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Auroville: la città ideale senza religione, governo e denaro

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Auroville, ‘città dell’aurora’, è una città ‘perfetta’ basata su un sogno utopistico, costruita nel 1968 in India Meridionale da un gruppo di ragazzi hippy che seguivano i dettami di Mirra “La Madre” Alfassa, donna di origini francesi e pupilla del filosofo indipendentista indiano Sri Aurobindo. Questa comunità si fonda su valori che si rifanno allo spiritualismo induista, al comunitarismo gandhiano, al marxismo e all’anarchismo. L’obiettivo era ed è diventare ed essere un punto di riferimento per lo sviluppo ecosostenibile e l’innovazione sociale indiana e del mondo.

Auroville ospita circa 2500 residenti di 45 nazionalità, tra cui anche l’Italia (sono 124 gli italiani presenti), quarta nazione più rappresentata dopo l’India, la Francia e la Germania, e circa 5000 visitatori.

Per quanto Auroville rispetti ogni religione e non abbia nulla contro la loro pratica, crede che le religioni dividano i popoli, mentre Auroville è interessata soltanto all’unità. Come si vive ad Auroville? Coltivando la terra biologicamente, riciclando i materiali, costruendo con tecniche di bioedilizia, sfruttando il sole per ottenere energia. La proprietà è collettiva, non ci sono particolari leggi scritte, non esistono le forze dell’ordine, la gente può dedicarsi ai propri talenti, all’arte spontanea, può godere di quiete e meditazione. La scuola è gratis e non prevede valutazione in voti degli allievi. I profitti di ciascuno sono divisi nella comunità.

Gli aurovilliani vogliono dimostrare che è possibile vivere in armonia, che l’evoluzione del genere umano non deve necessariamente andare verso la decadenza ed il progressivo sfruttamento ed impoverimento del pianeta terra, ma, dice Manohar, un italiano trasferito e residente nella comunità “la differenza consiste nel fatto che qui in Auroville un gruppo di persone, arrivate da tutte le parti del mondo, stanno tentando insieme un esperimento per il futuro del genere umano”.

Chi vuole trasferirsi a Auroville deve viverci stabilmente almeno due anni e piantare un albero nel deserto. Per il primo anno le spese sono tutte a carico del nuovo arrivato, che viene incoraggiato a investire i capitali all’interno della comunità. Oltre 150 piccole imprese e start up hanno già messo a punto progetti di ogni tipo in ambito agricolo, artigianali, multimediale.

Kati Irrente

Giornalista per vocazione, scrivo per il web dal 2008. Mi occupo di cronaca italiana ed estera, politica e costume. Naturopata appassionata del vivere green e della buona cucina, divido il tempo libero tra musica, cinema e fumetti d'autore.

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