Un po’ di teoria
Partiamo dalla traduzione anglosassone: “quantitative easing” sta letteralmente per “alleggerimento finaziario”, nella pratica le banche centrali di quel Paese o di quella Comunità – nel nostro caso la Comunità europea – iniettano sul mercato nuova cartamoneta, che nella realtà dei fatti non viene stampata, bensì immessa in maniera elettronica, definita e quantificata dagli stessi bilanci. Gli istituti con il denaro creato “ex novo” si comporteranno da acquirenti di beni – la mossa di Draghi verterebbe sui titoli di Stato -. All’immissione, secondo la pura logica del mercato, corrispondono due effetti: la promozione della circolazione della liquidità, che facilita la crescita economica, e l’abbassamento inversamente propozionale dei tassi d’interesse sui prestiti, la cui domanda aumenta ed il cui costo si riduce. All’interno di un gioco di forze economiche, nel quale ad una azione corrisponde una reazione uguale e contraria, l’istituto centrale si comporterà da investitore all’interno della propria economia, al fine di “stimolare” la crescita economica del Paese.
Parole di Danilo Capone