Caterina Viscomi è imprigionata in un letto d’ospedale, da quando è entrata in coma, quasi due anni fa. Non ha mai avuto modo di vedere, né di stringere il suo piccolo Aldo, nato poco prima che lei iniziasse a stare male, perdendo poi irreversibilmente coscienza.
Secondo quanto riportano le fonti, nella sala operatoria dell’ospedale Pugliese di Catanzaro il volume degli allarmi dei respiratori venivano quasi azzerati perché l’anestesista di turno non sopportava il rumore degli strumenti. Quando i livelli d’ossigeno di Caterina Visconti si sono improvvisamente abbassati, nessuno, in sala parto, se n’è accorto.
E’ proprio per via della ‘particolare sensibilità’ dell’anestesista, che oggi una neomamma è in stato vegetativo all’ospedale Sant’Anna di Crotone. La donna, oncologa di professione, dopo aver dato alla luce il primogenito Aldo, nella notte del 6 maggio 2014, è andata in coma, perché nessuno è intervenuto tempestivamente, quando lei ha iniziato a perdere ossigeno.
Il marito, Paolo Lagonia, a distanza di due anni da quella maledetta notte, non ha ancora avute risposte certe su quanto sia realmente accaduto a sua moglie, mentre stava partorendo.
L’anestesista, il 12 luglio 2014 era stata iscritta nel registro degli indagati, come unica responsabile dei danni celebrali manifestatisi nella paziente Viscomi, tuttavia non è mai stata interrogata. Solo sei mesi dopo è morta per cause naturali e l’inchiesta è stata archiviata. Il marito non si è arreso e il suo avvocato, Giuseppe Incardona di Palermo, ha presentato un’istanza di prosecuzione delle indagini. I giudici hanno accolto la richiesta, ma secondo quanto dichiarato da Paolo Lagonia ‘le indagini non fanno passi avanti e ci sono altri medici che dovrebbero rispondere del danno neurochirurgico subito da mia moglie’.
Soltanto nei giorni scorsi, il coordinatore della nuova indagine, Catanzaro Debora Rizza, ha nominato una team di periti, che dovranno effettuare nuovi accertamenti.
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