Francesco Starace, amministratore delegato di Enel da due anni, si racconta e spiega il modus operandi vincente per trasformare profondamente una grande azienda come la sua: ‘Bisogna creare malessere, soprattutto tra chi si oppone al cambiamento’.
L’AD di Enel, in una lezione all’Università LUISS di Roma (Ateneo in stretto rapporto con Confindustria), ha raccontato la sua personale visione di come le sfere dirigenziali di un’azienda debbano agire per generare quel profondo cambiamento, oggi divenuto indispensabile per far fronte all’attuale stato dell’economia mondiale.
Alla domanda di uno studente: ‘Come si fa a cambiare un’organizzazione come Enel?’, Starace replica mettendo letteralmente al bando la diplomazia: ‘Innanzitutto ci vuole un gruppo di persone convinte su quest’aspetto. Basta un manipolo di cambiatori. Poi vanno individuati i gangli di controllo dell’organizzazione che si vuole cambiare. E bisogna distruggere, distruggere fisicamente questi centri di potere. Per farlo, ci vogliono i cambiatori che vanno infilati lì dentro, dando a essi una visibilità sproporzionata rispetto al loro status aziendale, creando quindi malessere all’interno del ganglio dell’organizzazione che si vuole distruggere’.
Il top manager, dichiaratosi favorevole alle energie rinnovabili, che poche settimane fa ha mostrato a Matteo Renzi i nuovi impianti Enel costruiti in Nevada, ha poi spiegato il ruolo strategico della paura: ‘Appena questo malessere diventa sufficientemente manifesto, si colpiscono le persone opposte al cambiamento, e questa cosa va fatta nella maniera più plateale possibile, sicché da ispirare paura o esempi positivi nel resto dell’organizzazione. Questa cosa va fatta velocemente, con decisione, senza requie’.
E con un sorriso leggero che fa capolino sul suo volto, aggiunge: ‘Dopo pochi mesi l’organizzazione capisce, perché alla gente non piace soffrire. È facile’. Infine conclude: ‘La paura? Non la paura: come dire, se il cambiamento siamo convinti, è giusto, e tutto sommato il capo sono io, quindi si fa. E dopodiché la cosa succede’.
Dal discorso pronunciato in sede universitaria da Francesco Sarace emergono inequivocabilmente termini come ‘paura’, ‘distruzione fisica’ e ‘colpire in maniera plateale’, tutta una terminologia che poco sembra aver a che fare con un rapporto lavorativo improntato sulla stima e la fiducia reciproca tra direzione e dipendenti. Sono termini che conducono invece la memoria a un ambito torbido, conosciuto ai più come mobbing, una parola che in sé racchiude tutte quelle forme di ‘violenza psicologica atte a intimorire e umiliare un dipendente’.
Forse ci sfugge come possa essere applicata la tecnica dell’AD di Enel, o forse qualcosa in Italia sta cambiando radicalmente.
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