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Ambiente

Giornata internazionale delle foreste: ecco le più belle d’Italia

Oggi, 21 marzo, inizia la primavera, ma si celebra anche la Giornata internazionale delle foreste. Ecco quindi le più belle che esistono in Italia.

Foresta – Nanopress.it

Oggi si celebra la giornata internazionale delle foreste, quindi l’attenzione verso queste ultime è massima (fermo restando che dovrebbe esserlo tutti i giorni e non solo oggi). A questo proposito, quali sono i boschi italiani più belli? Eccoli.

La giornata internazionale delle foreste

La natura insegna, coinvolge, stravolge ogni equilibrio, mentale e fisico. Gli odori, la vista, il tatto, tutto diventa ordine nel caos. Chi non avrebbe voglia di mollare tutto e vivere immerso nel verde? Forse qualcuno ci sarà, ma la maggior parte delle persone fare di tutto per poterlo fare.

Forse arrivare addirittura a questo punto potrebbe essere difficile, ma almeno trascorrere qualche ora – ma anche qualche giorno – a stretto contatto con la natura è possibile anche in Italia. Sì, ma dove? Prima di rispondere a questa domanda dobbiamo fare una precisazione doverosa.

Innanzitutto i boschi nostrani sono tutti coltivati: quasi nessuno è naturale, ma tutti nascono dall’azione dell’uomo (che, a quanto pare, prima di distruggere il Pianeta, lo crea, nel vero senso della parola). Come ha scritto Mauro Agnoletti, professore dell’Università di Firenze e titolare della cattedra Unesco sui paesaggi rurali, nel suo libro L’Atlante dei boschi italiani (pubblicato di recente da Laterza): “Il nostro patrimonio boschivo ha valenza culturale, sociale e storica. Da questo punto di vista, in Italia non abbiamo boschi scientificamente definibili come «naturali», cioè non toccati dall’uomo, bensì formazioni arbustive e arboree che nel tempo sono state tutte utilizzate per qualche scopo e che, quindi, sono parte integrante del paesaggio culturale italiano”.

Questo potrà salvare l’Italia dalla deforestazione? No, perché, di fatto, questa oggi è meno pericolosa di quanto possa sembrare. La superficie boschiva, infatti, oggi ricopre quasi il 36% del territorio nazionale, più del triplo rispetto al secolo scorso, in cui costituiva il 10%. Certo, i boschi non nascono da soli: è stata la mano dell’uomo a prendere terreni agricoli abbandonati e a renderli tali, trasformandoli. Del resto, abbiamo appena detto che nel Belpaese (quasi) tutti sono “artificiali”, quindi non potevamo aspettarci altri di certo.

Detto ciò, per chi non lo sapesse, oggi non è solo l’inizio della primavera: è anche la Giornata internazionale delle foreste, quindi queste meritano un’attenzione particolare (fermo restando che la meritano tutti i giorni, il verde non va affatto trascurato, perché aiuta a tenerci in vita, anche se molti non lo considerano).

Innanzitutto vale la pena soffermarsi su questo giorno e sulla sua genesi. Introdotta il 21 dicembre 2012 con risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, questa celebrazione è nata allo scopo di sensibilizzare la popolazione alla tutela delle foreste. In questo modo inoltre tutti i Paesi sono spinti a intraprendere iniziative – come le campagne di piantagione degli alberi – atte a preservare il verde. 

Detto ciò, soffermandoci sul territorio italiano, non tutti sanno che attorno ai boschi nostrani ruotano tantissimi aneddoti. Ad esempio, ai tempi di Romani, alcuni – tra cui quello di Monteluco in Umbria – erano destinati a una divinità: erano quindi sacri e fungevano fa omaggio agli dei. E ancora, le città marinare – Amalfi, Genova, Venezia e Pisa – iniziarono a trovare la loro fortuna grazie ai boschi, i cui alberi venivano poi usati per costruire le imbarcazioni.

Giornata internazionale delle foreste – Nanopress.it

Potremmo continuare all’infinito, ma una domanda sorge spontanea a questo punto: quali sono i boschi più belli che il nostro Paese “nasconde”? Eccone alcuni.

I boschi più belli di Italia

Il primo bosco italiano di cui vale la pena parlare è quello di Abetine di Vallombrosa, in Toscana. Legato ai Benedettini – che tra il ‘300 e ‘400 tagliavano e piantavano gli alberi per il commercio di legname – questo è stato il teatro della prima scuola forestale. Era il 1869 esattamente e la tradizione così legata alla coltivazione fece sì che proprio questo luogo ospitasse la nascita delle prime scienze forestali. La scuola oggi ha lasciato il posto a una “riserva naturale” biogenetica dei Carabinieri, che in realtà altro non è che un bosco artificiale in cui l’abete bianco che la fa da padrone viene coltivato e poi tagliato. Questo luogo oggi viene definito anche “la palestra della facoltà di scienze forestali di Firenze”.

E ancora, un altro bosco celebre è quello di Frassineti da manna, in Sicilia, situato precisamente nella zona nord-orientale della Provincia di Palermo. Tra Pollina e Castelbuono è possibile vedere ancora oggi alcuni esemplari di Fraxinus ornus – meglio conosciuti appunto come frassini della manna – alberi appartenenti alla famiglia delle Oleaceae, che possono arrivare a superare i 10 metri di altezza, ma vengono spesso rigovernati a cespuglio. Da questi è possibile ottenere la manna, dolcificante naturale ed emolliente.

Restando a Sud, troviamo i Giganti della Sila, in Calabria. Trattasi di pini larici della Riserva naturale del Fallistro, alberi monumentali che hanno alle spalle una storia a dir poco curiosa. La leggenda narra che, durante la prima metà del 1600, un nobile proprietario terriero, che aveva costruito proprio nella zona la sua dimora estiva, con annessa una filanda, volesse abbellire l’area piantando alberi autoctoni tipici della zona della Sila, al fine di creare una sorta di orto botanico. Ebbene, quelli erano proprio i pini larici, di cui oggi restano 58 esemplari. Accanto a loro attualmente è possibile trovare altri alberi, tra cui meli selvatici, faggi, castagni, pioppi tremuli e aceri montani.

Salendo verso Nord, è possibile trovare i Castagneti da frutto in Liguria, che hanno costituito per molto tempo un bosco insostituibile della zona montana e collinare. Non a caso, si parla ancora oggi di civiltà del castagno: questi sono stati fondamentali soprattutto per ottenere la farina con cui preparare il pane, ma anche perché alcuni di loro venivano terrazzati e irrigati (come in genere accade per i vigneti e gli uliveti) e ancora oggi nella Valle Sturla è possibile visionare dei castagneti irrigui i cui canali portavano acqua dalla montagna.

E ancora, in Trentino sorge il bosco dei violini, denominato così perché il legno degli abeti rossi che lo costituiscono per il 90% viene usato, grazie alla sua capacità di risonanza, proprio per costruire questi strumenti (nello specifico per le casse armoniche). Chiamata anche foresta di Paneveggio ed è costituita anche dall’abete bianco, dal larice e dal pino cembro, mentre il suo sottobosco è costituito da un tappeto di mirtillo nero e rosso. La leggenda narra che tra le sue tante sfumature di colori si sia perso anche Stradivari mentre era intento a cercare gli alberi adatti per ottenere i suoi violini. Inoltre sempre in Trentino, accanto alla Val di Fiemme, esistono ancora oggi i canali in pietra che scendono dalle montagne lungo le quali in inverno, sfruttando il ghiaccio e la neve, scendevano i tronchi abbattuti, dando vita a un sistema che costituisce un unicum a livello mondiale.

Infine, un altro bosco italiano degno di nota è il Parco dell’Uccellina, in Toscana – il suo nome ufficiale in realtà è Parco naturale della Maremma – che si estende per più di 10mila ettari in provincia di Grosseto, proprio nel cuore della Maremma. Questo è costituito da una fitta vegetazione prevalentemente formata da macchia mediterranea. Questa proviene da boschi che in passato erano stati incendiati, ma che poi sono stati riprodotti negli anni attraverso uno stato arbustivo che i contadini usavano sia per produrre le fascine usate per i forni, sia le scope. Così dalla Toscana queste venivano esportate e condotte in altre città, tra cui Milano e Napoli, in cui venivano usati per pulire le strade.

Adesso che conosciamo le foreste italiane più belle, non ci resta che visitarle tutte.

Anna Gaia Cavallo

Mi chiamo Anna Gaia Cavallo, ho 30 anni, sono nata a Salerno e lì ho vissuto fino ai miei 18 anni. Poi il viaggio verso Siena per l'università, la laurea in economia e gestione d'impresa e poi il ritorno nella mia città natale. Qui, dopo un anno di lavoro nel settore economico, ho capito che non era questa la strada giusta per me e ho deciso di seguire quella che era sempre stata la mia più grande passione fin da piccola: la scrittura. A quel punto ho lasciato tutto quello che avevo costruito nei sei anni precedenti e ho intrapreso un altro percorso, quello che mi ha portato a diventare giornalista. Iscritta all'albo dei pubblicisti della Campania dal 2019, dopo aver attraversato diversi mondi, sono approdata sul pianeta Nanopress nel 2022 come editor e qui amo occuparmi di cronaca e attualità, ma quando mi capita di scrivere di musica raggiungo il massimo del piacere.

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