[didascalia fornitore=”ansa”]La cerimonia in ricordo delle vittime del Bataclan[/didascalia]
Guillaume Valette, uno dei superstiti dell’attentato al Bataclan di Parigi del 13 novembre 2015, si è suicidato. Nonostante non avesse mai superato il trauma di quella serata d’inferno, costata la vita a novanta persone trucidate dai terroristi islamici, il 31enne aveva rifiutato ogni tipo di supporto psicologico.
A dare la notizia del suicidio è stata proprio Fraternité et Vérité, l’associazione che riunisce i superstiti degli attentati a Parigi. Secondo l’associazione, Valette «non aveva voluto farsi assistere né dalla famiglia, né da un’associazione. Voleva restare solo. Abbiamo il dovere di ricordare quanto sia importante essere consapevoli della necessità di farsi assistere, anzitutto dalla famiglia, da un’associazione, un medico, uno psichiatra, uno psicologo. Il trauma psicologico subito con questi attentati è profondo e duraturo, va considerato e curato».
In che modo vengono curati i superstiti degli attentati? Oltre che con il classico supporto psicologico, a Guadalupa, isola delle Antille francesi, sono in corso delle cure sperimentali. I pazienti (sono una trentina coloro che hanno accettato di effettuare questo test clinico) si sottopongono a diverse immersioni. Il contatto con l’acqua, secondo gli studiosi, dovrebbe placare il disturbo post-traumatico da stress (Dpts).
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