In Cina la pandemia di Covid sembra quasi del tutto finita. Ieri sono stati registrati 28 casi, di cui 20 di persone provenienti dall’estero. In un paese che conta oltre un miliardo di abitanti, contare solo 8 casi in ventiquattr’ore equivale ad aver praticamente sconfitto il virus. In tutto il paese, sono 825 le persone che risultano positive, di cui 485 in situazioni critiche.
Alla luce di questi dati, la Repubblica Popolare Cinese ha deciso di chiudere, seppur momentaneamente come confermato dal portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, le proprie frontiere a chi proviene da paesi europei particolarmente sofferenti per il virus. Si tratta di Italia, Belgio e Gran Bretagna. Tramite le ambasciate e i consolati, è stato reso noto che non saranno accettati italiani anche con visti e permessi di soggiorno di qualsiasi natura e che “non provvedono più i servizi di vidimazione della dichiarazione dello stato di salute ai suddetti richiedenti“, necessaria per rientrare in Cina.
Sono previste restrizioni anche per chi arriva da Repubblica Ceca, Francia, Germania e Stati Uniti. Per chi proviene da questi paesi, a partire dal 6 novembre sarà obbligatorio presentare il risultato negativo di un test per Covid e uno per gli anticorpi effettuato 48 ore prima dell’imbarco. Queste norme saranno applicate dal 7 novembre anche a chi proviene da Danimarca e dall’8 per chi arriva da Giappone, Singapore e Australia.
Bloccati invece degli ingressi da Filippine e Bangladesh.
Gli unici che dall’Italia potranno volare verso la Cina saranno coloro con visto diplomatico, di servizio, di cortesia, di tipologia “c”. Sempre l’ambasciata ha fatto sapere che i provvedimenti muteranno in base all’andamento della pandemia.
La situazione dunque si è ribaltata: se qualche mese fa il mondo chiudeva alla Cina, ora accade il contrario. L’intento è quello di preservare l’ottimo risultato ottenuto grazie alle politiche molto pervasive ma evidentemente efficaci.
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