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Categories: Motori

Come funziona l’airbag: un battito di ciglia che salva la vita

La sua presenza invisibile da tanti anni nelle nostre automobili fa sì che lo diamo per scontato, non ci pensiamo, qualcuno malamente informato non sa neppure che esiste. E’ l’airbag. Eppure si tratta di un dispositivo che può salvarci la vita; la sua discrezione è data dal fatto che interviene solo dopo un incidente di una certa gravità. Come accade spesso quando si tratta di tecnologia, molti non hanno le idee chiare sul suo utilizzo. Ricapitoliamo quindi come funziona l’airbag.

LA SUA STORIA
La nascita dell’airbag ha data e genitori certi: ci arrivarono quasi contemporaneamente due ingegneri, lavorando in modo indipendente l’uno dall’altro. Il primo brevetto fu registrato negli Stati Uniti il 18 agosto 1953 da John Hetrick; il secondo venne registrato in Germania il 12 novembre 1953 da Walter Linderer. Tuttavia il congegno creato da quest’ultimo si rivelò tecnicamente poco pratico. Fu quindi l’invenzione di Hetrick a trovare la via della produzione.
Però questo non avvenne subito e il suo creatore non ci guadagnò un centesimo. Infatti, sebbene avesse collaborato con i maggiori costruttori americani, essi non furono interessati ad investire su questa tecnologia. Nel frattempo il brevetto arrivò alla scadenza. Fu solo nei primi anni ’70 che si videro i primi modelli di auto con l’airbag (solo optional), da parte di Ford e General Motors. Ma si trattava ancora di esperimenti.
Dobbiamo attendere gli anni ’80 per vedere una prima diffusione, sebbene molto lenta. Agli americani seguirono Mercedes-Benz, poi Porsche, Honda e progressivamente tutti gli altri. L’airbag divenne universale alla fine degli anni ’90.

A COSA SERVE
L’airbag è un cuscino gonfiabile montato in un apposito vano, dentro il volante o nella plancia; esso si aziona automaticamente in caso di forte impatto. Il suo scopo è triplice: innanzitutto impedire che la persona, proiettata in avanti dalla forza dell’urto, possa colpire le parti dure del veicolo (plancia, volante, parabrezza); in secondo luogo, la sua azione consente di distribuire l’energia dell’impatto tra persona e cuscino su tutto il corpo, evitandone il concentrarsi su una singola zona; infine, durante il progressivo sgonfiamento, esso provvede a dissipare ulteriormente e in modo graduale la forza dell’impatto, evitando decelerazioni violente ed improvvise sugli organi del corpo umano.

COME FUNZIONA
Veniamo al vero e proprio funzionamento. Teniamo a mente che un battito di ciglia dura 200 millisecondi (millesimi di secondo).
Un sensore rileva la decelerazione dovuta all’urto. Nei crash test degli enti di omologazione si procede generalmente da una velocità al momento dell’impatto di 30 Km/h (che può già provocare danni molto gravi, se non si hanno le cinture allacciate).
Dopo 3 millisecondi la centralina riceve il segnale dal sensore; la centralina ci pensa un po’, deve valutare se è necessario l’azionamento. In caso affermativo, dopo circa 15 millesimi dall’impatto invia il comando ad un detonatore che innesca una leggera carica esplosiva contenuta in una piccola sacca: l’espansione del gas qui contenuto permette il gonfiaggio del cuscino.

Fra 20 e 40 millisecondi dall’incidente il gonfiaggio è completato. Gradualmente il cuscino, che è dotato di fori nella sua parte posteriore, comincia a sgonfiarsi. L’energia del movimento della persona viene assorbita completamente in media entro 120 millisecondi dall’urto.

LE CINTURE DEVONO ESSERE ALLACCIATE
L’azione combinata dell’airbag con le cinture di sicurezza, entro certi limiti, può azzerare o ridurre notevolmente i danni fisici agli occupanti del veicolo. Ma gli airbag moderni non sono progettati per sostituire le cinture di sicurezza. Se non vengono allacciate, nell’incidente la persona non solo finirebbe comunque contro la parte anteriore dell’auto, ma verrebbe anche soffocata dall’airbag, proprio perché verrebbe meno l’azione trattenitrice della cintura.
Oggi ci sono airbag frontali, laterali e anche per i passeggeri posteriori, oltre ad alcuni integrati nelle cinture di sicurezza.

Roberto Speranza

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