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Dai deportati agli immigrati: la giornata della memoria dimenticata

Il 27 gennaio il mondo si ferma a ricordare l’Olocausto nella giornata della Memoria. Il giorno scelto è quello dell’apertura dei cancelli del campo di concentramento di Auschwitz, quando si tolse il velo dell’ignoranza e l’orrore apparse in tutta la sua brutalità. Ci ripetiamo ogni anno che l’esercizio della memoria è la sola arma contro la violenza. Ricordiamo perché non debba più accadere, eppure siamo come ciechi. Il nostro tempo sta vivendo un dramma per molti versi simile. Milioni di immigrati e profughi disperati, in fuga dai loro Paesi, uomini, donne e bambini trattati alla maniera dei deportati perché diversi, per il colore della pelle e la religione.

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Il dramma dell’immigrazione oggi mostra il volto più ingiusto della società moderna, nata dalla sconfitta del nazifascismo. L’Occidente e soprattutto l’Europa ha reagito costruendo nazioni democratiche, dove il rispetto dei diritti umani è garantito, la discriminazione su base religiosa è stata abolita e la libertà di essere se stessi è assicurata da leggi e costituzioni.

Quando però la guerra ha bussato ai confini europei, quell’apertura democratica si è ritirata, come la bassa marea. Lo straniero è diventato di nuovo il pericolo numero uno. Durante e dopo la guerra dei Balcani c’erano gli “albanesi”, colpevoli di ogni atrocità, dipinti come violenti “venuti in Italia a rubare il lavoro agli italiani”. In seguito, si sono aggiunti i “marocchini”, a indicare tutti i nordafricani arrivati sulle nostre coste, secondo la spersonalizzazione cara al nazifascismo. Oggi sono gli immigrati in generale: non importa se profughi, richiedenti asilo, immigrati economici, basta che siano musulmani o con la pelle più scura che subito scatta un senso strisciante d’odio che porta alla costruzione di nuovi muri anche all’interno della tanto declamata Unione Europea.

Certo molte cose sono diverse. Il nazismo ha pianificato scientificamente la distruzione di un popolo, usando la religione come scudo. Gli ebrei hanno una lunga storia di discriminazione alle spalle, sono il popolo in fuga per eccellenza, additati come diversi da secoli e per questo indicati come il male da estirpare.

L’antisemitismo ha prodotto l’orrore dell’Olocausto, ma la vera motivazione che ha spinto Adolf Hitler è, se possibile, ancora più bieca. Il nazismo, come tutte le dittature, ha voluto distruggere la diversità e la complessità umana, ha tentato di annientare i diversi in nome di una fantomatica purezza della razza. Nei campi e nei forni sono finiti ebrei ma anche rom, omosessuali e oppositori politici, comunisti e preti cattolici: chi non corrispondeva ai canoni del perfetto soldatino di latta del Reich, pronto ad alzare il braccio davanti a ogni svastica, doveva essere annientato.

Le bombe degli Alleati hanno scacciato il fantasma del nazifascimo dall’Europa. L’Italia stessa si è risollevata dopo il Ventennio fascista, pagando un tributo di sangue enorme. Dopo decenni di pace e prosperità, come ha reagito l’Occidente di fronte a un nuovo popolo di disperati in fuga? Chiudendo gli occhi e dimenticando.

Le destre hanno costruito l’immagine di una patria pura, innalzandosi a difensori della cristianità europea (non importa se Hitler e Mussolini avevano un forte legame con alcuna parte dell’Islam), mentre le sinistre non sono riuscite a conciliare accoglienza e sicurezza.

Così, gli immigrati vengono trattati anche peggio dei deportati nella moderna Europa, i loro diritti vengono calpestati in nome di una presunta difesa dell’identità nazionale. Nel 2016 ci ritroviamo la Danimarca che confisca i beni ai migranti, l’Ungheria che costruisce muri di filo spinato, Francia, Austria, Germania e Svezia che chiudono i confini. Partiti e movimenti politici soffiano sulla paura e instillano razzismo a ogni dove, portando maiali sui luoghi dove dovrebbero innalzarsi moschee, parlando d’invasione e additando gli immigrati come fonte di ogni male.

Il 27 gennaio è doveroso ricordare l’Olocausto, ma se vogliamo davvero tenere viva la memoria, ogni giorno dovremmo aprire gli occhi di fronte alle sofferenze che provochiamo in altri essere umani solo perché diversi.

Lorena Cacace

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