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Come sono andate le partite della 24esima giornata di Serie A

La 24esima giornata di Serie A che si è aperta sabato con la partita vinta dal Napoli, sempre più primo della classe, si è conclusa solo oggi con una vittoria spettacolare nel derby di Torino della Juventus di Massimiliano Allegri e con i granata di Ivan Juric che hanno perso ancora. Nel mezzo, ci sono state le sconfitte (pesanti) dell’Inter contro il Bologna e della Roma contro la Cremonese, che è tornata a vincere nel massimo campionato dopo 27 anni.

Gleison Bremer, il difensore della Juventus che esulta dopo aver segnato il gol del 3-2 contro la sua ex squadra, il Torino nel derby della Mole – Nanopress.it

Nelle zone alte della classifica, bene il Milan di Stefano Pioli contro l’Atalanta, e a San Siro, ma anche la Lazio contro la Sampdoria, certo, quella degli uomini di Maurizio Sarri non è stata la miglior prova, ma si è comunque riusciti a portare a casa il risultato. Tornando in zona retrocessione, la Fiorentina spegne i sogni di gloria del Verona, almeno per il momento, anche grazie a un eurogol di Cristiano Biraghi dalla sua metà campo, mentre la Salernitana torna a vincere contro il Monza. La 24esima giornata di Serie A, tra l’altro, ci ha regalato anche i ritorni in campo di Paul Pogba e Zlatan Ibrahimovic.

La 24esima giornata di Serie A si chiude con il botto: alla Juventus va il derby di Torino. Male Roma e Inter

Nell’ennesimo turno infinito della nostra Serie A, il 24esimo, iniziato sabato alle 18 con la vittoria, manco a dirlo, del Napoli contro l’Empoli e concluso solo oggi con il derby di Torino, in cui sono arrivati molti gol e tanto spettacolo, è successo di tutto, per l’Europa, quella che conta e quello che lo fa un po’ meno, ma anche nella zona retrocessione in cui da sottolineare c’è soprattutto la prima vittoria della Cremonese (ai danni, ancora, della Roma, già battuta in Coppa Italia, ai quarti di finale) dal ritorno nel nostro massimo campionato. Vediamo insieme, quindi, come sono andate le partite della 24esima giornata, che è anche la quinta del girone di ritorno.

EMPOLI-NAPOLI 0-2 – Il Napoli sogna, il Napoli si diverte e soprattutto il Napoli vince. I partenopei arrivano alla 24esima giornata di Serie A con il vento completamente in poppa, come in una di quelle regate dopo il vantaggio del primo è talmente ampio che è facile dire chi vincerà alla fine. Stavolta è il turno degli azzurri, quegli azzurri maledetti, infuocati, determinati, costantemente proiettati al successo e non solo al successo in sé e per sé, ma a quel successo che deriva dalle cose belle.

Di parole se ne stanno spendendo tante per gli uomini di Luciano Spalletti, di gradino in gradino sempre più i prossimi campioni d’Italia. In ogni caso, l’ostacolo del weekend è un Empoli sazio, ma ancora con quella famina da farci entrare il dolce. Una squadra che ha principi di gioco ben precisi, ha un credo tattico ben strutturato e sa anche fare male alle big, come dimostrato già a San Siro e contro l’Inter. Insomma, gli ingredienti per vedere una bella partita ci sono tutti e anche per sognare che ci sia una partita.

In realtà, già i primi minuti di gioco ci consegnano una realtà ben diversa. I padroni di casa restano imbrigliati nella morsa di Spalletti come le vittime del ragno nella sua stessa ragnatela. Stanislav Lobotka cuce come un sarto professionista ed è probabilmente il migliore in campo: semplicemente vede trame che gli altri non vedono e ha un intelligenza calcistica in quel ruolo che gli altri non hanno. E non perché siano più scarsi, semplicemente perché è estremamente raro.

Victor Osimhen, il capocannoniere del campionato, in gol con il suo Napoli anche contro l’Empoli – Nanopress.it

E poi la partita si mette subito sui binari giusti per la squadra del tecnico di Certaldo. Già al 17esimo minuto, infatti, arriva il gol del vantaggio, quando Piotr Zielinski mette al centro un pallone ideale per Victor Osimhen tutto solo e a porta vuota. Ardian Ismajli ci mette il piede per tentare di anticipare l’ex Lille, ma infila il pallone nella sua stessa rete. La sostanza non cambia: il Napoli è in vantaggio. Non cambia neppure la classifica marcatori per Osimhen, ma ha tempo per rifarsi.

La capolista gestisce il pallone con una facilità irrisoria, quasi a voler stanare gli avversari e poi sorprenderli garzie all’uno contro uno dei suoi uomini migliori. La mole di gioco degli azzurri trova anche i suoi effetti migliori: succede già al 28esimo e indovinate chi va in gol? Sì, sempre Osimhen che stavolta sfrutta una respinta corta, un po’ goffa di Guglielmo Vicario e gonfia la rete per il raddoppio. A questo punto, la partita è in ghiaccio e il Napoli non fa altro che interpretare il suo ruolo con tutta la naturalezza del mondo, il ruolo della grande squadra. Subisce poco o nulla, fa girare il pallone orizzontalmente facendo correre a vuoto gli avversari, poi affonda anche, ma senza la determinazione di chi ancora deve trovare il gol partita. C’è anche tempo di una girandola di cambi, da una parte e dall’altra, ma la sostanza non cambia: il Napoli vince e convince ancora, per una squadra che è una cosa grande, grandissima.

LECCE-SASSUOLO 0-1 – La partita tra Lecce e Sassuolo ha ancora tanto da dire dal punto di vista del gioco e della classifica. I pugliesi affrontano i neroverdi con una posizione ideale rispetto alle premesse di inizio stagione. Sono riusciti a raccogliere idee e calciatori, una guida tecnica affidabile e promettente, ma pure tanta voglia di restare in Serie A. La squadra di qualche mese fa che era in prima linea in Serie B, però, ora è una sorpresa sempre più bella nella massima categoria. Lo è per i talenti che è riuscita a tirare fuori dal cilindro, storie bellissime e che stanno avendo un rendimento pazzesco, come Gabriel Strefezza e Federico Baschirotto, ma tutti i titolari del gruppo giallorosso e pure quelli aggiunti.

Dall’altra parte c’è un Sassuolo che proprio non vuole staccarsi dalla massima serie e nell’ultimo periodo ha anche ritrovato alcune certezze essenziali per chi non vuole rientrare nel novero infernale, nel terribile terzetto che conduce direttamente alla categoria cadetta. In più torna da titolare un Domenico Berardi che sente sempre sulle spalle il peso dell’attacco emiliano e con i tanti infortuni patiti in questa stagione non è riuscito a dare il contributo che ci si aspettava da lui. Ora questa musica vuole cambiarla, già a partire da Lecce, ma non è cosa così semplice, soprattutto dopo tanti mesi di inattività.

Pronti, via, entrambe le squadre cercano di imporre le loro trame di gioco e di non soccombere a quelle altrui, allargando il pallone sugli esterni e cercando di perforare la difesa avversaria con palloni tagliati o entrando con la sfera tra i piedi. Ovviamente senza rischiare troppo alle spalle, fattore fondamentale per chi vuole portare a casa il risultato in partite tanto equilibrate, visto che spesso, quando è così, chi segna per primo è anche quello che conquista i tre punti. Il primo tempo passa così, con la volontà di fare, ma anche con le linee arretrate a prevalere su quelle offensive. Anche Strefezza e Berardi non sembrano proprio in serata di grazia e sono le prestazioni più pesanti di solito, quelle che si riflettono su tutta la performance di gruppo.

L’evento che sblocca la partita arriva, però, al 65esimo e parte proprio dai piedi dell’attaccante calabrese. L’esterno serve un pallone d’oro a Kristian Thorstvedt che mostra tutto il suo talento e gonfia la rete. Il vantaggio in casa del Lecce è un diamante preziosissimo per gli ospiti, da difendere e preservare a ogni costo. Ovviamente da lì in poi la partita cambia: i pugliesi prendono campo e cercano di perforare la difesa avversaria, ma non sembra proprio la loro giornata migliore. Neanche di uno degli uomini copertina dei padroni di casa: Strefezza, infatti, ha sui suoi piedi l’occasione per pareggiare i conti, ma la fallisce clamorosamente. Si resta sullo 0-1 e si tratta di una vittoria preziosissima per il Sassuolo che muove in avanti la classifica e si leva dalla zona calda della retrocessione. Un passo indietro netto, invece, per il Lecce, ma è lontano dall’essere una bocciatura definitiva.

BOLOGNA-INTER 1-0 – L’Inter arriva alla partita contro il Bologna con tanta stanchezza nelle gambe, la testa e i battiti reduci dall’andata degli ottavi di finale di Champions League contro il Porto e la necessità di conquistare tre punti fondamentali per aspirare al secondo posto e possibilmente prendere il largo sulle rivali. Un progetto che, però, non è affatto dei più semplici per i nerazzurri, capaci di grandi imprese quest’anno e con Simone Inzaghi in panchina, ma anche di fragorosi tonfi. Anzi, proprio dopo una partita che lascia intravedere tutte le potenzialità e le capacità di questa squadra, arriva invece una prova insufficiente. Soprattutto colpisce la mentalità con cui il gruppo entra in campo. In alcuni match sbrana gli avversari con una tenacia e una capacità tecnica rara da trovare in abbinamento, poi semplicemente si dissolve in prestazioni opache, senza grinta e con un gran numero di errori.

Purtroppo per i tifosi dell’Inter, la Beneamata di Bologna è la seconda tra le due, proprio come un anno fa, quando l’incrocio terribile con i rossoblù è costato lo scudetto. In ogni caso, la squadra di Thiago Motta è un avversario che non va affatto sottovalutato, soprattutto quando si trova tra le mura amiche. Nelle ultime settimane, la crescita degli emiliani è stata fondamentale, come i principi di gioco impartiti dal tecnico e grazie a cui ora si sta mettendo in evidenza anche agli occhi di grandi società come l’Inter.

L’inizio di partita riflette proprio questa realtà e con i padroni di casa intenti a creare gioco e occasioni. I ragazzi di Inzaghi vengono messi all’angolo come un pugile che sta per alzare bandiera bianca. L’approccio alla partita è totalmente sbagliato e si riflette sul gioco dei singoli. Stefan de Vrij non tiene alta la difesa e fa scalare male i suoi e a centrocampo sembra mancare terribilmente la presenza di Nicolò Barella che Inzaghi ha lasciato fuori per farlo riposare. Insomma, le premesse dell’avvio non sono affatto buone, tanto che con il passare dei minuti il Bologna continua a prendere coraggio e macina occasioni da gol in serie. Il gol, però, non arriva, un po’ per bravura dei difensori a salvarsi all’ultimo momento, un po’ grazie alla prova di André Onana, che stilisticamente non sarà perfetto, ma para tutti i tiri che arrivano dalle sue parti.

Simone Inzaghi, l’allenatore dell’Inter nella partita contro il Bologna – Nanopress.it

Inzaghi striglia i suoi all’intervallo e sostituisce anche de Vrij con un più solido Francesco Acerbi. Le cose cambiano, ma solo in parte: l’Inter recupera campo e cerca di costruire qualche occasione da gol in più, ma la manovra è lenta e le punte non riescono praticamente mai a entrare in partita. Il Bologna, invece, sa incassare il ritorno nerazzurro e ci crede ancora di più. Inoltre, il tecnico ex Lazio fa tutte sostituzioni ruolo per ruolo, che non alterano in positivo gli equilibri dell’incontro. A tradire l’allenatore è un subentrato come Danilo D’Ambrosio che sbaglia il rinvio contro il pressing avversario e regala al Bologna un pallone d’oro, verticalizzato immediatamente per Riccardo Orsolini. L’attaccante sfrutta il suo ottimo momento e non sbaglia tutto solo davanti al portiere: è un gol pesantissimo che scatena la festa dei padroni di casa, ma anche l’oblio nerazzurro. L’Inter perde un’altra occasione per dimostrarsi continua e dovrà farsi diverse domande sul suo futuro. Per ora, con la necessità di tornare in sella il prima possibile, sia in Serie A sia in Champions League.

SALERNITANA-MONZA 3-0 – Il cambio in panchina per la Salernitana contro la Lazio, la settimana scorsa, non ha avuto gli effetti desiderati: dalla situazione di classifica preoccupante, quella a un passo dalla zona retrocessione, infatti, non ci si è alzati neanche con l’arrivo di Paulo Sosa, l’ex Fiorentina, al posto di Davide Nicola, colui che invece aveva reso possibile il (quasi) miracolo della passata stagione. Il cammino è ancora lungo, però, e da qua alla fine, e soprattutto con qualche allenamento in più sulle gambe, le cose potrebbero cambiare, magari proprio a partire dalla partita contro il Monza di un Raffaele Palladino che da quando è sbarcato in Brianza ci ha dimostrato che tutto è possibile, compreso battere la Juventus per due volte.

Ecco, forse la sola gara delle 15 di domenica poteva essere ancora una volta più semplice per i granata, con un avversario più alla portata, eppure no, perché con un motto di orgoglio, oltre che a una ritrovata compattezza, gli uomini del portoghese, che nel primo tempo, al pari degli altri, non ci avevano fatto divertire poi così tanto, sono riusciti a guadagnare tre punti importantissimi, che un po’ la fanno rifiatare. Ma andiamo con ordine.

Al 52esimo, a sbloccare la partita dell’Arechi, ci ha pensato Lassana Coulibaly su assist di Antonio Candreva, finalmente tornato a fare quello che sa fare meglio. È un gol bellissimo quello del centrocampista maliano che riesce a infilare il pallone sotto il sette di destra non lasciando scampo ad Alessio Cragno, titolare oggi al posto di Michele Di Gregorio. Non è, però, l’unico dispiacere per l’ex portiere del Cagliari, perché pochi minuti dopo, esattamente 13, a raddoppiare ci pensa Grigoris Kastanos con una sassata dal limite, e ancora, al 71esimo, è proprio l’ex Inter e Lazio ad avventarsi su una palla in area e a decretare la fine di un match che, di fatto, è stato vinto dalla squadra che, indubbiamente, ne aveva più bisogno – nel finale, per doppia ammonizione, è stato espulso anche Giulio Donati dei brianzoli.

E sì, quindi, poco male per il Monza che in stagione, come già detto, ci ha abituato a delle imprese non da poco, ma molto bene per la Salernitana che, invece, non vinceva da esattamente un mese, ovvero dalla partita al via del Mare contro il Lecce. Molto bene perché, appunto, potrebbe voler dire vedere la luce in fondo al tunnel, e arrivare, soprattutto, ancora più carichi alla sfida salvezza di domenica prossima contro la Sampdoria, uno scontro a viso aperto che potrebbe, però, alla stessa maniera rimandare in quel pantano vischioso i granata. Chissà, intanto, adesso, l’importante è essere riusciti a superare lo scoglio.

UDINESE-SPEZIA 2-2 – Il match tra Udinese e Spezia delle 18 di domenica è una sorta di sfida tra la tranquillità di una squadra che, quasi, non riesce più a vincere, e dell’altra una squadra che, nonostante ce la metta tutta e contro tutti gli avversari, non riesce mai a tornare a casa con il bottino pieno, per carità, qualche volta è successo, ma l’ultima vittoria risale al 15 gennaio, contro il Torino. Sarebbe potuta essere anche la sfida contro il suo passato di Luca Gotti, ma l’allenatore non siede più nella panchina dei liguri, che invece hanno deciso di puntare su Leonardo Semplici.

Scelta giusta? Be’, considerando che dopo solo sei minuti M’Bala Nzola – tornato appieno, ora, dall’infortunio che lo ha tenuto lontano dal campo per quattro giornate – mette la palla in rete e batte Marco Silvestri su assist di Albin Ekdal si potrebbe dire di sì, ma la partita è ancora troppo lunga per dare subito un giudizio. E in effetti ci mette poco più di un quarto d’ora Beto, liberato da un gran filtrante di Isaac Success, a riequilibrare il risultato, e ci metterebbe ancora meno a ribaltarlo se Bartolemej Dragowski non parasse un rasoterra di Kinglsey Ehizibue.

Non ci mette nulla, al rientro dagli spogliatoi, appena dieci minuti dopo, Roberto Pereyra a farlo per davvero su assist di un sempre più determinante, per gli uomini di Andrea Sottil, Sandil Lovric. Come all’inizio, però, non si poteva (e non si doveva) cantare vittoria, non lo si può fare manco ora, perché l’angolano che è tornato lo vuole dimostrare, soprattutto perché vuole risollevare la classifica. E quindi, al 72esimo, sul passaggio decisivo di Kevin Agudelo, è ancora lui a finire nel tabellino dei marcatori della Dacia Arena e dell’arbitro.

Il resto è possesso palla e pericoli sventati, che forse, però, non bastano agli ospiti per riaffacciarsi dal pantano, e a prescindere da come vanno le partite di chi insegue, non bastano perché quell’incubo che si chiama Serie B è ancora vicino, troppo vicino, quell’incubo, anzi, è a un passo, e ne basta un altro falso per caderci dentro con tutte le scarpe.

Quanto ai padroni di casa, non erano loro di certo ad avere più bisogno di fare punti, ma è evidente che qualcosa, dall’inizio dell’anno, in cui tutto girava alla perfezione, si sia rotto. Magari non irrimediabilmente ma tanto da dire che l’Europa più che un sogno, ora, è una chimera a cui difficilmente si potrà arrivare, a cui difficilmente si pensa, che sia grande, piccola, o la terza competizione Uefa, la Conference League. E magari qualche rimorso di coscienza sarebbe anche lecito visto quello a cui i bianconeri ci avevano abituato quando è partita la stagione che, ricordiamolo, non è ancora finita, e chissà che non arrivi davvero qualche soddisfazione nel frattempo, iniziando anche dal ritorno di Gerard Deulofeu.

MILAN-ATALANTA 2-0 – Quello tra Milan e Atalanta è sicuramente lo scontro più interessante della giornata, soprattutto se si guarda alla classifica. I rossoneri hanno dalla loro la necessità di dover definitivamente lasciare alle spalle il brutto periodo di forma e prestazioni di gennaio e quale cliente peggiore di un’Atalanta tutta velocità, tecnica e gioventù? Insomma, la sfida tra i campioni d’Italia e i bergamaschi suona come un’opportunità unica per i ragazzi di Stefano Pioli di tornare definitivamente in carreggiata. E per farlo l’ultima prova consiste nel battere gli uomini di Gian Piero Gasperini, fattore che darebbe anche un impulso diverso alla corsa per la prossima Champions League.

Gli ospiti, invece, non arrivano da un periodo di forma eccezionale, ma solo perché la continuità non sembra proprio affare loro. I nerazzurri sono capaci di portare a casa grandi risultati sulla scia di un gioco spumeggiante e di occasioni da rete costanti. Poi, però, appena cala la loro intensità, si trovano imbrigliati in labirinti tattici da cui è difficile uscire e non solo per loro demeriti.

In più è la partita dei grandi ritorni per la vincitrice dell’ultimo scudetto. Basta leggere la formazione titolare per rendersi conto che il primo nome sulla lista è quello di Mike Maignan. Il portiere mancava da mesi ed è una presenza fondamentale per il Milan, ora e in futuro. Poi, in panchina c’è anche Zlatan Ibrahimovic, desideroso di una chance per potersi ancora mettere in evidenza, per far capire che lui a quel livello ci sta benissimo e non ha alcuna intenzione di smettere.

Il match inizia nella solita stupenda cornice di pubblico e con un’aggressività rossonera travolgente. Pioli opta per la difesa a tre, che sale a marcare uomo contro uomo i temibili avversari bergamaschi. Malick Thiaw è il mattatore del reparto e annulla per lunghi tratti uno dei bomber più in crescita dell’intero campionato, quel Rasmus Hojlund che le grandi d’Europa già stanno osservando. Anche Ademola Lookman ha il suo bel da fare e difficilmente si mette in proprio. Se lo fa, invece, viene bloccato.

Dal punto di vista offensivo, invece, Pioli trova finalmente un Olivier Giroud in grande forma. Il bomber francese tiene alta la squadra, stoppa un gran numero di palloni e ispira l’azione offensiva liberando Rafael Leao già faccia alla porta, quello che gli piace di più. Al 26esimo è già tempo di passare in vantaggio per il Milan. Un Theo Hernandez tornato finalmente se stesso scarica un mancino potentissimo dalla distanza: la sua stupenda conclusione al volo si schianta sul palo e torna sulla schiena di Juan Musso, sfortunato, poi in porta. Uno a zero per il Milan e la sensazione che non sia affatta finita qui per quello che si vede in campo.

Junior Messias e Zlatan Ibrahimovic che festeggiano il gol del 2-0 del Milan contro l’Atalanta – Nanopress.it

Nella ripresa, infatti, Gasperini opera una serie di cambi e Pioli fa esplodere San Siro scegliendo Ibrahimovic. Lo svedese torna in campo dopo i mesi durissimi dell’infortunio: non ha sicuramente la mobilità di un tempo, ma spalle alla porta e con quella tecnica risulta preziosissimo per gestire il pallone e mettere in cassaforte la partita. Stavolta, però, non riesce a segnare, a quello ci pensa Junior Messias. L’ex Crotone arriva in area di fronte a Musso, in quest’occasione in ritardo, e lo batte con un bel tocco sotto. Due a zero e tre punti in cascina essenziali per il Milan, anche la sicurezza di essere definitivamente usciti dalla crisi.

VERONA-FIORENTINA 0-3 – Ci sono due versioni della Fiorentina, una è dottor Jekill, ed è quella che in campionato fatica, con i suoi attaccanti che non riescono a segnare, l’altra è mister Hide, ed è quella che stiamo ammirando (e continueremo a farlo perché si è arrivati agli ottavi di finale) in Conference League, in cui tutto sembra semplice e la via del gol si trova sempre. Anche del Verona, in effetti, ne esistono due diverse facce, quella prima della sosta per i Mondiali, quella che è tornata in campo con Marco Zaffaroni alla guida dopo, e che ora pare essersi persa di nuovo, però.

Alle 18:30, al Marcantonio Bentegodi della città scaligera, le due versioni dei Viola di Vincenzo Italiano e dei gialloblù che scendono in campo sono quelle che confermano le posizioni in classifica. Gli ospiti, infatti, attaccano subito forti e riescono ad arrivare in rete con Antonin Barak, su assist di Jonathan Ikone, che per rispetto nei confronti dei suoi ex tifosi decide di non esultare, al 12esimo minuto. Il Verona tenta di reagire, ma il colpo di testa di Kevin Lasagna supera di un soffio la porta difesa da Pietro Terracciano, e quindi è tutto da rifare, peccato che a dare la mazzata finale, prima di entrare negli spogliatoi, sia ancora la Fiorentina. Sul corner calciato perfettamente da Rolando Mandragora, si avventa Arthur Cabral (è lui, finalmente, l’uomo che può sostituire degnamente Dusan Vlahovic?) che mette a segno il 2-0, che no, non è definitivo.

Non lo è perché all’89esimo, quando Federico La Penna, il direttore di gara del match, sta per mettere bocca al fischietto per decretare la fine, Cristiano Biraghi si inventa qualcosa di perfetto e bellissimo che per forza di cose è il gol della giornata, se non addirittura di tutto il campionato, fino a ora. Vedendo Lorenzo Montipò lontano dai pali, il terzino ex Inter scaglia un mancino dalla sua metà campo e fa gioire, ancora di più, una Fiorentina che, forse, può dire di essere tornata a splendere, o quanto meno ha trovato una sua dimensione anche in una classifica di Serie A che sì, al momento non sorriderà come ha fatto lo scorso anno, ma che dà buone sensazioni sia per la terza competizione Uefa, sia per la Coppa Italia, in cui i Viola dovranno affrontare solo lo scoglio Cremonese per arrivare in finale.

Per il Verona, invece, la strada per rimanere ancora nel massimo campionato è irta di ostacoli che dovranno essere superati con molta più concentrazione e molta più rabbia di quella che si è vista in campo contro i toscani. Sicuramente, il terzultimo posto non è ancora una condanna a morte, ma per arrivare a maggio, anzi quest’anno a giugno, con il cuore più leggero serve ben altro, e magari proprio a partire dalla prossima gara, in cui ci sarà una prima sfida da dentro o fuori contro lo Spezia. Che vinca il migliore si può dire?

LAZIO-SAMPDORIA 1-0 – La Lazio affronta la Sampdoria in una partita dal pronostico apparentemente scontato, ma che non è affatto semplice da affrontare per i biancocelesti. Gli uomini di Dejan Stankovic, infatti, nonostante tutti i problemi societari e una classifica che piange, hanno le sembianze della squadra che lotta per sopravvivere e lo spirito di chi non ha affatto intenzione di mollare per tentare la disperata rincorsa all’obiettivo finale. I blucerchiati arrivano a Roma con questo spirito in una partita piena di significati: è un po’, ancora una volta, la partita di Sinisa Mihajlovic e per forza lo è dato che riguarda Lazio e Sampdoria, due delle squadre in cui l’ex difensore ha scritto la storia. Ancora di più se pensiamo a chi è il tecnico dei liguri, ma questa è un’altra storia.

In più, gli uomini di Maurizio Sarri devono fare i conti con un campo stremato da tutti gli impegni degli ultimi giorni e con le fatiche della Conference League, che comunque non è una competizione facile da affrontare dal punto di vista fisico, soprattutto quando si gioca ogni tre giorni e senza troppi ricambi da far ruotare. Queste giustificazioni che, però, sono anche pura realtà conducono a una partita molto bloccata, in cui gli ospiti, schierati da Stankovic con un assetto molto difensivo, si chiudono nella loro metà campo praticamente con tutti gli effettivi e con una linea a cinque in difesa difficile da muovere.

I padroni di casa, invece, ci mettono fin da subito la voglia di arrivare alla vittoria, ma sono tante le imprecisioni in fase di palleggio che rendono il compito degli undici in campo tremendamente difficile. Sergej Milinkovic-Savic, che proprio lunedì ha compiuto gli anni, è reduce da una gastroenterite che l’ha fortemente debilitato nei giorni precedenti e ha fatto anche scendere nettamente il suo peso. Mattia Zaccagni parte dalla panchina per la febbre che l’ha costretto ai box, mentre Pedro Rodriguez stringe i denti e si prende la fascia sinistra, nonostante la vistosa maschera sul volto, a causa della frattura al naso.

La manovra della Lazio è lenta e si basa soprattutto sulle discese di Manuel Lazzari sulla fascia destra e sugli uno contro uno di Felipe Anderson, meglio i secondi delle prime. In ogni caso, lentamente e perdendo qualche palla di troppo in mezzo al campo, i biancocelesti riescono comunque a macinare gioco e occasioni da gol. Ciro Immobile ha per ben due volte sui piedi l’occasione di realizzare il gol del vantaggio, ma in entrambi i casi spara alto sopra la traversa. Errori gravi e che scatenano la delusione e i boati del pubblico, già pronto a esultare. Anche il brasiliano ex West Ham ci prova con un tiro dalla media distanza, ma è bravo Emil Audero a respingere in tuffo.

Serve la giocata del singolo, il tocco del genio e un po’ di irriverenza: tutte le doti tipiche di Luis Alberto. Lo spagnolo si mette in proprio e nei minuti finali scarica un destro a giro preciso e potente sotto l’incrocio dei pali: stavolta il portiere della Sampdoria non può nulla e l’Olimpico esplode. Buono anche il contributo di Zaccagni, che non è al top della forma, ma è bravo a gestire il pallone e portare a termine la doppia fase. Brutte notizie, invece, per Pedro che, dopo la frattura al naso, ne riporta un’altra alla mano. Insomma, gioie e dolori per la Lazio, ma anche il dato più importante: arriva una vittoria che porta i biancocelesti al quarto posto in classifica, in piena zona Champions League.

CREMONESE-ROMA 2-1 – La 24esima giornata di Serie A sembra non finire mai e la giornata di martedì riprende con un match che ha il sapore un po’ della vendetta, un po’ della Champions League. Stiamo parlando di Cremonese-Roma, in programma alle 18.30. C’è poco da dire: ai giallorossi serve una vittoria pesantissima che li porterebbe direttamente al secondo posto in classifica, a braccetto con Inter e Milan. José Mourinho, però, deve fare i conti con diversi problemi: innanzitutto, Paulo Dybala e Tammy Abraham non sono affatto al top della forma e reduci da problemi fisici fastidiosi da gestire quando si gioca ogni tre giorni. Poi c’è anche un turnover da portare avanti, perché gli impegni di Europa League si fanno sentire sulle gambe e nella testa dei calciatori, senza che ci sia tempo o modo per recuperare.

La Cremonese, invece, ha ancora gli occhi del sogno, nonostante le zero vittorie ancora conseguite in questa Serie A e un ultimo posto che per molti sarebbe una vergogna, ma per i lombardi è solo un’opportunità storica e sinonimo di voglia di rivalsa. A iniziare meglio la partita, però, è proprio la Roma che tenta un paio di belle giocate, mettendo al centro della manovra i soliti Dybala e Lorenzo Pellegrini. Nessuno dei due, però, fa centro e finiscono per scomparire con il quarto d’ora di gioco. Al 17esimo, invece, arriva l’episodio che sblocca la partita: Frank Tsadjout, la mossa a sorpresa di Davide Ballardini, batte Rui Patricio e firma il gol del vantaggio.

Il pubblico esplode in una festa che non sembra avere fine e che dura per tutto il primo tempo, prima che l’arbitro Marco Piccinini mandi tutti negli spogliatoi per bere un thè caldo, come si diceva una volta. Al 46esimo, però, la frustrazione giallorossa ha un nome e un cognome ben precisi: José Mourinho, appunto. Il tecnico portoghese litiga con il quarto uomo e il direttore di gara lo espelle, scatenando una polemica che andrà avanti anche nel postpartita e di cui si parlerà a lungo nell’ambiente della Capitale.

Nella ripresa, tornando al calcio, la Roma cerca subito di rientrare in partita ed entra in campo anche Abraham. La musica, però, non la cambia tanto il centravanti inglese quanto Leonardo Spinazzola. Il laterale raccoglie l’ottimo assist di Gianluca Mancini nel cuore della ripresa e riporta il punteggio in parità. I padroni di casa non indietreggiano e, anzi, continuano a mettere in difficoltà i giallorossi con un pressing costante sul portatore di palla e vincendo i duelli uomo contro uomo con i difensori della Roma.

Daniel Ciofani, l’autore del gol su rigore che ha regalato la prima vittoria in questa Serie A alla Cremonese – Nanopress.it

La squadra della Capitale si sbilancia ulteriormente con l’ingresso in campo di Ola Solbakken, ma non è una mossa che porta i suoi dividenti, anzi. Poco dopo l’80esimo, una discesa di David Okereke viene bloccata con le cattive da Rui Patricio che atterra l’attaccante ex Venezia e Cosenza in area di rigore: l’arbitro non ha dubbi e indica il dischetto tra le proteste dei calciatori della Roma che, però, stavolta non avevano ragione. Dagli undici metri si presenta l’uomo del destino, quello dalla maggiore identità grigiorossa: Daniel Ciofani sospira una volta di più, prende un sospiro, evita gli sguardi di Rui Patricio e non sbaglia. Due a uno per la Cremonese, uno stadio in testa, ma ancora qualche minuto per soffrire. Nei minuti finali, infatti, la Roma prosegue un forcing disperato e senza troppe idee, da cui emerge solo un impreciso tiro dalla distanza di Dybala. Finisce così, con una vittoria storica per i padroni di casa e la sicurezza che i sogni si avverano. Alla Roma resta solo l’amaro in bocca per non aver agguantato il secondo posto e la certezza di aver trovato la sua bestia nera per questa stagione.

JUVENTUS-TORINO 4-2 – Dulcis in fundo – anche se di martedì è un po’ indigesto, lo dobbiamo ammettere – arriva il derby di Torino, quello della Mole, quello che un tempo è stato il teatro di scontri epici e in cui, da qualche anno a questa parte, i granata non riescono mai a incidere. Quest’anno, però, i presupposti sono diversi perché la Juventus di Massimiliano Allegri è passata da tutto a niente nel tempo di una sentenza, e di partite semplici sulla carta ne ha perse parecchie, ma anche perché le due squadre piemontesi si stanno giocando un accesso all’Europa che potrebbe arrivare solo con il settimo posto, e con tutti i pianeti allineati.

All’Allianz Arena, sia il tecnico livornese, sia Ivan Juric schierano i migliori, compreso Enzo Barranechea al posto di Manuel Locatelli, che salta la stracittadina per squalifica, e soprattutto di Leandro Paredes che incassa una bocciatura pesantissima e che vuol dire tanto circa il suo futuro alla Juventus. Non ci sono neppure Federico Chiesa e Paul Pogba dal primo minuto, ancora un po’ acciaccati. È un inizio shock, però, per i padroni di casa che dopo due minuti sono già sotto nel punteggio per il gol di Yann Karamoh che sfrutta al meglio un prolungamento di testa di Alessandro Buongiorno e batte Wojciech Szczesny. Come spesso succede, ci vuole qualche minuto perché la rete venga convalidata, ma anche dopo la review al Var, Daniele Chiffi rimane della sua opinione.

Insomma, un inizio in salita per la Vecchia Signora e la volontà di ribaltare anche questa di sentenza. La squadra di Allegri gioca con una spregiudicatezza sconosciuta rispetto a qualche settimana fa e che gli sta permettendo, settimana dopo settimana, di scoprire trame di gioco interessanti, oltre che avere qualche gol in più a referto. Infatti, al sedicesimo arriva già il pareggio quando Filip Kostic imbecca Juan Cuadrado, che si conferma uomo derby e firma l’1-1. Ora è la Juventus a comandare sapientemente il gioco, ma sul finale di primo tempo arriva un’altra doccia gelata. Ivan Ilic trova Antonio Sanabria che batte Szczesny e riporta il Toro avanti. Sembra una serata storta, sfortunata per Allegri, ma si tratta dell’ultimo acuto granata prima dell’assolo bianconero.

Al 46esimo, infatti, il solito Danilo svetta di testa su assist di Angel Di Maria e mette a segno un gol importantissimo per le ambizioni della Vecchia Signora. Il secondo tempo, infatti, inizia con una marcia completamente diversa per i padroni di casa, supportata anche dalle sostituzioni del tecnico livornese. Al 68esimo, infatti, entra Chiesa e Pogba e la partita ha la sua sterzata decisiva. Il francese, quindi e finalmente, torna in campo con il club di Torino dopo 2474 giorni, un’eternità per dire di essersi sempre amati.

Paul Pogba, il centrocampista della Juventus tornato in campo dopo mesi proprio nel derby contro il Torino – Nanopress.it

Eppure, la sua impronta sul match la mette subito, ma non sul tabellino. Al 71esimo, infatti, quest’onore ce l’ha Gleison Bremer che esulta pure contro la sua ex squadra e firma il gol che completa la rimonta su assist proprio di Chiesa. C’è spazio anche per il 4-2 con Adrien Rabiot, prima del triplice fischio. La Juventus porta a casa una vittoria pesante per la rincorsa disperata all’Europa, ma che nutre soprattutto l’orgoglio. E con questi ritorni qui non ci sono limiti, se non quelli giudiziari.

Il Napoli è sempre più in fuga, la Salernitana respira

NAPOLI 65

INTER, MILAN 47

LAZIO 45

ROMA 44

ATALANTA 41

JUVENTUS*, BOLOGNA 35

TORINO, UDINESE 31

MONZA 29

FIORENTINA, EMPOLI 28

SASSUOLO, LECCE 27

SALERNITANA 24

SPEZIA 20

VERONA 17

CREMONESE 12

SAMPDORIA 11

*15 PUNTI DI PENALIZZAZIONE

Mariacristina Ponti

Nata nel lontano 1992, nel giorno più bello per nascere, a Cagliari. Dopo la maturità scientifica, volo a Padova e poi a Roma per studiare lettere. Nella Capitale poi rimango anche per il master in giornalismo. Tra stage a profusione, sempre nelle redazioni sportive, anche se il vero amore è sempre stato la politica, ho ancora da ritirare un tesserino da professionista.

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