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Categories: Spettacoli

Con Quarto Grado, il programma di Rete 4, diventiamo tutti detective

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Gialli completamente irrisolti, casi di persone misteriosamente scomparse, o delitti i cui colpevoli acquistano via via un volto. Sono questi i temi attorno cui ruota Quarto grado, il talk di approfondimento giornalistico in onda il venerdì in prima serata su Rete Quattro. Il programma ha visto un cambio di conduzione nel settembre del 2013, quando il timone è passato da Salvo Sottile a Gianluigi Nuzzi, ma la finalità rimane la medesima: indagare e analizzare quei casi di cronaca nera che sconvolgono l’Italia.

La ricostruzione delle vicende si alterna al dibattito in studio che vede coinvolti esperti in diversi campi d’interesse scientifico – tra cui lo psichiatra Alessandro Meluzzi e il criminologo Massimo Picozzi -per consentire di analizzare i casi in questione prendendo in considerazione diversi aspetti e punti di vista.

Ma non sono solo gli esperti, il conduttore, e alcune persone care ai protagonisti delle vicende trattate ad animare il talk: il confronto si apre anche agli spettatori. La redazione raccoglie infatti i loro punti di vista, possibili interpretazioni e ipotesi sullo svolgimento di fatti di cui si discute; alcuni di questi vengono letti nel corso della puntata e alimentano ulteriormente il dibattito. Così il coinvolgimento spettatoriale diviene più forte: ciascuno sente di poter dire la propria, diventando in qualche modo partecipe alle indagini. Sebbene il programma ricostruisca in modo neutro le vicende e cerchi di comprenderle mantenendo un punto di vista obiettivo, ogni spettatore ha l’opportunità di diventare un po’ detective. E di fatto è innegabilmente questo uno degli elementi più attraenti per gli appassionati di questo genere di programmi tv.

Il tutto si gioca però su un confine molto sottile: se da un lato trasmissioni come Quarto grado continuano a tenere viva l’attenzione su dolorose vicende di cronaca dando voce ai familiari delle vittime, dall’altro non si può certo non tenere conto del rischio che questo dolore divenga oggetto di spettacolarizzazione. Lo spettatore può appassionarsi ai casi trattati e “giocare” a fare il detective, proprio come farebbe leggendo un romanzo giallo, qui però le vicende sono tutte tremendamente reali.

Maria Elisabetta Santon

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