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Cosa mangiarono nell’Ultima Cena Gesù e gli apostoli?

Per l’estremo saluto ai suoi discepoli, Gesù scelse un’azione semplice ma carica di significato: mangiare. Ma cosa mangiarono, nell’Ultima Cena, Gesù e gli apostoli? Il ‘quesito’, che ha incuriosito gli artisti di ogni tempo (non solo Leonardo e il suo celeberrimo Cenacolo, ma anche Tintoretto, Dalì e Andy Warhol) è tornata in auge col diffondersi, negli ultimi anni, di una nuova tendenza, quella della cooking mania. Non solo artisti, archeologi e studiosi dei Vangeli, oggi a domandarsi quale fosse il ‘menù’ dell’Ultima Cena sono in molti, appassionati di fornelli in primis. La domanda è curiosa e, al contempo, anche di non facile risposta dato che l’unica fonte disponibile, i Vangeli, è vaga e spesso in contraddizione. Quel che è certo è che per capire cosa mangiarono nell’Ultima Cena Gesù e gli Apostoli bisogna indagare sulle abitudini alimentari che vigevano all’epoca, ampliando lo sguardo dai cibi consumati dai 12 e dal Maestro, fino alle conoscenze dell’arte culinaria in voga a Gerusalemme tra il I secolo avanti Cristo e il I secolo dopo Cristo.

L’Ultima Cena è il momento più importante della tradizione cristiana, quello in cui Gesù istituì il sacramento dell’Eucaristia.
Secondo i Vangeli sinottici (quelli di Luca, Matteo e Marco), il giovedì prima della Pèsach, la Pasqua Ebraica, Gesù si riunì assieme ai suoi discepoli nel luogo passato alla storia come Cenacolo. Qui i 12 e il loro Maestro mangiarono pane e bevvero vino, ma su cosa consumarono in più le fonti evangeliche tacciono: ciò che Luca, Matteo, Marco e soprattutto Giovanni descrivono è il significato profondo di quel momento conviviale, quando Gesù, spezzando e distribuendo il pane prima, e il vino dopo, istituiva il principio cardine di tutta la religione cristiana: l’Eucaristia.

Oltre al pane ed al vino – che gli Ebrei consumavano presumibilmente in abbondanza e che hanno, nella tradizione cristiana, una forte valenza simbolica – i Vangeli tradizionali non forniscono dati per quanto riguarda il resto, e per capire cosa mangiarono nell’Ultima Cena Gesù e gli apostoli bisogna indagare le abitudini culinarie del tempo.

Stando a fonti storiche bibliche, la terra in cui visse e predicò Cristo abbondava di olio d’oliva, di miele, uva, fichi e melograni. In più, gli Ebrei consumavano pane in abbondanza, un pane ‘povero’, senza lievito né sale, fatto solo di acqua e di farina, il cosiddetto pane azzimo.

Essendo, come detto poc’anzi, la Cena il pasto rituale che precedeva la Pasqua Ebraica, è probabile che Gesù e gli apostoli mangiassero i piatti tipici di questa tradizione. Come ad esempio le erbe amare, lattuga (servita come antipasto) o sedano e germogli di cicoria selvatica, consumati rigorosamente crudi. Non solo.

L’abitudine di intingere il pane nelle erbe amare è ben descritta anche nei racconti evangelici sull’Ultima Cena quando Gesù, intingendo un boccone e porgendolo a Giuda, esclama: ‘Uno di voi mi tradirà’.

Ma c’è di più. A proposito di cosa mangiarono nell’Ultima Cena Gesù e gli apostoli, è interessante citare uno studio, condotto peraltro da archeologi italiani, che nel 2015 gettò nuova luce sul ‘menù’ consumato nel Cenacolo. Secondo la ricerca, infatti, l’ultimo pasto prima della Passione di Cristo comprendeva alcune pietanze tipiche del Seder – la cena di Pesach – come i pistacchi, la crema di datteri e il charoset, una specie di marmellata a base di frutta secca, tra le pietanze simbolo della Pasqua Ebraica.

Un’altra delle cose che, presumibilmente, mangiarono Gesù e gli apostoli nell’Ultima Cena fu lo cholent, uno stufato tipicamente ebraico a base di manzo, fagioli patate e orzo. La caratteristica di questo piatto è una cottura lunghissima (12 ore circa) a fuoco molto basso. Con lo cholent, è probabile che il ‘menù’ comprendesse anche le olive con issotopo, una pianta aromatica simile alla menta.

Piccola curiosità: dopo il lunghissimo restauro cui è stato sottoposto il capolavoro di Leonardo dedicato all’Ultima Cena, si notano, tra le pietanze, due cibi insoliti, le anguille e le arance. In realtà, questo tipo di piatto non apparteneva alla tradizione culinaria ebraica ed è probabile che Leonardo, inserendoli nel suo capolavoro, volesse citare la gastronomia del tempo, visto che anguilla guarnita con fette d’arancia era uno degli accoppiamenti più in voga nella cucina del Rinascimento.

Caterina Padula

Giornalista pubblicista, appassionata di scrittura, mi occupo da anni di approfondimenti culturali e di informazione online. Da sempre lettrice accanita e curiosa, amo la musica, l'arte e tutto ciò che è natura.

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