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Clima, Italia alle prese con la siccità: rischio desertificazione?

Che cosa sta succedendo al clima in Italia? I mutamenti a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni, oltre a provocare disastri che hanno messo a dura prova la fragilità del nostro territorio, stanno generando impazzimenti che riguardano l’intero ecosistema. Il riscaldamento globale ha portato nel 2015 prima, e nel nuovo anno appena iniziato, a temperature sempre più elevate anche d’inverno, e la domanda che addetti ai lavori ed opinione pubblica si chiedono è la medesima: l’Italia è a rischio desertificazione? Molti segnali fanno temere davvero in questo senso, come dimostrano i dati che circolano tra gli esperti del settore.

Nel gennaio 2016 il livello di precipitazioni è stato pari al mese di agosto: poche piogge, cime montane che attendono ancora di diventare innevate, temperature più vicine al tepore primaverile o ad un mite autunno, con una sola breve parentesi di freddo polare e perturbazioni tipiche della stagione invernale. Nemmeno i cosiddetti giorni della merla, teoricamente i più freddi dell’anno, hanno tenuto fede alle loro proverbiali caratteristiche, e le conseguenze di questo sconvolgimento climatico sono molteplici: abbiamo già visto ad esempio come questa situazione abbia influito sullo smog cittadino, ora vogliamo focalizzare la nostra attenzione più specificamente sulla siccità in Italia e i pericoli a essa connessi.

Fiumi e laghi: lo stato della situazione

Dopo che nel mese di dicembre 2015 si è registrato un 91 per cento di precipitazioni in meno rispetto alla media stagionale, anche gennaio è stato caratterizzato da un pesante passivo in fatto di millimetri di pioggia. Questo sta mettendo a dura prova i bacini idrici nostrani, come ha specificato la Coldiretti, che ha effettuato un monitoraggio sulla base dei dati Ucea fino ai primi venti giorni di gennaio: sul fiume Po, il principale corso d’acqua della penisola, sono stati riscontrati livelli idrometrici inferiori di circa due metri rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, e non va meglio ad altri fiumi e laghi, con il Ticino talmente a secco che è possibile camminare sul suo letto. Ai minimi storici del periodo anche il lago Maggiore, che è al 17 per cento della sua capacità, quello di Como che è sceso al 12 per cento, mentre il lago di Garda è al 33 per cento. A mancare è anche l’apporto fondamentale della neve, che rappresenta una scorta idrica fondamentale per garantire i necessari afflussi per le campagne e per l’equilibrio ecologico.

Le conseguenze per l’agricoltura

Già questa estate la Coldiretti aveva avvertito sui cambiamenti climatici e le conseguenze per l’agricoltura, ed ora la situazione pare ripetersi: l’analisi effettuata dalla Coldiretti in base ai dati Isac Cnr ha riscontrato a gennaio una temperatura superiore di 1,42 gradi rispetto alla media stagionale, con il paradossale effetto di avere in pieno inverno mandorli, susini e peschi già in fiore, con largo anticipo, così come nei prati ci sono primule, viole, mimose e margherite. Il vero timore per gli agricoltori sono le gelate improvvise, le violente grandinate o le oramai famigerate ‘bombe d’acqua’, che potrebbero compromettere tutto il raccolto, già sotto l’attacco degli insetti patogeni che proliferano a causa del caldo fuori stagione: proprio in questo continuo andirivieni tra bel tempo e improvvise, distruttive perturbazioni, si cela tutta la gravità della situazione climatica italiana, ma ovviamente non solo italiana. Senza interventi strutturali nel medio e lungo periodo, difficilmente il nostro Paese riuscirà a conservare negli anni a venire quelle peculiarità tipiche del clima mediterraneo che garantisce la sopravvivenza di molte biodiversità, le caratteristiche del paesaggio e le numerose colture agricole che caratterizzano la nostra dieta e lo zoccolo duro del comparto economico. E intanto l’inverno come lo abbiamo già conosciuto secondo i meteorologi tornerà dall’inizio di febbraio: ai contadini non resta che incrociare le dita e sperare di contenere al minimo i danni.

Giulio Ragni

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