’ordinanza di un trattamento sanitario obbligatorio emanata dal sindaco locale.
La storia comincia agli inizi degli anni Ottanta, quando due ragazzi, un fratello e una sorella oggi cinquantenni, sono rimasti chiusi nell’appartamento dopo la morte del padre. La decisione era stata presa dalla madre che si era convinta che il mondo esterno fosse pieno di pericoli, assecondata da un parente che le ripeteva di tenere i figli a casa: ”non sai chi possono incontrare”. La mamma era l’unica ad uscire, giusto il tempo per fare delle commissioni: spesa, bollette, il ritiro della pensione. Parlava con i vicini e con il parroco ma poi si barricava in casa con i figli. Dopo gli 80 anni non è riuscita più a fare le scale, e si faceva consegnare la spesa a domicilio direttamente dal negozio sotto casa.
Così, per tanti anni non solo i ragazzi non potevano uscire, ma nemmeno parenti e amici potevano entrare, venivano lasciati sul pianerottolo. L’unico modo per comunicare era parlare dal portone lasciato semiaperto o dalle scale del condominio. Si facevano rare eccezioni per gli infermieri che entravano a dare il loro aiuto al figlio gravemente malato. A riportare la storia è Il Tirreno online, in cui si legge anche che, per evitare contaminazioni dall’esterno, gli infissi della casa erano stata ricoperta di carta assorbente (ormai ingiallita) e nastro adesivo. C’erano sacchi di immondizia ovunque, in gran parte ricoperti da scarafaggi. E anche un sacco con 57mila euro.
L’estate del 2014, a causa di una perdita d’acqua è stato chiamato l’idraulico, che però si rifiutava di intervenire per il cattivo odore e le scarse condizioni igieniche: basti pensare che lo sciacquone era fuori uso e sostituito da un secchio d’acqua. Inoltre, tra l’immondizia l’idraulico aveva notato il letto su cui giaceva il fratello paralizzato, malato di distrofia muscolare.
Dall’esposto del tecnico è scattato il trattamento sanitario obbligatorio per la madre e i due figli ormai cinquantenni. In seguito la figlia è stata affidata a una casa di accoglienza, mentre madre e figlio sono stati ricoverati in ospedale. Gli addetti del Comune hanno disinfettato e disinfestato l’appartamento. Ora, a distanza di un anno, l’anziana madre e i due figli stanno meglio e la figlia potrebbe ritornare in quella casa.
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