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Che fine ha fatto l’Ebola?


Che fine ha fatto l’Ebola? Una situazione difficile si è registrata fino a poco tempo fa in Africa occidentale, determinando, in quasi 22 mesi, la morte di 11.287 persone. Attualmente la situazione è molto migliorata. In Sierra Leone l’epidemia ha fatto una vera strage, provocando il decesso di 3.952 individui. In Liberia sono morte 4.808 persone. Negli ultimi mesi c’è stata una svolta e la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato la Sierra Leone libera dalla malattia. In Liberia gli ultimi pazienti, senza più segni della patologia, sono stati dimessi alla fine dell’estate.

La fine dell’emergenza in Sierra Leone

La situazione in Sierra Leone è stata molto critica e si è arrestata soltanto quando sono passati 42 giorni consecutivi senza nessun nuovo caso. Solo in quel momento si è dichiarata ufficialmente la fine dell’epidemia di Ebola. Anche Emergency ha sottolineato la notizia, mettendo in evidenza come la lotta sia stata molto dura, costando la vita anche a 200 operatori sanitari.

Proprio grazie all’impegno di Emergency sono stati costituiti in Sierra Leone due centri per la cura dei malati ed è stata predisposta una terapia intensiva, l’unica in Africa occidentale per i malati di Ebola. Tutto ciò è stato fondamentale, perché gli ospedali locali, per la paura del contagio, hanno preferito chiudere.

Dopo la fine dell’epidemia, Emergency ha avviato l’iniziativa “Oltre la cura”, predisponendo tutte quelle condizioni e quelle strutture dedicate specialmente ai bambini che devono passare lunghi periodi di ricovero. Questi ultimi possono beneficiare anche dell’appoggio di insegnanti delle scuole elementari, che si recano presso gli ospedali di Emergency ed effettuano corsi di recupero.

La situazione in Guinea

In Guinea il contagio è stato meno intenso rispetto ad altri Paesi. Ma, proprio per questo, il sistema di monitoraggio è stato più debole, per cui, anche dopo la fine della diffusione del virus, c’è stata particolare attenzione da parte delle autorità, perché il rischio che potesse scoppiare una nuova epidemia è stato molto realistico, come hanno sottolineato anche fonti di stampa internazionali. In Guinea è stato richiesto un controllo medico due volte al giorno per misurare la febbre e per valutare la presenza di eventuali altri sintomi.

Anche l’OMS ha fatto presente che in tutta la regione dovrebbero essere mantenuti alti livelli di vigilanza, per rispondere, in caso di emergenza, con rapidità a potenziali nuovi casi. Il tutto è molto difficile, perché spesso si ha a che fare con comunità isolate, che non si fidano degli operatori internazionali. Inoltre la preparazione delle autorità sanitarie locali non è molto elevata e potrebbe essere difficile tenere sotto controllo eventuali altri casi di contagio soprattutto nelle aree rurali.

Quanto può sopravvivere il virus Ebola

Nuovi studi hanno confermato che il virus Ebola può persistere nell’organismo umano più a lungo di quanto si sia creduto. In questo modo l’agente patogeno potrebbe dare origine anche a complicanze gravi. Lo ha dimostrato il caso di Pauline Cafferkey, un’infermiera scozzese che, dopo essere guarita apparentemente dall’Ebola, dopo nove mesi è stata ricoverata in ospedale a Londra. I medici hanno rintracciato tracce di Ebola nel suo liquido spinale.

Uno studio, i cui risultati sono stati pubblicati sul New England Journal Medicine, ha messo in evidenza che tracce del virus possono essere trovate nello sperma fino a nove mesi dopo l’inizio dell’infezione. L’OMS in generale ha dichiarato che le tracce del virus possono persistere in alcune parti dell’organismo, come gli occhi, il latte materno, il fluido amniotico, la placente e il sistema nervoso centrale. Tutto questo fa pensare alla necessità di tutelare i sopravvissuti, ma impegna anche nel considerare le possibilità di rischio.

E’ stata però l’OMS a specificare che la probabilità di altri pericoli sembra essere bassa. Nelle zone in cui Ebola ha colpito pesantemente, infatti, non si sono avute altre emergenze per recidiva delle infezioni. Inoltre gli esperti hanno precisato che, anche se nel liquido seminale possono essere rintracciate a lungo tracce di virus, questo non vuol dire che lo sperma sia infettivo.

Gianluca Rini

Gianluca Rini è stato collaboratore di Nanopress, Tanta Salute e Pourfemme dal 2014 al 2017, occupandosi principalmente di tematiche relative alla salute, l'ambiente, il benessere.

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